Sull’emergenza “Danno Ambientale sul Golfo degli Angeli”
Il danno ecologico determinato dal lavaggio delle cisterne delle petroliere nel golfo di Cagliari non è vero che non ha “paternità” per cui di fatto nessuno sarebbe responsabile di niente.
Rifiuto questo “teorema” e questo rimpallo di responsabilità.
Con la tecnologia satellitare (georeferenziazione), di cui l’Università di Cagliari ha a disposizione la tecnica, l’uso e il personale, è possibile anche in tempo reale (purchè siano garantiti i controlli) sapere e vedere quali e quante navi incrociano nel Golfo degli Angeli a prescindere dalle condizioni atmosferiche, sia diurne che notturne, e che cosa esse scaricano a terra e in mare.
Basta con i rimpalli fra le diverse amministrazioni sull’”uso-non uso” dei radar mai arrivati.
Esse bene farebbero, in nome della tutela di un patrimonio naturale quale è il nostro mare e le nostre spiagge a trovare forme di consorzio o di cooperazione per usare con l’Università la georeferenziazione disponibile immediatamente.
La stessa SARAS deve assumersi le sue responsabilità, analizzando i tipi di idrocarburi spiaggiati e individuando la nave o le navi che in modo criminale li ha rilasciati nell’ambiente, garantendo il risanamento del disastro ambientale a costo zero per le popolazioni.
La presenza del Petrolchimico in Sardegna, e nella fattispecie nel Golfo di Cagliari, merita un’analisi ben più approfondita delle esternazioni momentanee, di certo quello che a noi preme maggiormente è la salute delle popolazioni che non può essere monetizzata.
La qualità della vita e del lavoro a cui tutti hanno diritto dev’essere rigorosamente tutelata dagli enti pubblici di ogni ordine e grado.
Certamente non possiamo demandare questo ruolo di controllo al controllato stesso.
Chiediamo conti in modo forte su ciò che sta avvenendo nelle zone e nei cantieri limitrofi alle raffinerie e poli industriali, conti che ci devono essere dati non solo dalle industrie ma dai politici sardi che in questi anni, hanno sposato questo tipo di sviluppo che ci è stato “imposto” come la panacea alla disoccupazione e alla povertà dei sardi.
Abbiamo diritto alla salute delle persone e dell’ambiente, all’occupazione e alla nostra dignità di popolo. Oggi più che mai è inderogabile l’apertura di un dibattito in Sardegna su quale “modello di sviluppo” vogliamo costruire in modo partecipato il benessere, la salute, l’occupazione e l’autonomia del nostro popolo.
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