SARAS: le trivellazioni del “progetto eleonora” in aula – intanto il popolo sovrano dice “NO”
Seduta del Consiglio 05/06/2013
Mozione n° 252 GP Diana e più “Sulle strategie energetiche della Regione”
Mi dispiace rilevare che a tutt’oggi non sia stata data dalla Giunta, alcuna risposta alle mie insistenti interrogazioni, depositate da tempo, sui temi oggi all’ordine del giorno
Tracce del mio intervento
Questa mozione è un’occasione importante perché ha il merito di portare al centro del dibattito un tema così importante, anche se non condivido la sua concezione davvero tardo-ottocentesca in materia energetica.
La Politica non può continuare a ignorare e violare la volontà popolare. Ciò non dovrebbe essere permesso alle società petrolifere, già in forte debito con i sardi, e ancor meno possono permetterselo le rappresentanze di partiti politici che all’interno delle istituzioni dovrebbero portare le istanze dei cittadini, garantendo il diritto costituzionale della Sovranità Popolare. Oggi, questa mozione è inopportuna anche di fronte al NO espresso dalla recente manifestazione di massa ad Arborea, in occasione della presentazione ufficiale del “Progetto Eleonora Saras” che prevede le trivellazioni dei nostri territori alla ricerca di una improbabile presenza del metano e per la sua estrazione.
L’accanimento per il metano ad Arborea e in tutti i vasti territori della Sardegna minacciati dalle trivelle, è pericoloso, inutile e devastante per le comunità e l’ambiente e fa chiaramente trasparire gli interessi dei “soliti noti”. La Sardegna ha già dato!
La Valutazione di Impatto Ambientale è approssimativa e di parte… e non è un optional come ha sostenuto qualcuno poco fa… la VIA è prevista e imposta dalla Legge. Non ci sarebbe nessuna ricaduta negativa sulla salute pubblica, arrivando persino a omettere la nota pratica del fracking, e cioè il procedimento di frantumazione degli strati rocciosi per la liberazione del gas, iniettando ad alta pressione fluidi che generano inevitabilmente inquinamento delle falde acquifere e potabili, disastri idro-geologici e processi di esplosione e incendi nelle stesse condotte di estrazione. Si omette l’effetto tossico e cancerogeno dell’Idrogeno Solforato sprigionato da queste pratiche.
Oggi si parla di Metano in Sardegna con un ritardo di 40 anni. Quando numerose regioni d’Italia si dotarono di questo gas, alla Sardegna veniva negato dallo Stato italiano. Nel pieno della c.d. “industrializzazione dell’Isola”, quando il metano sarebbe stato utile e probabilmente avrebbe bloccato o limitato la costruzione di centrali a olio pesante, con i suoi costi in termini finanziari e di danni per l’ambiente e le economie tradizionali già esistenti. Mi riferisco ad esempio a Porto Torres, Portovesme (anche se è venuta dopo) e all’insediamento industriale sulla Piana di Ottana, per non parlare della SARAS che ha portato in Sardegna un po’ di salari, grandi profitti alla famiglia Moratti, la corruzione e gli scandali nella società e nella politica sarda.
Quella “modernizzazione” ha distrutto le economie tradizionali dell’agroalimentare e della pesca in nome del “Progresso” e di un modello di sviluppo, vedi i poli industriali, già rifiutati e bocciati in tutt’Italia dalla metà degli anni 50. Essa costruì una nuova classe operaia privilegiata e messa volutamente in contrapposizione ai nostri contadini e pastori che difendevano le economie locali.
In quegli anni è utile ricordare che una parte dell’intellighenzia sarda più illuminata, che faceva riferimento ai movimenti sardisti e a una parte di intellettuali di origine comunista, socialista e anche democratico-cristiana guardarono con molto sospetto e diffidenza l’importazione di modello economico e di questa modernizzazione imposta come panacea alla “arretratezza storica della nostra economia”. Una modernizzazione che avrebbe dovuto portare al superamento del “sottosviluppo” dell’Isola e persino al debellamento della c.s. piaga del banditismo come retaggio di una società da estirpare.
Quei sospetti purtroppo sono stati suffragati dalla storia: sperpero di miliardi di risorse pubbliche (vedi i due Piani di Rinascita), distruzione di economie agro-pastorali e della pesca, da sempre esistenti, e fenomeni di corruzione sociale legati agli ingenti finanziamenti statali e regionali.
Per non mettere in conto i disastri derivati dall’inquinamento dei luoghi e i costi in termini di salute per le popolazioni e le mancate bonifiche ambientali riconosciute come atto preliminare per la creazione di nuove opportunità di lavoro e di rilancio economico per i sardi. Chiaramente chi ha inquinato deve pagare.
Una parte della classe politica sarda miope, non vuole prendere atto che diversi Stati del Nord Africa e in particolar modo l’Algeria, non sono più disponibili a svendere il metano accettando i prezzi di mercato imposti dalle lobby del settore e i costi di realizzazione finanziari e ambientali, di questi metanodotti, sempre più alti e non più appetibili. Questa consapevolezza ha fatto sì che la stessa società Galsi, imponesse uno stop al progetto di almeno un anno, per non parlare della Sonatrach, la società che gestisce il metano algerino, che da oltre due anni preannunciò che difficilmente avrebbero potuto onorare gli impegni presi a livello internazionale, per questioni di costi e che il Galsi non era conveniente.
Per chi l’avesse scordato, vorrei ricordare che la RAS nella precedente Finanziaria ha stanziato 150 milioni di € a favore della società privata Galsi, rendendosi complice di un inevitabile disastro ambientale e di una servitù di passaggio, pagata con i nostri soldi. Tutto ciò solo per il passaggio del tubo dorsale, senza contemplare nessuna rete di distribuzione.
Simili operazioni con conseguenti disastri ambientali e con sperpero di danaro pubblico, ricordano tanto il “caso Furtei”, laddove in nome di qualche chilo d’oro e di pochi e precari posti di lavoro, è stata finanziata con i soldi pubblici una Multinazionale dell’oro che ha visto come amministratore delegato, nientemeno che l’attuale presidente della RAS. La distruzione ambientale di quei siti e il disastro dell’eco-sistema causato dal mercurio, è a tutt’oggi con la sua drammaticità di difficile valutazione.
Questa mozione confusa, parla di minor inquinamento da metano, senza entrare in merito ai costi attuali. Non definisce quale sia la rete primaria di distribuzione dell’idrocarburo (che mi sembra di capire sia il gasdotto Galsi) e mette insieme tutte quelle reti di distribuzione secondarie, in parte attivate in alcuni comuni, senza dichiarare che il loro approvvigionamento potrebbe essere possibile solo agganciandosi alla dorsale Galsi che attraversa l’Isola, senza fare alcun riferimento ai costi e alle devastazioni della nuova rete di distribuzione. Si omette la possibilità (meno impattante, anche se non è certo questa la miglior soluzione) che i Comuni possano dotarsi di serbatoi in modo da alimentare laddove possibile le reti proprie approvvigionandosi del gas in altro modo (vedi il sistema delle navi gasiere molto più economico e indipendente dalla servitù del gasdotto). Si arriva persino a sostenere che le reti preesistenti per l’uso del gas propano siano compatibili con il metano, cosa non vera e proponibile solamente con il totale rifacimento degli impianti, compresi quelli delle abitazioni.
Per ciò che concerne le c.d. riserve di metano presenti nel Medio Campidano e nella Pianura di Oristano, ad Arborea, nessuno studio geologico e ambientale ha dimostrato prima di tutto la presenza dell’idrocarburo e ancor meno le quantità tali, come dice la mozione, da liberare dalla schiavitù energetica la Sardegna. Ricordo che la stessa SARAS, che con relazioni di parte conferma la presenza di questo idrocarburo, non solo non riesce a quantificare la portata dei presunti giacimenti, ma ritiene in ogni caso la costruzione del Galsi come l’unica possibilità per metanizzare l’Isola.
Queste relazioni nella loro limitatezza, non sono a tutt’oggi suffragate da alcuno studio geologico-ambientale indipendente, e ancor meno gli Uffici regionali preposti e le loro Agenzie hanno dato provata e scientifica risposta a questa ipotesi.
Il dato più grave che emerge da questa mozione, è la sua funzionalità agli interessi di alcune lobby energetiche presenti da tempo in Sardegna, nonché da nuove società che in modo più o meno lecito, cercano di speculare, agevolate dal far west sardo creato volutamente dalla mancanza di un Piano Energetico Regionale, che impedisca la speculazione in nome della “modernità”, e che metta al centro delle scelte i temi delle energie rinnovabili derivanti dall’aria, dall’acqua, dal sole e dal vento, togliendole dalle mani della speculazione selvaggia di società private.
Chiediamo che la Sardegna sia dotata di un Piano Energetico condiviso dalle popolazioni e in armonia con le vocazioni economiche dei territori. Un Piano Energetico che deve generare profitti per i sardi e ridurre i costi drogati dell’energia. Le nostre collettività, che devono gestire e regolamentare l’energia, come bene pubblico e inalienabile, impedendo che sia foriera di profitti privati e in mano a speculatori legati a lobby oscure, mafiose e camorriste (vedi gli “amichetti della P3” che vede coinvolto anche da un punto di vista giudiziario parte dell’apparato regionale e lo stesso nostro Presidente Cappellacci).
La madre del nostro sviluppo futuro è un Piano Energetico ecocompatibile, con energie rinnovabili, condiviso e costruito con tutti i sardi. Ciò non toglie che non ci si debba occupare anche delle centrali energetiche inquinanti oggi esistenti, cercando in tutti i modi di limitare la devastazione ambientale e il pericolo accertato per la salute delle nostre popolazioni. Basta ricordare anche solo Porto Torres… Portoscuso e dintorni… E’ chiaro che con questo Piano Energetico, legato alle nostre esigenze di sviluppo, queste centrali andranno con il tempo sostituite e chiuse.
E’ noto che oggi la Sardegna è esportatrice di energia, quindi ammettendo che le industrie presenti debbano continuare ad esistere con le stesse fonti di approvvigionamento energetico e a mantenere un modello occupazionale “drogato”, siamo autosufficienti senza mettere in conto l’ingresso delle energie derivanti dalle fonti rinnovabili.
Quindi di che cosa stiamo parlando? Di quale nuova necessità di energia per uno sviluppo sardo? Dov’è la necessità del Galsi? Delle trivellazioni proposte da “Eleonora Saras”?
Saras, una società che con il suo operato industriale, come denunciato anni fa, sarebbe responsabile di danni tali da contribuire a modificare il patrimonio genetico dei bambini di Sarroch e dintorni, minando anche la salute delle future generazioni. Alla Saras non è bastato l’inquinamento a terra, mare e aria del Golfo di Cagliari, ora intende stravolgere anche il sottosuolo e le fiorenti economie agro-pastorali e di trasformazione dei prodotti di Arborea. Il Progetto “Eleonora Saras” predispone e annuncia possibili catastrofi come già avvenuto con le trivellazioni in Emilia Romagna, portate agli onori della cronaca e della disgrazia dall’ultimo terremoto. Tutto ciò senza dare alcuna garanzia scientifica ai sardi.
Le mobilitazioni popolari, come quella recente di Arborea e in tutte le sedi della Sardegna, dove ogni giorno nascono nuovi comitati di liberi cittadini, per la difesa dei propri territori, chiedono alla classe politica sarda il rispetto dovuto.
La classe politica sarda non può più seguire, in modo strabico, le chimere di una “modernizzazione” importata e ancor meno essere collusa con interessi a noi estranei. Il buon senso e l’opportunità politica vorrebbe che questa mozione, inadeguata e inopportuna venisse ritirata, aprendo un dibattito serio sulla “Questione Energetica”, alla base della nostra Sovranità.
Claudia Zuncheddu
La mozione a fine dibattito è stata ritirata.
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