Sa die de sa Sardigna – Procurad’e Moderare Barones sa Tirannia
Nel 28 aprile 1993 il quartiere storico Castello di Cagliari veniva invaso da una folla di popolani cagliaritani che prendevano d’assalto il Palazzo Regio, oggi sede della Prefettura, costringendo le truppe mercenarie svizzere, le truppe piemontesi e i dignitari ad arrendersi, ad abbandonare Cagliari e a imbarcarsi per Genova per rientrare a Torino. Naturalmente era una ricostruzione storica promossa dall’allora assessore sardista alla cultura della RAS. Negli anni l’evento si è ripetuto in forme differenti ma sempre in tono minore rasentando talvolta il fastidio della ricorrenza.
Il 28 aprile 2014, Sa die de sa Sardignia, senza voler entrare in merito al dato storico di rivolta popolare o di rottura della sudditanza dai Savoia, viene celebrato a Cagliari, all’interno del segreto del Consiglio della Regione Autonoma Sardegna con una esibizione della banda della Brigata Sassari, dei Tenores e da tre interventi istituzionali: quello del Presidente del Consiglio, uno della maggioranza e uno dell’opposizione.
Naturalmente senza entrare in merito alla bravura e alla competenza degli orchestrali e dei tenores, e ancor meno degli oratori che hanno celebrato il rito da “santificare e archiviare”, così come senza entrare in merito ai conti degli assessorati che per sobrietà hanno ritenuto di devolvere pochi euro a quest’avvenimento diventato storico per i sardi, “Sa die” rappresenta al di là di tutto un momento dell’orgoglio e della ribellione del Popolo sardo che insorse contro l’oppressione piemontese.
Di certo avremmo preferito che in tutta la Sardegna “Sa die” fosse tramandata ai giovani con manifestazioni e dibattiti articolati all’interno delle scuole, negli spazi culturali e nei luoghi di aggregazione dei cittadini, invece oggi è un semplice giorno di festa.
Avremmo preferito che la popolazione di Cagliari, luogo in cui si sono svolti i fatti storici, fosse stata maggiormente coinvolta in momenti sia ludici che di riflessione storico-politica.
Lodevole è stata la messa in scena teatrale della Congiura di Palabanda del 1812 anche se purtroppo a beneficio di pochi.
Non vorremmo, che i soliti noti volessero far cadere nell’oblio il giorno dell’orgoglio dei sardi per essersi liberati, seppur momentaneamente, dai tiranni.
Non vorremmo che con la scusa della crisi e della sobrietà che essa impone, come se le famiglie e le imprese sarde non la praticassero già, questa fosse una foglia di fico per velare la verità storica di un popolo che si è ribellato alla tirannia di ieri e che oggi chiede di poter autodeterminare il proprio destino economico, sociale e politico fuori dalle logiche imposte dalle compatibilità della globalizzazione mondiale.
Claudia Zuncheddu
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