Sulle macerie dell’industria in Sardegna? bonifiche subito! “NO” alla Chimica Verde
Consiglio Regione Autonoma della Sardegna
Seduta 12/09/2012
Mozione sullo stato della vertenza Sardegna, con riferimento particolare alla situazione di grave crisi dell’apparato industriale sardo e in generale dell’intero sistema economico-produttivo isolano
Di certo l’alternativa non può essere l’inganno della Chimica Verde di Porto Torres, un escamotage per evitare le bonifiche e per continuare a creare inquinamento ambientale. Nei procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale, i signori della Chimica Verde dichiarano che per le loro attività necessitano solamente di 8 MW. Se non fosse che prevede un rewaimping e una termocentrale a rifiuti speciali pericolosi da 160 MW, oltre che una centrale a biomasse a 42 MW (che vorrebbero far intendere che andrebbe alimentata con i cardi da coltivare nei terreni agricoli sardi, e che comunque non potendo essere mai sufficienti, nel protocollo d’intesa, seppur firmato in maniera del tutto riservata, è trapelato che esso contempla le biomasse come assimilabili alla parte non biodegradabile dei rifiuti. Insomma la c.d. Chimica Verde, per loro stessa ammissione, prevede il più grande inceneritore a livello europeo per rifiuti solidi urbani. Così specifica lo stesso Protocollo d’Intesa.
Tracce del mio intervento
La crisi oggi non è dell’industria che chiude il suo ciclo in Sardegna e che dopo aver raschiato tutte le pentole e distrutto un territorio, si delocalizza verso nuovi paradisi, ma la crisi è dei nostri operai, dei nostri territori, di tutta la Sardegna. Mi ha colpito la dichiarazione di una giovane manifestante sarda, a Roma, su Alcoa:
“Non abbiano nient’altro, sennò, questi posti di lavoro non meriterebbero di essere difesi”.
C’è da chiedersi se davvero la persistenza di Alcoa (o delle altre multinazionali dell’industria) in Sardegna è la soluzione ai nostri problemi. In ogni caso l’abbandono programmato del nostro territorio da parte di tutto il sistema industriale, ci pone di fronte a responsabilità cui dobbiamo dare risposte immediate: Dobbiamo pensare a un nuovo tipo di economia decisa e condivisa in Sardegna.
E’ comprensibile che la disperazione porti i nostri operai a Roma, in cerca dell’ultima speranza, mentre resta incomprensibile l’immobilismo e l’incapacità di chi amministra la Sardegna di prendere decisioni a Cagliari e di farle valere a Roma, come è incomprensibile, al tavolo delle trattative con Alcoa, la mollezza che il sottosegretario e il Ministro Passera hanno manifestato nei confronti della multinazionale, come se non fossero interessati alla soluzione di questa vertenza a favore degli operai sardi. L’unica risposta dello Stato italiano agli operai, sono stati i manganelli. Ancora una volta si tratta un problema sociale ed economico, declassandolo a ordine pubblico. Ma anche a Cagliari, ieri pomeriggio in piazza Palazzo, alla manifestazione composta degli operai si è risposto con un massiccio schieramento di polizia.
Ma noi possiamo accettare tutto questo in silenzio? E’ proprio vero che il governo Monti è il governo dei banchieri e delle Multinazionali e non degli operai e di chi produce e ancor meno della Sardegna.
La classe politica sarda oggi dev’essere coraggiosa e prendere atto che non è più tempo di rattoppi, di soluzioni parziali e provvisorie per fronteggiare il dramma occupazionale. Non è più tempo per mendicare, per implorare che le multinazionali, bontà loro, restino ancora un po’ a rapinare e a distruggere il nostro territorio in cambio di “pane avvelenato”.
Con la dichiarazione della giovane manifestante a Roma, “Non abbiano nient’altro sennò, questi posti di lavoro non meriterebbero di essere difesi”, è palese la richiesta di un’alternativa di lavoro possibile. La risposta immediata e concreta sono le BONIFICHE e la riconversione delle economie industriali a economie in armonia con la vocazione del nostro ambiente. Dobbiamo partire dal crollo del polo industriale del Sulcis, di Ottana, di Porto Torres, non per ricostruirlo, ma per uscire da questa crisi epocale, dovuta a quel modello di sviluppo, che non ha più futuro.
Oggi non possiamo perdere un solo posto di lavoro, anzi, dobbiamo trovare soluzioni alla disoccupazione già cronica e questo è possibile anche imponendo ai signori dell’industria che saldino i conti con i nostri territori, rapinati e inquinati, prima che vadano via alla chetichella. Ribadisco che dare avvio ad un progetto di riconversione dell’economia industriale in economia ecocompatibile, secondo la vocazione dei nostri territori, oggi è possibile solamente attraverso un progetto di BONIFICA efficace e concreta che tenga conto dei valori di criticità ambientale (inquinamento), ormai ben conosciuti, studiati e responsabili di gravi malattie di cui, più che la classe politica, si occupano i medici dell’ambiente organizzati a livello non solo sardo, ma mondiale (ISDE).
Il rilancio della nostra economia deve ripartire subito dalle bonifiche tese alla rivitalizzazione ambientale del territorio e a un nuovo uso economico. Tale intervento, necessario in vaste fasce della Sardegna, è talmente ampio da garantire occupazione per tutti: giovani disoccupati, operai, tecnici, studiosi, anche per le future generazioni.
L’inganno perpetuato con il G8 alla Maddalena, nel processo di riconversione economica da quella militare a quella turistica, dev’essere da insegnamento, visto che “i signori del G8”, volendo evitare le bonifiche (fra l’altro pagate a caro prezzo per non essere poi eseguite), hanno fatto sì che le stesse strutture turistiche affacciate su siti inquinati, non decollassero, vedi la stessa struttura turistica pressoché regalata alla Marcegaglia (con la quale la RAS rischia anche un contenzioso). Sull’ operazione G8, la RAS, in nome e per conto dei sardi, deve recuperare i 100 milioni di € di fondi FAS, spesi per bonifiche mai eseguite, e può farlo costituendosi parte civile al processo di Perugia del 25 settembre. Spero stavolta che il Presidente Cappellacci risponda alle sollecitazioni. Quei fondi devono essere recuperati e spesi in Sardegna nelle aree più in crisi. Cosa aspettiamo? Così come, per l’emergenza i 150 milioni, stanziati in modo irrazionale per il passaggio in Sardegna del gasdotto Galsi, che porterebbe il metano dall’Algeria all’Italia del Nord, visto che il governo algerino ha già dichiarato che non sono disponibili a dare il gas metano a prezzi di realizzo, andrebbero stornati dal bilancio e destinati alle emergenze sociali e occupazionali dei nostri territori, partendo dal Sulcis.
Sarebbe utile sapere se Alcoa, e tutte le altre multinazionali presenti nel nostro territorio, nel conto economico con la RAS, debbano Dare o Avere ancora denari, e a quanto ammontano, in modo tale che nessuno possa abbandonare i nostri territori senza saldare i conti.
Sarebbe utile che il Consiglio si esprimesse sulla costituzione di una Commissione di inchiesta sui finanziamenti regionali all’industria in tutta la Sardegna, e che indaghi anche sugli sperperi di 700 milioni di € in 12 anni da parte della dirigenza della Carbosulcis. E’ tempo di chiudere con i finanziamenti generosi e di saldare i conti.
Il problema occupazionale in Sardegna si risolve in un unico tavolo con il Governo italiano. Sarebbe bene, visto che non basta un giorno, che i ministri italiani venissero in Sardegna per discutere con i sardi, dei nostri problemi e come uscire dalla crisi della deindustrializzazione e delocalizzazione delle imprese.
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