PPR: Nuove regole di Cappellacci per far morire la Sardegna di cemento E DI FAME
Consiglio Regionale 24/07/2012
Intervento
Sulla revisione del Piano Paesaggistico Regionale: linee guida caratterizzanti il lavoro di predisposizione del PPR.
In questi tre anni di Legislatura, tanto volte mi sono chiesta perché alla classe politica mancasse la cultura della salvaguarda del nostro territorio nella sua interezza.
Un modello di viluppo alternativo e sostenibile non può non partire dallo “stop” al consumo del territorio, sia esso devastato dal cemento o da colture agricole a noi estranee, vedi il progetto di sottrazione alla pastorizia e all’agricoltura produttiva di vaste aree di territorio per essere impiantate a monocoltura del cardo: una pianta dannosa che i nostri contadini estirpano per conservare la fertilità del terreno, ma essa è funzionale al progetto definito Chimica Verde.
Questo progetto rischia di dare un colpo letale all’economia agricola per generare una nuova servitù dalla chimica… che già i nostri territori hanno subito… anche se stavolta la CHIMICA è VERDE! Peccato che lo sia solo di nome.
Ma consumo inutile del territorio è anche l’”operazione gasdotto GALSI”, lautamente finanziata dalla RAS per creare una nuova servitù di passaggio, senza che sia previsto alcun beneficio per le popolazioni e che distruggerà pascoli, corsi d’acqua e colture agricole, meno male che il problema ai sardi stavolta, come previsto, lo risolverà naturalmente l’Algeria con un incremento proibitivo del costo del gas metano, non più competitivo.
Tutto era prevedibile e preannunciato in quest’ Assemblea.
Così come in questa sede non si affronta il problema delle DISCARICHE sempre più numerose nostri territori, discariche proposte da “società in odore di mafia” e sponsorizzate trasversalmente da potetanti politici locali.
Tutto ciò oltre il cemento, contribuisce alla sottrazione del territorio ad una agricoltura a tutt’oggi fiorente e capace di generare reddito e ricchezza per le popolazioni locali. Vedi la minaccia della discarica sulla Piana del Cixerri.
Oggi la nostra priorità, dev’essere la riappropriazione e controllo del nostro territorio. Quindi “stop” al suo consumo indiscriminato e scellerato su tutti i fronti.
Così come non possiamo permettere che in maniera indisturbata le multinazionali come la E.ON minacci di acquistare su ampia scala i nostri terreni agricoli, magari con intermediari forti… ex assessori regionali…. Oppure da altri Enti che intendono acquistare vaste aree del territorio con la “chimera occupazionale” della Chimica Verde.
Una riflessione seria sul consumo del territorio, nel senso della svendita delle nostre terre, andrebbe fatta in questa sede. La Corsica insegna…
Così come una riflessione seria andrebbe fatta sulla questione delle terre su cui gravano gli Usi Civici, tenendo conto che queste rappresentano il 30% di tutto il territorio sardo.
Ma oggi parliamo di cemento
Il PPR proposto dalla Giunta Soru, con tutti i suoi limiti, è forse lo strumento che in questi oltre 60 anni di c.d. Autonomia, ha maggiormente tutelato gli interessi collettivi dei sardi sui temi del paesaggio urbano e rurale, l’ambiente costiero e montano della Sardegna.
La Corte Costituzionale, a seguito del ricorso del governo italiano del 2005, che sosteneva la mancanza di competenze in materia di Tutela Paesaggistica da parte della RAS, mentre riconosceva solamente la competenza in materia di urbanistica ed edilizia (Art 3 e 4 dello Statuto), con una sentenza del 2006 promuove la c.d. “Legge salva coste” (Legge 8 del 2004) che contempla norme indispensabili per la salvaguardia della fascia costiera dei due Km dalla battigia.
Di fatto la Corte Costituzionale nel rigettare il ricorso del governo italiano, riconosce che la Legge 8 del 2004 mette in luce e rafforza norme già esistenti sull’”Uso e la Tutela del territorio sardo” (vedi Legge regionale 45 del 1989), norme antecedenti al Codice Urbani, che impone l’adozione a tutte le regioni ordinarie e speciali, delle direttive europee in tema di tutela del paesaggio e dell’ambiente: direttive adottate integralmente dal PPR.
Il PPR voluto dalla Giunta Soru e perfettamente a norma europea e del Codice Urbani (per chi l’avesse dimenticato, ministro scomodo dei primi governi Berlusconi), è stato non solo apprezzato e premiato in ambito mediterraneo ed europeo, ma è stato persino difeso dalla Corte Costituzionale, contro i tentativi del Governo italiano di delegittimarlo poiché riconosciuto come uno strumento che impone “una disciplina che sia maggiormente rigorosa… rispetto ai limiti fissati dal legislatore statale, proprio in quanto diretta ad assicurare un più elevato livello di garanzie per la popolazione ed il territorio interessati”. Con ciò preservando il paesaggio per la fruizione odierna e per le future generazioni: un “bene” che come tutti i “beni ambientali”, non è illimitato ed è soggetto agli appetiti dei business privati sottraendolo con ciò alla fruizione delle collettività dei residenti e dei turisti.
Merita ricordare che l’urbanizzazione incontrollata nelle campagne, nel decennio fra il 1990 e il 2000, in Sardegna ha portato ad una riduzione della superficie agricola coltivabile e quindi ad uso produttivo di circa il 24,7%. Ma l’ondata del cemento ha continuato a consumare il territorio sardo anche nel decennio successivo, deprimendo l’economia agro-pastorale esistente e arrivando ad aumentare la dipendenza alimentare della Sardegna nell’importazione di alimenti per circa l’80% dall’esterno.
Il Movimento dei Pastori Sardi, nei giorni scorsi con il blocco del porto di Olbia e dei tir che importavano alimenti e carni in Sardegna, grazie anche alla totale inesistenza di controlli ai porti e a Leggi volutamente ambigue ha nuovamente messo in risalto questo fenomeno, frutto anch’esso della riduzione delle terre destinate a coltivazione ed allevamento.
La Sardegna è un unicum grazie ai suoi ambienti costieri, marini, montani ed interni, alle sue tradizioni, alla sua cultura, per cui non può essere trasformata ne in Disneyland e ancor meno in “ristrette riserve indiane” dove far vedere “com’era il nostro ambiente e come eravamo noi…”
Come scrive il Fatto Quotidino (12 luglio): “il nodo fondamentale è la mediazione tra la tutela delle risorse primarie del territorio e dell’ambiente con le esigenze socio-economiche della comunità, all’interno delle strategie di sviluppo territoriale e sostenibilità ambientale”.
La nostra risposta non può che essere la “conservazione del bene” e non la sua distruzione per un momentaneo piatto di lenticchie.
Noi vogliamo continuare a coesistere con il nostro ambiente oggi e in futuro. Non permetteremo che il nostro territorio diventi uno spezzatino in mano alla speculazione del primo che arriva dal mare e a quei sardi succubi al servizio di queste logiche monetarie e privatistiche: Logiche da ricusare perché ci espropriano ancora una volta della cultura, delle tradizioni e dell’ambiente nel senso più ampio, riducendoci a una colonia delle multinazionali finanziarie e decretando irrimediabilmente la cancellazione della nostra identità.
Siamo orgogliosi della nostra identità sarda e non vogliamo essere omologati a nessuno e ancor meno al peggio, così come si rischia.
Per cui con il PPR (nel rispetto dell’Art. 9 della Costituzione italiana, degli obblighi imposti dalla Convenzione europea sul Paesaggio e della propria normativa), la Sardegna si è dotata di uno strumento di pianificazione paesaggistica fondata sulla tutela e la corretta fruizione del patrimonio ambientale a partire da quello costiero, perfettamente in linea con le nazioni più avanzate al mondo.
Il PPR, prima di essere adottato (ribadisco con tutti i suoi limiti nel bene e nel male) dopo un lungo iter, è stato sottoposto ad approfondimenti e osservazioni da parte di tutti i soggetti interessati, dagli enti locali, agli imprenditori, alle associazioni ambientaliste: operazioni sempre pubbliche e trasparenti, contrariamente a tutto ciò che avviene in questa legislatura.
Mi spiace notare che ad oggi, soltanto una minoranza di comuni ha adeguato i propri PUC al PPR, spesso per l’inesistenza dei primi, quindi per difetto da parte dei comuni e in altre situazioni per mancanza di coraggio da parte delle stesse amministrazioni comunali, altre volte per voluta dimenticanza o inadeguatezza nel reperire una norma di tutela regionale dalla stessa macchina regionale burocratizzata e con i suoi tempi biblici.
Nel gioco dell’alternanza politica, dopo il Governo Soru, mi sarei aspettata che un Presidente, pur con posizioni politiche diverse dalle mie, ma illuminato e lungimirante ripartisse proprio dai punti deboli del PPR per perfezionarlo e aumentare la tutela del nostro bene ambiente a partire dall’ambito costiero laddove gli appetiti si fanno sentire maggiormente. Appetiti che hanno già compromesso con la cementificazione circa il 50% delle nostre coste.
Ma purtroppo per la Sardegna l’unica mira del P. Cappellacci in questi tre anni di legislatura (per dirla tutta già preannunciata in campagna elettorale), è stato l’attacco e la totale distruzione delle linee guida del PPR, per far retrocedere il territorio sardo nella condizione di far west e di terra di conquista da parte dei più forti, ai danni delle nostre economie e svendendo la nostra risorsa più ricca.
Ma questa importante esperienza che avrebbe dovuto collocare la Sardegna come leader di civiltà nel mondo, subisce gli attacchi di due Piani-Casa e della Legge sul Golf, proposte volute dal Presidente e dalla sua “altalenante maggioranza” e naturalmente votate al fallimento.
Queste limitazioni del PPR stranamente hanno preservato la Sardegna e l’edilizia sarda, nonostante la sua crisi ciclica, da una “bolla immobiliare” come quella che ha colpito dal 2008 l’economia edilizia della Spagna, che a causa della crisi mondiale e quindi della diminuzione dei flussi turistici nel proprio territorio, ha visto fallire migliaia di imprese edili “cravattate” dagli interessi delle banche che si sono ritrovate un patrimonio immobiliare non sempre portato a termine, il tutto a discapito dell’ambiente di quel paese condannato dai diktat dei banchieri: strumenti della speculazione finanziaria internazionale. Tutto ciò sta avvenendo anche in Italia.
La Sardegna nel luglio del 2012 ha visto rispetto al precedente anno, una diminuzione dei flussi turistici di oltre il 27% creando un decremento economico ancora più importante se si pensa che già l’anno precedente il decremento superava di molto il 20% delle presenze.
Al Presidente Cappellacci, che per un istante è apparso in Aula, come al solito al cellulare, per poi riscomparire (sempre al cellulare), avrei voluto dire che “non è sufficiente mandare messaggi in sardo al Presidente Monti”, cosa mai fatta con il P. Berlusconi nonostante le politiche italiane non siano cambiate, per poi in nome di un “presunto sviluppo” della Sardegna, svenderci ai potentati di turno.
Spero che il P. Cappellacci non resti nella storia come il carnefice della nostra identità e il mediatore del saccheggio delle coste e della cementificazione della nostra agricoltura e della nostra pastorizia.
In questa Assemblea, per dirla con le parole del Prof. Salzano: “nel Consiglio regionale siedono persone e gruppi che non sono tutti devoti alle stesse divinità e agli stessi interessi dell’attuale presidente della Regione, si spera che essi comprendano quale sia la posta in gioco e assumano la responsabilità che hanno nei confronti del mondo intero, poiché la bellezza della Sardegna non è patrimonio solo di quanti oggi vi abitano”. E io aggiungo, ancor meno del Presidente Cappellacci e di chi gli sta dietro.
Noi ci opporremo allo scempio delle vostre linee guida e non saremo in pochi.
Claudia Zuncheddu
Consigliera Regionale SardignaLibera
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