sul piano dell’emiro per il san raffaele di olbia è d’obbligo la prudenza da parte della classe politica sarda
ll piano industriale del Qatar per il rilancio del San Raffaele non è sufficiente per indurre la nuova Giunta a firmare l’accordo in tutta fretta e garantire il diritto dei sardi alla salute. L’ultima parola spetta alla politica sarda, con il passaggio nelle Commissioni competenti e il pronunciamento del Consiglio. Manca colpevolmente il parere delle strutture ospedaliere esistenti nei nostri territori, quelle che hanno il reale polso della situazione sanitaria. L’incalzare della Qatar Foundation a colpi di scadenze perentorie e ricatti, né altre pressioni devono indurre il Presidente Pigliaru a firmare l’accordo in modo incompiuto.
L’affaire del San Raffaele è talmente sensibile e complesso sia per i trascorsi tempestosi nella sua gestione, sia per le ricadute future sul sistema sanitario isolano, che richiede una valutazione sui costi-benefici per i sardi e sui sacrifici in termini di chiusura di strutture sanitarie indispensabili esistenti.
Nella sanità sarda regna una grande confusione di ruoli e di competenze, di strutture pubbliche di eccellenza a rischio di chiusura e di strutture private che si aprono con un forte impegno di finanziamenti pubblici, di doppioni inutili e costosissimi come la neurochirurgia e la cardiochirurgia in concorrenza con le eccellenze pubbliche già esistenti (Sassari, Nuoro, ospedale Brotzu di Cagliari). Il San Raffaele di Olbia implica uno scombussolamento del piano sanitario regionale e della razionalizzazione dei posti letto nell’Isola in rapporto alla concentrazione demografica, alle distanze e ai tempi di percorrenza legati alle peculiarità orografiche dei territori.
Non è tutto oro ciò brilla. Dei 60 miliardi di Fondi sovrani, il Qatar ne investirebbe poco più di uno in Sardegna diluendolo in 12 anni. Ma i costi della struttura a carico dello Stato arabo sono irrilevanti rispetto ai costi che ricadrebbero sulle casse sarde per l’organizzazione e per il mantenimento di quell’ospedale privato.
Il numero di posti letto per il San Raffaele sarebbe fuori standard, a quali strutture già esistenti verrebbero soppressi e in quali sedi dell’isola? Che costi pagheremo in termini finanziari, di disservizi nei territori e di chiusura di servizi indispensabili esistenti? I 1000 posti di lavoro promessi a chi saranno riservati? La Qatar Foundation per la sua struttura privata bandirà concorsi pubblici nell’Isola? La promessa degli Emiri di 100 posti di lavoro per la “ricerca su patologie ad alta incidenza in Sardegna: Diabete e Talassemia e la sensibilizzazione nelle nostre scuole”, è umiliante e svilisce l’altissimo livello scientifico del Microcitemico di Cagliari, sede storica della scuola dello scienziato Prof. Cao e non solo, che segue un migliaio di talassemici di tutta la Sardegna con una media di 40 trasfusioni giornaliere. Questo centro di avanguardia clinica e polo di ricerca di eccellenza riconosciuto dall’OMS, anziché essere potenziato anche in termini di posti letto, nonostante i riconoscimenti internazionali, è condannato a perdere ogni sua specificità di eccellenza e lentamente a morire. Oltre 30 anni di ricerca e di sperimentazione del Microcitemico, che ha consentito di curare meglio i nostri talassemici allungandogli la vita, perderà il riconoscimento di Centro di Eccellenza dell’OMS e con esso la partecipazione ai Protocolli Clinici Sperimentali come le nuove terapie ferrochelanti.
Tutto ciò per far spazio alla struttura privata del Qatar ad Olbia che assorbirà oltre il 50% del bilancio destinato alla sanità privata in tutta la Sardegna. Non vorremo che la Politica sarda tra miopia, esterofilia ed interessi di casta, finanziari ed elettorali, decretasse ancora una volta la vendita delle nostre eccellenze, potenzialità scientifiche e sanitarie e lo sperpero delle nostre risorse finanziarie pubbliche. Ritogliamoci l’anello al naso…
Claudia Zuncheddu
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