da L’Unione Sarda del 16/04/2013
Il problema della crisi sociale ed economica in Sardegna non è individuale ma è sistemico e in quanto tale non può essere affrontato individualmente.
È da tempo che si denuncia l’abnorme consumo di psicofarmaci tra i sardi, terapie cui si ricorre sempre più spesso per il cosiddetto “male del vivere” nella nostra Terra, sempre più impoverita e piegata per garantire ricchezza e profitti ad altri.
Lo stato di allerta dei centri di igiene mentale in Sardegna oggi deve indurre lo Stato italiano e tutte le sue diramazioni, in primis la Regione Autonoma, ad affrontare politicamente le ragioni del malessere dei sardi, per cui il dramma dei suicidi nella nostra Isola non è un problema psichiatrico-mistico, ma politico.
Indirizzare i nostri disoccupati, inoccupati, i precari, gli imprenditori e le nostre famiglie al tracollo, con l’incubo delle banche e di Equitalia, a uno sportello della ASL per il supporto psicologico o a strutture della Chiesa per l’assistenza spirituale, delinea un cinismo che sa di beffa.
È dovere di chi governa la Sardegna affrontare in modo prioritario le ragioni della crisi e come superarla in quanto problema globale e non individuale.
La classe politica sarda deputata a governare non può, opportunisticamente, far ricadere sulle spalle dei singoli cittadini e delle singole imprese sempre più stremate le responsabilità di una cattiva gestione del bene pubblico, che oggi alimenta il fenomeno drammatico dei suicidi a catena, come atto estremo di arresa individuale.
Tutto ciò sta avvenendo mentre in tutte le regioni d’Italia si registra una riduzione del 3 per cento del credito, a differenza della Sardegna, dove addirittura supera il 4 per cento, rendendo impossibile per i sardi far fronte ai debiti e ai mutui contratti. L’accesso al credito negato, il forte indebitamento dei sardi, il crollo inevitabile di tutto il nostro sistema economico, con la totale latitanza della classe politica che dovrebbe governare e vigilare sugli interessi e sui bisogni del nostro Popolo, sono di fatto responsabili della disperazione che dilaga tra le nostre collettività e che troppo spesso, ribadisco, esita con atti estremi come il suicidio: un atto di arresa individuale.
Se il dramma socio-economico è sistemico, la ricerca individuale di soluzioni è inadeguata, inutile e crea facilmente disperazione incontrollabile.
La depressione, l’angoscia, i disturbi del sonno, la vergogna e la perdita dell’autostima, cui segue sempre più spesso la disgregazione delle famiglie con ulteriore crescita del disagio, è una condizione a cui si deve porre rimedio con scelte politiche ampie ed efficaci. Non deve stupire se la fragilità individuale e la mancanza di prospettive induca sempre più spesso a porre fine alla propria esistenza.
Questo è il prezzo che i sardi ancora una volta pagano per far proprio il fallimento di un sistema politico che non vuole crescere e che non intende rassegnarsi a fare il suo dovere: promuovere, gestire e vigilare sul bene delle proprie collettività.
Non è più tempo di seminari ecclesiastici e di osservatori, spesso costosi, delle povertà. Le povertà non hanno bisogno di essere confessate, osservate o psicanalizzate, ma necessitano di una classe politica matura che si riappropri del suo ruolo di gestore del bene comune.
Claudia Zuncheddu, Sardigna Libera
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