Ribellione del Popolo sardo a Capo Frasca – lo Stato italiano viola la sua stessa Costituzione
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Le bandiere indipendentiste, ambientaliste, palestinesi, libanesi, di liberi cittadini e di comitati, il 13 settembre, alla manifestazione del Popolo sardo, sventolavano tutte per il diritto alla pace dei popoli del bacino Mediterraneo, per la libertà e per il diritto dei sardi alla riappropriazione delle terre usurpate, occupate e violentate dallo Stato italiano spesso con la complicità della classe politica sarda.
La richiesta di chiusura immediata delle basi e dei poligoni militari noti e meno noti (con l’imposizione di bonifica immediata di questi siti) ha un’importanza che va oltre la necessità dei sardi di poter decidere liberamente del proprio destino nazionale: della sovranità del nostro Popolo sui nostri territori.
Lo Stato italiano, potenza coloniale occupante, negli anni ha fatto sì che la Sardegna divenisse centro strategico per le esercitazioni e per le sperimentazioni belliche al servizio di tutti i focolai di guerra accesi nel Mediterraneo e non solo. Focolai che sempre più rischiano di essere la mina di accensione di una nuova guerra mondiale a cui gli Stati guerrafondai e l’industria bellica della globalizzazione si stanno preparando velocemente per una ennesima spartizione delle ricchezze e delle risorse del pianeta.
Il Popolo sardo, il 13 di settembre a Capo Frasca, ha espresso la sua ribellione all’uso del proprio territorio per scopi bellici e con ciò intende riappropriarsene totalmente.
Lo Stato italiano, in oltre mezzo secolo, ha militarizzato la Sardegna non solo per le esigenze contemplate dalla Costituzione italiana, in tempi non di guerra, ma ha fatto sì che i poligoni militari divenissero “centri di affari internazionali” incostituzionali, arrivando persino a sopportare l’imposizione di segreti di altri Stati, quindi rinunciando alla sua stessa sovranità sull’altare degli affari. Dal “segreto libico”, che negli scorsi anni ha visto in Sardegna i giochi di guerra dei militari di Gheddafi, accessibili persino ai civili libici che operavano nei poligoni, ma secretati allo Stato italiano… figuriamoci al Popolo sardo e alle sue istituzioni, sino al “segreto Nato” inventato, perché non previsto e imposto alla stessa Italia sulle esercitazioni nei poligoni e nei mari della Sardegna.
Sulle questioni di illegittimità, di illegalità e di soprusi dello “Stato italiano affarista” sulla pelle e sulla vita dei sardi, il nostro Popolo ha espresso il suo NO determinato e definitivo.
Oltre ogni possibile strumentalizzazione sulla grande manifestazione del 13, a movimenti indipendentisti e al “Comitato Gettiamo le basi” va riconosciuto il merito di aver promosso una grandiosa mobilitazione popolare che ha visto il delinearsi di una volontà unitaria, ormai inderogabile, di tutti i movimenti indipendentisti, identitari, ambientalisti, antimilitaristi e di “ribellione pacifica” presenti nei nostri territori. Ciò è quello che i sardi chiedono con forza.
Il Popolo sardo, che ha risposto all’appello lanciato da movimenti indipendentisti, per la chiusura immediata dei poligoni, attende che questo arcipelago politico sardo si unisca, superando finalmente i propri “complessi autolesionistici”, le primogeniture, le litigiosità, le appartenenze ormai obsolete e riconoscendo le ragioni del Popolo sardo come priorità assolute. E’ ora di superare gli angusti limiti dei propri tancati per vedere le grandi praterie che abbiamo di fronte. Questo è il senso delle nostre bandiere che il 13 di settembre sventolavano insieme e unite contro i venti di guerra a Capo Frasca.
La voce del Popolo sardo incomincia a preoccupare i sottosegretari italiani e a intimorire le “truppe coloniali” di una politica sarda arrendevole e accondiscendente.
Claudia Zuncheddu
SardignaLibera
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