Non un euro in Finanziaria alla cassa integrazione, sorridono seminaristi e dentisti
… più che i dentisti, sorride qualcuno dell’Università…
Fonte: Arrèxini
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33.000 lavoratori lasciati a piedi. È successo ieri con la bocciatura dell’emendamento con cui Sel e Sardigna Libera hanno chiesto al Consiglio regionale di anticipare 60 milioni di euro per finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga.
In un’aula semivuota, ha votato contro l’anticipo delle risorse la maggioranza, «che ha così perso un’occasione per dare dignità a una finanziaria piena di contentini clientelari», ha commentato la consigliera di Sardigna Libera Claudia Zuncheddu. Eppure 60 milioni
equivalgono all’1% del bilancio della Regione.
La risposta arriva oggi a mezzo stampa. Si dice che l’emendamento è stato bocciato in virtù di un patto sottoscritto da tutte le regioni, «che hanno concordato di non mettere risorse proprie per tenere una linea forte contro il governo, se poi sarà necessario, provvederemo», queste le parole di Giulio Steri, capogruppo dell’Unione di Centro apparse oggi sull’Unione Sarda.
In altri termini, sia il governo a pagare, ma con riserva. Ed è proprio la presenza di tutti gli elementi del dramma sardo – il governo italiano, una classe politica isolana, di finta lotta, da una parte, e di governo, dall’altra, con i lavoratori nel mezzo – che autorizza a pensare che quello praticato oggi sia un gioco sporco, quello consueto.
Cosa succede dunque? Che dal 30 giugno, in 33 mila rischiano di non usufruire più di alcun ammortizzatore sociale. In pratica, un altro pezzo di società sarda alla deriva.
Per finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga servono ben più di 60 milioni di euro,
sufficienti a coprire appena qualche mese di cassa integrazione, ma al momento queste risorse non ci sono. Lo ha detto anche il capogruppo del Pd Giampaolo Diana che in serata ha preso in mano carta e penna per fare conti, come rivela Gian Valerio Sanna. In soldoni, per il 2013 servono oltre 300 milioni di euro. Da dove cominciare?
«Si dice che 60 arriveranno dal governo, questa è la promessa, ma si tratterebbe in ogni caso di una soluzione tampone», spiega Giuseppe Stocchino, esponente di Rifondazione comunista confluito nel Gruppo Misto.
Ma, intanto, non mancano le regalie nella Finanziaria: circa 500.000 mila euro sono andati al Seminario Pontificio, 350.000 alla casa di riposo Divina Provvidenza e un milione di euro per sistemare i denti a circa 1000 sardi, emendamento bipartisan Pd-Pdl firmato da Giampaolo Diana, Franco Sabatini, Gian Valerio Sanna e Giuseppe Cucci prima ritirato e poi approvato con un blitz dell’ultim’ora nello stupore della restante parte di opposizione.
Per Claudia Zuncheddu, che parla senza mezzi termini di mangiatoia, «non si tratta di un
intervento sociale perché ne usufruiranno solo mille cittadini selezionati e non è neppure un intervento di prevenzione dei tumori al cavo orale perché la competenza è dei dentisti».
Inoltre, «sono stati tagliati i finanziamenti alle borse di studio, con una diminuzione della
dotazione di diversi milioni euro», fa sapere sempre Giuseppe Stocchino. Trovati, invece, 18 milioni di euro per i beni culturali e circa 10 per il sistema bibliotecario.
Bisogna ora capire che in verità quello della maggioranza è un trucco vecchio che sul piano della trama genera il tradizionale gioco a quattro in cui i sindacati si aggiungono ai politici delle due sponde del Tirreno e ai lavoratori.
L’ultima volta ad estrarre il coniglio dal cilindro sono stati Cappellacci e Berlusconi. Il coniglio era Putin. Dunque, cosa accade in questo gioco? Che i lavoratori rimbalzano tra governo e Regione, utilizzati come pedine in un gioco tutto fatto sulla loro pelle. I sindacati, dal loro canto, non fanno altro che proporre le stesse ricette («Più industria», ha detto il nuovo segretario della Cgil Michele Carrus in un recente convegno di Legambiente), le quali trovano d’accordo anche gli imprenditori e gli stessi politici, che a quel punto tirano fuori il coniglio dal cilindro, in tempo perché gli elettori si ricordino dei salvatori della patria in occasione delle elezioni.
Così tutto si mantiene grazie a un equilibrio di cui fanno le spese i sardi, i lavoratori in primis. E proprio perché tutto si mantiene, in qualche modo, non c’è nemmeno bisogno degli interventi strutturali di cui l’economia sarda necessiterebbe. Così sono davvero tutti contenti: cosa c’è di più redditizio di una terra interamente asservita, all’industria e allo Stato?
Come dire, un gioco pericoloso, ma assolutamente collaudato.
Le dichiarazioni dell’ultima ora rilasciate dal consigliere del Pdl Pietro Pittalis, che indirizza il malcontento verso il governo – «È il governo che deve pagare» – sono del tutto funzionali allo svolgimento del dramma sardo di cui i politici parlano, sì, senza però mai intervenire in modo strutturale.
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