Quale Rivoluzione per uscire dalla crisi?
Parlare di rivoluzione in questo momento in Sardegna è facile. La crisi viene da lontano. L’attuale classe politica e chi ha comandato in questi 60 anni, è stata succube e ha lasciato che in Sardegna venissero fatti gli scempi peggiori. Ma bisogna anche distinguere chi governa e decide e chi sta all’opposizione; e in questa chi segue percorsi di liberazione del Popolo sardo e chi ha rapporti di sudditanza coloniale.
Questa classe politica asservita, ha lasciato che si depredassero le coste; che l’83% del nostro fabbisogno alimentare venisse importato; che s’insediassero in Sardegna, con il miraggio dell’occupazione, il peggio delle industrie inquinanti; che l’economia tradizionale venisse cancellata e i nostri paesi spopolati; ha permesso che l’energia e i trasporti diventassero per noi e per la nostra economia una palla al piede e che vasti territori divenissero i più grandi poligoni di tiro d’Europa.
Non siamo riusciti a difendere il nostro patrimonio culturale, la nostra lingua, i nostri siti storici. Abbiamo regalato le nostre banche a chi oggi riserva solo nuovi disoccupati. La Sardegna si sta avviando a diventare un territorio nel quale metà della popolazione emigrerà e l’altra metà si concentrerà in un pugno di città, dove miseria, malgoverno e disperazione saranno padroni. Insorgere contro questo stato di crisi non solo è necessario, ma giusto, democratico ed etico.
Ma oggi, tutti noi, più che in passato, abbiamo bisogno di obiettivi da raggiungere. Dopo aver sognato per decenni operai inesistenti, autostrade e modelli a noi estranei, dobbiamo tornare alla realtà e riprendere in mano il nostro futuro di Popolo e di uomini.
La nostra dignità saranno le proposte che faremo al nostro popolo: fatto di giovani senza futuro, di famiglie disperate, di gente senza lavoro e cassintegrati ormai cronici.
Al governo italiano diciamo che non pagheremo la sua crisi. Il nostro futuro sarà senza di loro.
Bisogna invertire gli investimenti: smetterla con i Galsi, la chimica “verde”, le grandi opere infrastrutturali. Sono“Truffe economiche”, illusione di occupazione e affari tangentizi. Briciole.
Quelle risorse usiamole per le coltivazioni agricole, gli allevamenti, il mare, i nostri paesi e le nostre città. Ritorniamo a pensare da sardi. I sogni che ci hanno proposto sono tutti falliti.
Nessuno può convincerci che i petrolchimici, le aziende energivore, e quelle che si candidano a sostituirle rubando il vento, il sole e la terra, con i soliti finanziamenti regionali compiacenti, aumenteranno la ricchezza del nostro popolo: sono più importanti dieci artigiani, dieci contadini, dieci pastori in più per creare ricchezza in uno dei nostri paesi, che quello che hanno fatto in questi anni le industrie depredando il nostro territorio. Valgono più dieci stanze in affitto in un piccolo paesino che i grandi alberghi che offrono solo lavoro stagionale e che il pane lo comprano fuori!
La nostra sarà una trasformazione radicale e una rivoluzione partecipata, democratica e pacifica. Abbiamo l’esempio del Popolo islandese, che ha proclamato che non pagherà nessun debito alla speculazione delle banche e le ha cacciate, sancendo: “I debiti li risolvano chi li ha fatti e chi ha combinato i disastri li paghi di persona, con i propri soldi”. E siccome i disastri li hanno fatti le banche, alle banche hanno chiesto di rientrare e restituire il maltolto.
E tutto questo senza sparare un colpo di fucile, senza un morto per strada. Ecco cosa vogliamo: eliminare non solo gli sprechi, ma un nuovo modello democratico, partecipato e condiviso.
Siamo un Popolo e abbiamo terra a sufficienza per noi e i nostri figli.
Vogliamo che l’energia conviva con l’ambiente a costi accettabili, che sia possibile un sistema di trasporti compatibile con le nostre tasche e con quelle di chi vuole arrivare in Sardegna; e una economia che parta dalle caratteristiche e dalle eccellenze dei nostri territori. Dobbiamo gestire il turismo come una risorsa nostra, entrando in contatto con il mondo attraverso le nostre peculiarità.
E tutto questo lo possiamo fare da subito, non abbiamo bisogno di aspettare chissà quanti anni. Chi dice il contrario sbaglia e spesso e volentieri è stato pagato per dirlo. Questa è la verità.
Per questo, una parte della rivoluzione che progettiamo è per noi: per credere che si può cambiare. Perché saranno molti i saggi da salotto televisivo che ci diranno che è tutto difficile. Dobbiamo, una volta per tutte, non credere loro; e realizzare ciò che è possibile oggi per noi.
Abbiamo cervelli e braccia sufficienti. Siamo realisti: La Sardegna non è una terra povera. E’ vero il contrario! Troppi negli ultimi decenni hanno fatto in modo che perdessimo la fiducia in noi stessi.
Non abbiamo bisogno di padri che ci impongano le loro scelte. Ciò che bisogna fare lo sappiamo.
Claudia Zuncheddu
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