Province: Legge di riordino delle autonomie regionali in Sardegna – NO al commissariamento
Province: legge di riordino delle autonomie regionali in Sardegna
27/06/2013
Tracce del mio intervento
La Presidente Lombardo bene ha fatto a precisare (dopo l’intervento del Riformatore Cossa) che i tagli dei costi del Consiglio non sono certo frutto del referendum dei Riformatori, ma frutto di insistenti sollecitazioni interne al Consiglio (vedi le mie lotte e la mia proposta di legge). Sulla riduzione del numero dei consiglieri, voluta anche questa dalla maggioranza del Consiglio, ben prima dei referendum, e su cui continuo a sostenere che sia stato un grave taglio alla nostra democrazia.
Con questa proposta di Legge di Riordino delle Autonomie Regionali in Sardegna, si continua a perseverare nella logica delle c.d. “Leggi meno peggio”, ma questa non è una “Legge meno peggio” …è il preludio di una catastrofe per i nostri territori. Mi chiedo se è un problema di competenza, o di semplice degrado politico che porta a esitare incapacità legislativa che crea solo ulteriore confusione. Le Province come strumenti intermedi di partecipazione popolare e di programmazione del territorio, purtroppo nel tempo non sono state in grado di assolvere al meglio il proprio compito, per cui direi che hanno fallito, divenendo esse stesse strumenti di ulteriore centralismo e di cattiva gestione delle risorse, nonché luoghi di parcheggio politico.
Di fatto le Province in buona parte si sono adeguate alla cattiva gestione centralizzata della macchina Regionale, per cui questo strumento intermedio, che ho già definito “un retaggio napoleonico” tramandato a governi successivi sino a quelli Italiani, è da rimettere certamente in discussione, ma in un nuovo e più ampio contesto di partecipazione popolare alla gestione del nostro territorio e alla soluzione mirata delle problematiche locali. E’ ora che, a partire dalle esigenze di coinvolgimento delle comunità, si presenti un progetto complessivo per il riordino di tutto l’assetto istituzionale della Sardegna.
Fuori dalla demagogia (che ha visto “cavalcare” il tema dell’abolizione delle Province nel pieno della campagna elettorale per le ultime elezioni per il Parlamento italiano) ritengo che si debba aprire una stagione nuova improntata sul decentramento dei poteri dalla Regione ai Comuni o a nuovi strumenti di partecipazione che le nostre collettività decideranno in modo libero e democratico di darsi.
Questo nodo va sciolto, non solo perché non si può più lasciare un tema di questa portata in stato di abbandono o nelle mani della speculazione ai fini elettorali, di cui qualche “forza politica” è stata abile manovratrice più che “riformatrice”; Ma il termine del riordino, che impone la Legge Regionale, va definito una volta per tutte, evitando ulteriori inutili proroghe e portandole quindi alle loro scadenze naturali. Il commissariamento, molto praticato dal nostro Presidente, di certo non è la soluzione. Può essere una soluzione solamente per nuove clientele e per la sistemazione di qualche “commissario disoccupato”, coerentemente con lo spirito di chi nel pieno della campagna referendaria per la soppressione delle Province, cercava di sistemare i propri uomini nei posti di potere.
Il referendum del 6 maggio 2012, sull’onda del populismo, ha creato una grande confusione e disinformazione fra i cittadini, ai quali non è stato spiegato che il tema sulla soppressione delle Province andava affrontato nel contesto di una Riforma Istituzionale che abbracciasse tutto il sistema, dalla RAS a tutte le sue diramazioni territoriali. La proposta di voler trattare singolarmente la “questione Province” estrapolandola dal contesto di un sistema istituzionale ben più ampio, ha reso poco credibile e ridicola la proposta referendaria, e ho il piacere di sottolinearlo proprio perché io sono per la soppressione delle Province e non per il commissariamento.
Il testo Unificato, che indica le scadenze per lo scioglimento dei consigli provinciali, prima della scadenza naturale della legislatura, rischia di essere incostituzionale visto che cancella organismi eletti democraticamente e di metterci nella condizione di varare una cattiva legge. Per cui la definizione della scadenza naturale, vista la complessità anche delle funzioni delle Province è necessaria ai fini della riorganizzazione dell’assetto e della salvaguardia dei livelli occupazionali oggi esistenti, evitando che si creino nuovi problemi di instabilità lavorativa, che aggravino la disperazione già esistente all’interno del nostro tessuto sociale ed economico.
Arrivare a scadenza naturale, è una necessità per la definizione di una Legge di Riforma che sia adeguata alle esigenze dei territori e delle collettività, nonché alla tutela dello status, delle funzioni e dei ruoli già acquisiti dei dipendenti delle province.
Ritengo giusta la soppressione di questi strumenti intermedi, ma ciò non può avvenire se non si garantisce un processo di transizione serio, che eviti il caos nel riordino istituzionale, dal trasferimento delle funzioni provinciali alla programmazione territoriale. Tutto deve avvenire di pari passo con la certezza occupazionale per migliaia di dipendenti che operano nelle province, garantendo con ciò l’attuazione di provvedimenti e leggi già intraprese con imprenditori, associazioni, cooperative etc.
Un Progetto di Riforma di questa portata dev’essere a maggior ragione condiviso e partecipato da tutte le forze politiche e dalle collettività locali, in modo tale che sia funzionale ai bisogni anche di rilancio dei nostri territori e non alle clientele di una “vecchi politica” che alberga nelle massime istituzioni continuando a gestire il Bene pubblico come “cosa privata”. Pensiamo a un Progetto di Riforma emancipato, che decentri i poteri della Regione potenziando gli enti locali ed eventuali enti intermedi rivisitati.
Claudia Zuncheddu
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