Sanità pubblica sarda: tra “tagli” e “privatizzazioni”
Mozione n. 230 dell’opposizione sulla necessità di revocare con urgenza la deliberazione n. 43/122 del 31 ottobre 2012 avente per oggetto le linee di indirizzo per gli atti aziendali delle aziende sanitarie e sull’analoga urgenza di bloccare l’iter degli atti aziendali già approvati da alcune aziende sanitarie e quelli in fase di approvazione o predisposizione, con richiesta di convocazione straordinaria urgente del Consiglio.
Tracce del mio intervento
La Riforma del Sistema Sanitario per la Sardegna proposta da questa Giunta è stata discussa in Commissione Sanità, dove è stata approvata con il voto contrario dell’opposizione e di una parte della stessa maggioranza. Questo iter la dice lunga su come un progetto così ampio e importante che ristruttura radicalmente la Sanità in Sardegna e quindi entra in merito ai costi, alla qualità dei servizi, utenze etc. etc., necessita di un coinvolgimento totale di questo Consiglio.
Non è possibile in Sardegna, per ciò che concerne un Piano Sanitario Pubblico, usare esclusivamente parametri numerici se non altro perché un quartiere di Roma o di Milano, che numericamente ha la stessa cifra della popolazione sarda, ma si estende in un raggio di poche decine di Km e con una orografia territoriale che sicuramente è totalmente diversa da quella sarda… vedi le strade tortuose del nostro interno che anche per brevi distanze presuppongono un periodo di tempo per percorrerle non paragonabile al numero di Km.
Siccome alla base di un servizio pubblico c’è la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica del cittadino, la dislocazione e la qualità dei servizi socio-sanitari offerti alle popolazioni e il costo stesso del servizio non può essere paragonato a quello erogato da una megastruttura che nel raggio di 5 – 8 Km serve un milione di abitanti.
Del resto nella mozione n. 230 presentata da noi dell’opposizione, si fa esplicitamente riferimento a diversi casi laddove si evidenzia che l’accorpamento di servizi e/o di competenze non genera una riduzione del costo per le casse della collettività, ma in certi casi il processo di riordino della rete ospedaliera genera un duplicato dello stesso servizio aumentandone il costo in modo esponenziale e paradossalmente non rispettando i dettami della programmazione italiana e sarda.
Per cui nella sanità e nell’erogazione dei servizi ai cittadini, il parametro “costo economico”, in quanto tale non è sufficiente, né è veritiero nel determinare accorpamenti, numero dei posti letto etc. etc., e ancor meno può concorrere a determinare la qualità del servizio sanitario prestato ai cittadini o alle singole collettività.
La fretta con cui prima la Giunta con le sue delibere (n. 43 del 31/10/2012) vuole ristrutturare e ridefinire il Servizio Sanitario Pubblico in Sardegna, interpretando il processo di riordino e di organizzazione delle reti ospedaliere imposto dalle norme nazionali italiane e ligia alle logiche dello Spending Review, è perlomeno sospetta…
Non capisco come si abbia tanta fretta oggi, nel voler definire una volta per tutte una Riforma del Sistema Sanitario per la Sardegna, quando fino ad oggi, e cioè, in ben 4 anni, questa Giunta non ha presentato il nuovo Piano Sanitario Regionale contenente indicazioni strategiche e obiettivi condivisi dalle collettività e dai singoli territori. Una Giunta, così frettolosa e tempestiva che fino ad oggi non ha neppure presentato il Bilancio della RAS per il corrente esercizio, determinando disagi, perdite, sacrifici all’intera collettività sarda e alla nostra economia già al tracollo. Capisco invece molto bene il Disegno che questa Giunta, in materia di sanità, vuole preconfezionare ai sardi.
Una Riforma del Sistema Sanitario “a scatola chiusa”, sconosciuta, non discussa e non approvata in nessuna assemblea territoriale delle nostre collettività.
Una Riforma paracadutata in Consiglio Regionale preconfezionata dal tecnocrate o dalle agenzie di turno che devono esclusivamente tutelare gli interessi, gli appetiti, i benefit elettorali di una maggioranza politica, che in previsione della prossima campagna elettorale non vuole privarsi delle lottizzazioni e dei privilegi politici che ne conseguono, tutto ciò, a scapito del diritto inalienabile dei sardi a poter accedere ai servizi sanitari e socio-assistenziali pubblici, di qualità e distribuiti in modo capillare nel proprio territorio.
Questa Riforma, confezionata da Direttori Generali e tecnocrati, ha solo lo scopo di escludere e privare di servizi pubblici sanitari la grande maggioranza dei sardi, ma attraverso alchimie e trasformismi politici, tipici di una certa “casta politica nostrana”, vuole far entrare dalla porta principale i servizi sanitari erogati da privati ma pagati con i soldi pubblici dei contribuenti.
Ci troviamo di fronte a un’operazione di privatizzazione della sanità, che toglie risorse economiche alla sanità pubblica controllabile, creando controllori privati che “dormono il sonno dei giusti, generando mostri…”.
Ancora una volta in questo scorcio di storia sarda non casualmente anche nel settore della sanità ricompare l’inquietante ombra dei Fondi Sovrani del Qatar. Fondi Sovrani, o chi per loro, presenti in tantissime vicende politiche internazionali di destabilizzazione di Stati, dalla vicenda Libica, a quella Siriana, agli ultimi fatti in Grecia e in Francia, per non parlare dei finanziamenti alla guerriglia djiadista e narco-trafficante che insanguina diverse parti dell’Africa: ombre inquietanti su cui sarebbe ora che questo Consiglio incominciasse a diradare, vederci chiaro e dibattere, visto che gli appetiti dei Fondi Sovrani del Qatar non sono indifferenti in Sardegna, anzi, vengono accolti da “certi politici” come sviluppo che ci libererà dalla schiavitù della povertà…
Il Popolo sardo non ha bisogno di questi “liberatori” ma si libererà con le sue forze e con la consapevolezza del suo ruolo di Nazione, da chi lo sfrutta e lo opprime.
Mentre con questa Riforma, con la scusa dei diktat italiani e della Spendig Review, si vogliono tagliare posti letto, sopprimere ospedali pubblici importanti e di eccellenza, con accorpamenti e riorganizzazione di reti ospedaliere, nel frattempo in Gallura, fatta terra bruciata sulla sanità pubblica, si promuove a “polo di eccellenza” una struttura privata: il San Raffaele, che bontà sua dovrebbe essere funzionale ai ricchi sultani e nababbi vari frequentatori estivi della Costa Smeralda.
Molti tagli che questo progetto di Servizio Sanitario propone, come già esplicitato nella mozione, priva i territori di servizi e declassa ospedali di eccellenza o comunque indispensabili in certe zone del territorio, e inoltre vantano professionalità collaudate che rischiano a loro volta mortificazioni e disagi personali oltre che professionali.
Prima di pensare alla riapertura di nuovi ospedali come il San Raffaele, la Sardegna ha bisogno di una Riforma Sanitaria che tra le priorità preveda l’organizzazione della Medicina Territoriale, che gestisca casi complessi come ad esempio le post-ospedalizzazioni e non solo, che ricadono sulle famiglie non in grado di garantire l’assistenza sanitaria di competenza pubblica.
C’è da chiedersi in quale malaffare si stia cacciando la RAS visto che all’operazione finanziaria sul San Raffaele, che vede l’accordo tra lo Stato cattolico del Vaticano e quello islamico del Qatar, partecipa pure la RAS con 50 milioni di € all’anno, e cioè, il 50% di quanto previsto per tutta la sanità privata sarda.
Il San Raffaele sotto il controllo della Fondazione Tabor, vanta un debito di un miliardo di €, grazie al rigonfiamento di fatture dei fornitori; dalla creazione di fondi neri gestiti da CAL e non solo, le cui imprese, è stato dimostrato che facessero lievitare i costi 4 volte superiori a quelli di mercato per costruire immobili per la Fondazione… le vicissitudini giudiziarie con arresti per bancarotta aggravata, sono a tutti note…
Il San Raffaele potrebbe essere un centro di trattamento di “post-acuti” (esempio gli infartuati) che non necessita di grandi investimenti e che sarebbe utile a tutto il territorio sassarese.
Un ospedale d’èlite per i ricchi del mondo non avrebbe nessuna utilità per la Sardegna, e visto che in nome della “razionalizzazione delle spese e dei servizi” e cioè con i tagli della Spending Review, si chiudono i nostri ospedali, c’è da chiedersi: secondo quale logica se ne aprono altri? I posti letto riservati al San Raffaele entrano nel computo dei posti letto territoriali sardi? E se i posti letto del San Raffaele escono dal computo perché escono? Escono oggi per poi rientrare con la prossima Finanziaria?
La delibera 43/12 su “linee di indirizzo per gli atti aziendali delle aziende sanitarie….”, è da revocare immediatamente anche per tamponare seppure parzialmente il vostro fallimento.
Claudia Zuncheddu
ESITO DEL VOTO:
Presenti: 63 Votanti 56 SI 23 NO 33 Astenuti 7
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