Sulla crisi agropastorale
13 settembre 2010
Consiglio Regionale
E’ in atto ai danni del popolo sardo, un nuovo tentativo di “genocidio economico e culturale” condotto dal colonialismo globale. Ma la classe politica sarda di oggi, se ha veramente a cuore l’interesse economico attuale e futuro dei sardi, deve sconfiggere questo disegno, scongiurarlo e fermarlo.
Tracce d’Intervento
Il Presidente Cappellacci già nelle sue dichiarazioni programmaticheprospettò il “rilancio dell’edilizia come volano di sviluppo della nostra economia”, ma i fatti hanno dimostrato che quell’esordio politico fu infelice e fallimentare. Così come non può essere “volano di sviluppo” il tanto decantato “turismo”, se questo non è supportato a monte da un’economia agroalimentare forte e radicata al territorio. Per ciò si pone la necessità di produrre e difendere i prodotti sardi di qualità, “buoni per natura” e “frutto della nostra terra”.
Tutto questo in nome di una Sovranità Alimentare Sarda per cui chiediamo interventi per salvaguardare lavoro, reddito ai produttori e nello stesso tempo costi equi ai consumatori.
Ma gli unici segnali che ci giungono – mi rivolgo a lei, Assessore Prato – sono quelli della sua inadeguatezza alla gravità della situazione e il suo disegno di Legge sulla crisi agropastorale, chiamato non a caso “leggina”, la dice lunga!
Tutti noi siamo chiamati a prendere seri provvedimenti per sostenere l’economia agropastorale stritolata dalla globalizzazione mondiale e da un sistema di sviluppo che ha alla base solamente il profitto di pochi. Un sistema di sviluppo che non ha alcuna remora a de-localizzare le produzioni e a ridurre in schiavitù economica intere popolazioni condannandole in questo modo alla miseria. Ciò vuol dire che la classe politica sarda ha fallito il proprio compito e non da oggi.
Ci sarebbe da chiederci che fine hanno fatto i fiumi di soldi di ben due Piani di Rinascita e gli interessi di chi ha agevolato questi processi. Qualcuno dei presenti potrebbe anche fare nomi e cognomi, in quanto dispensatore ad alcuni, di “fortune” che sarebbero dovute andare ad “uso di tutto il popolo sardo”. Sicuramente fra i fortunati non ci sono le popolazioni delle nostre campagne, della nostra filiera agroalimentare e dell’allevamento.
In questa sede, oggi, tutti noi abbiamo una grande opportunità, ovvero “la classe politica sarda” deve scegliere chiaramente se sta con i pastori e gli agricoltori, sostenendoli con provvedimenti economici e progetti reali, oppure se sta con le multinazionali del settore, permettendo il perpetuarsi della rapina sulle nostre economie.
La Sardegna per poter continuare a “resistere” e a “vivere” non può rinunciare a nessun posto di lavoro nei settori dell’economia tradizionale su cui si basa parte dell’identità e dell’etnia del nostro popolo che ha il “diritto a non scomparire”, “a non essere annientato e distrutto”.
Nessuna azienda agropastorale può essere chiusa o messa all’asta. Non si può essere più ricattati dallo strapotere delle banche e dai “baroni del latte”, dagli industriali che perseguono esclusivamente il proprio interesse privato, impoverendo i pastori e l’economia totale della Sardegna.
Il latte non può più essere venduto all’industria casearia a meno di quello che costa produrlo ai pastori. Bisogna rompere questo privilegio economico che arricchisce gli industriali del latte e che permette, in barba e con la “compiacenza benevola” delle leggi comunitarie, di trasmigrare il latte ovunque in Europa, per poi lavorarlo e spacciarlo come “prodotto sardo” e in questo modo opprimere e ridurre ai minimi termini economici i nostri produttori.
E’ in atto per l’ennesima volta, ai danni del popolo sardo, un nuovo tentativo di “genocidio economico e culturale” condotto dal colonialismo globale. Ma la classe politica sarda di oggi, se ha veramente a cuore l’interesse economico attuale e futuro dei sardi, deve sconfiggere questo disegno, scongiurarlo e fermarlo.
Oggi abbiamo l’opportunità di sostenere il diritto dei pastori e di tutto il mondo agricolo ad esistere, sostenendo le loro rivendicazioni e piattaforme economiche, sociali e culturali.
Tutto ciò, contrariamente alle prediche di chi va a Roma, per non essere neppure ricevuto e ritornare in quest’aula a sprecare sterili parole sul proprio fallimento, e chiedere in nome della “casta sfrutadora”, di essere “tutti uniti” in questa Assemblea a piangere il “funerale della nostra economia”.
Assessore Prato, i sardi sono stufi di andare a piangere con il capello in mano, di non raggiungere alcun risultato ed essere anche derisi. La nostra “dignità di Popolo e di Nazione” non può più essere vilipesa.
E’ ora di chiedere, al governo dei colonialisti italiani, così vicini al nostro governatore Cappellacci, di riappropriarsi, insieme alla maggioranza di CD che lo sostiene con le sue “truppe coloniali”, di un minimo di dignità istituzionale e dichiarare con conseguenti azioni “lo stato di crisi del settore pastorale e agroalimentare”.
Gli enti pubblici di ogni ordine e grado: lo Stato italiano, la Regione , Province, Comuni, Consorzi devono assumersi le proprie responsabilità e impegnarsi affinché si trovino oggi, nel breve e medio termine tutte quelle risorse economiche sarde, italiane e comunitarie, atte al superamento dell’emergenza nelle campagne e nel settore del latte.
Al contrario di qualche “accabadora” che stamattina “cantava”, in quest’Aula, “le lodi della necessità della riduzione” dei capi ovini, della produzione del latte, delle imprese agricole e quindi degli occupati in agricoltura, prospettando questa “svendita” dell’economia tradizionale come un “risultato”, per essere sostituita da altre attività non meglio definite, ma che garantirebbero migliori introiti… non si sa per chi!
Ma noi, non solo non ci crediamo, ma ci opponiamo!
La distruzione delle economie tradizionali sarde, comportano la distruzione della cultura e dell’identità del nostro popolo.
Senza popolo, senza terra e senza identità non c‘è Nazione, quella Nazione di cui in questa sede troppe volte si parla “gratuitamente” dando persino spazio a sproloqui su temi dell’Indipendenza.
Questi non sono tempi in cui con la chiusura di un settore economico, si crea occupazione in un nuovo settore “fantasma”. La crisi dell’industria sarda ne è un triste esempio con i suoi disoccupati e cassintegrati “non riconvertibili”.
La nostra mozione unitaria, di solidarietà con i pastori e di risoluzione dei problemi immediati del settore, non può prescindere dalla piattaforma presentata dal Movimento dei Pastori Sardi e da tutti i movimenti e sindacati del settore agro-pastorale, a partire dall’ ”aiuto De Minimis”, 15.000 € per azienda; secondo lo stesso Presidente della “Commissione Agricoltura” del Parlamento Europeo, Paolo De Castro, quest’aiuto è attuabile in tempi ragionevoli se c’è la volontà reale da parte delle istituzioni regionali, con il reperimento di fondi certi in grado di soddisfare tutte le richieste;
all’inserimento dei Comuni cosiddetti avvantaggiati nell’elenco dei comuni svantaggiati, per dare la possibilità di beneficiare dei provvedimenti su menzionati;
alla rimodulazione del Piano di Sviluppo Rurale, spostando le risorse dall’Asse 1 all’Asse 2. Dagli investimenti produttivi agli interventi delle misure Agro-Ambientali;
al ritiro immediato dal mercato delle eccedenze del Pecorino Romano.
L’assessore Prato ritiene che la produzione di latte ovino in Sardegna sia eccessiva per cui bisognerebbe ridurla, ma il latte ovino è una risorsa di primaria importanza per l’economia sarda. Perché continuare a dissiparla?
Il problema reale, è quello della scelta a favore della speculazione che ha imposto il Pecorino Romano, alla cui produzione viene destinata la maggior parte del latte, senza tener conto che si tratta di un prodotto consumato solo ed esclusivamente in America a basso costo all’origine, ma con elevatissimi profitti per gli industriali;
I Pastori sostengono che bisogna impedire, a tutti coloro che hanno ricevuto agevolazioni finanziarie per la trasformazione del latte ovi-caprino in prodotti derivati (ricotta, panna, formaggi), l’utilizzo dei propri impianti per lo stoccaggio e la bonifica del latte ovi-caprino destinato all’esportazione; così come chiedono che si finanzino esclusivamente i produttori diretti, chiedono la costruzione nel proprio territorio di 5-6 centri di stoccaggio-bonifica e refrigerazione del latte. Sicuramente questa richiesta può essere una straordinaria opportunità, se gestita con la compartecipazione “pubblico-privata” dove il pubblico sono: comuni, province, regione e i privati i pastori;
Necessitano del ripristino immediato, per un periodo limitato di pochi anni, del meccanismo delle “restituzioni comunitarie” destinate al mercato americano e canadese;
Chiedono l’abbattimento dei costi di trasporto del latte applicando la continuità territoriale già riconosciuta all’Unione Europea;
Così come, al fine di ridurre i costi dell’alimentazione del bestiame, sono indispensabili gli interventi finanziari per incentivare la coltivazione di foraggere in Sardegna; per ridurre il costo dell’acqua per le coltivazioni etc. etc.
I Pastori pongono una serie di richieste urgenti per la salvaguardia e il potenziamento delle loro attività a cui le istituzioni possono e devono dare una risposta immediata.
Claudia Zuncheddu
Consigliera Regionale Rossomori
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