Petrolio dell’Isis alla Saras? Cresce l’insicurezza a Sarroch e dintorni
Il Manifesto Sardo 16 dicembre 2015
Claudia Zuncheddu
Nei giorni scorsi tornando ancora una volta a Sarroch, nel regno dell’industria petrolifera, ho pensato di rivisitare le mie battaglie istituzionali in cinque anni nel Consiglio comunale di Cagliari e continuate in Consiglio Regionale. Mi sono resa conto dell’enorme mole di lavoro e di indagini sull’operato della multinazionale petrolifera Saras. Le mie denunce politiche nelle sedi istituzionali, in incontri pubblici e nelle lotte nei territori hanno contribuito a mettere a fuoco i disastri prodotti da questa multinazionale nel Sud della Sardegna. Danni perpetuati, in oltre 50, a scapito principalmente delle popolazioni e dell’ambiente, provocando un consumo del territorio per usi industriali e l’inquinamento dell’ambiente: aria, mare, terra, con conseguente ricaduta non solo sulla salute delle popolazioni ma anche sulle economie tradizionali, decretando la morte di numerose aziende agricole e depauperando l’economia legata alla pastorizia e alle risorse agro-alimentari e turistiche.
Tutto questo disastro ambientale, umano e sociale in un’area del mondo, come la nostra Sardegna, dove la bellezza dei luoghi e le attività del mare da sempre convivevano, creando benessere economico e sociale, con quelle agro-pastorali e con il suo ricco patrimonio storico, culturale, archeologico, conditio sine qua non per uno sviluppo di un turismo sostenibile ed ecocompatibile. E’ su queste ricchezze, svilite e svendute in nome del profitto di pochi,che oggi sarebbe ragionevolmente esistito e garantito il benessere economico e sociale a Sarroch e a tutto il territorio limitrofo. La Regione Autonoma della Sardegna e il comune di Sarroch da oltre 50 anni chiudono gli occhi su questa opportunità di sviluppo che esisteva e che ancora può essere parzialmente recuperato.
Da medico ambientale e da membro del Comitato Scientifico del Movimento Legge Rifiuti Zero dovrei parlare ancora una volta di patologie e la mia riflessione, oltre alle numerose malattie e l’incidenza spropositata dei decessi di cittadini, ritorna a oltre 12 anni fa quando nelle piazze di Sarroch denunciavo i rischi di danni genomici e come gli agenti inquinanti avrebbero potuto interferire sul DNA dei bambini, rendendo le future generazioni più fragili ed esposte chissà a quali nuove patologie. Queste preoccupazioni purtroppo sono state confermate da una recente ricerca scientifica internazionale. L’indifferenza delle istituzioni è tale da aver persino privato i sardi di uno strumento importante come il Registro Tumori.
Oggi è tempo di bilanci generali, di nuove riflessioni e di una consapevolezza collettiva che induca ad attivare su queste tematiche ed emergenze, processi di cambiamento radicale.
A prescindere dalle “truffe” legate al CIP6, agli alti costi per noi sardi del carburante, del gas, dell’elettricità, c’è da chiedersi quale sia stato sino ad oggi il rapporto costi/benefici per Sarroch, per il suo entroterra e per tutto il golfo di Cagliari, quali siano i livelli occupazionali, quale sia il valore della salute e della vita degli abitanti, dove sia il benessere della comunità in nome del quale la classe politica sarda, di ogni ordine e grado, da oltre mezzo secolo ha permesso che l’inquinamento del petrolchimico falcidiasse con malattie e morte le nostre collettività, distruggesse il nostro ecosistema e con esso parte del ricco patrimonio identitario sardo. La risposta è negli interessi dei partiti politici che hanno governato la Sardegna, di singoli individui, di piccole lobby. Interessi estranei alle collettività sempre più esposte a problemi anche di sicurezza.
Oggi con i nuovi scenari politici internazionali che vedono la Sardegna al centro delle strategie delle guerre mediterranee e mediorientali, con un’intensa attività di sperimentazioni belliche, di esercitazioni della Nato e di governi guerrafondai nei poligoni militari, di fabbriche (tedesche) di bombe dirette ai mercati di Paesi in guerra, di politiche di Obama che indirizzano l’Italia verso un ennesimo conflitto con la vicina Libia, c’è da riflettere sulle condizioni di sicurezza per la Sardegna e su quali siano i suoi punti sensibili. Ai vecchi rischi a Sarroch se ne aggiungono nuovi, senza che la Regione e le amministrazioni locali se ne curino. Non è certo un atto di allarmismo parlarne e dotare i cittadini di un piano di evacuazione per alleviare lo stato di paura e di insicurezza in cui vivono da sempre, anzi sicuramente questi protocolli sono previsti ma vanno resi pubblici e testati.
Ripartiamo dalla Politica, dai nostri amministratori comunali che fuori da ogni ambiguità, di connivenze e dai ricatti anche delle segreterie dei partiti di appartenenza, devono portare nelle sedi istituzionali gli interessi della collettività e tutti quei temi politici, anche internazionali, che li riguarda molto da vicino e che li coinvolge nel quotidiano.
Sarebbe importante entrare in merito alle scelte del Gruppo russo Rosneft che nel 2013 diviene con il 21% il secondo azionista di Saras dopo i Moratti, che detengono il 50,2% delle azioni, per poi, con l’alibi delle sanzioni europee contro Mosca, ridurle bruscamente al 12%. Questo preludio di disimpegno totale dall’azionariato Saras, da part del Gruppo russo, può nascondere ragioni ben diverse rispetto all’alibi dell’embargo europeo per la questione dell’Ucraina. Questa questione su cui la Politica sarda deve accendere i fari, va letta in un contesto internazionale che oggi vede Putin impegnato in Siria, in una guerra contro l’Isis e il suo mercato clandestino del petrolio in Europa.
La classe politica sarda che ieri si è “concessa” insieme alle aree di maggior pregio di Sarroch ai Moratti, oggi si “riconcede” con lo stesso spirito di subalternità all’Emiro del Qatar, Stato notoriamente finanziatore di gruppi jihadisti e terroristi. Ma anche Moratti, tanto amato dalla classe politica isolana, è sulle cronache internazionali perché alla Saras arriverebbe petrolio clandestino dell’Isis. La notizia trapelata da Al-Araby e ripresa dalla stampa internazionale riferisce: “Secondo le fonti di Al-Araby, parte del greggio sarebbe stato spedito da aziende private verso una raffineria italiana, che costituirebbe la porta Daech di petrolio nell’Unione europea. Il quotidiano londinese non ha dato il nome della raffineria, ma ha detto, tuttavia, che è di proprietà di un imprenditore italiano che ha anche una squadra di calcio che porta in serie A. Potrebbe anche includere Massimo Moratti, proprietario di Inter fino al 2013 e la cui holding, Saras, detiene la più grande raffineria del paese Sarroch, vicino a Cagliari”. Così scrive Guillaume Borel il 1/12/2015.
fonte: Comment Israël exporte le pétrole de Daech vers l’Union Européenne
Al-Araby Raqqa’s Rockefellers: How Islamic State oil flows to Israel
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