No alla riduzione del numero delle rappresentanze nel Governo dei Sardi
Consiglio regionale
seduta del 20/09/2011
Sardigna No est Italia
Ribadiamo il “NO” Indipendentista alla riduzione del numero dei consiglieri regionali e il “SI” al taglio dei costi della politica.
Consiglio Regionale 20 settembre 2011
Testo unificato N. 1-7/Naz/A (proposta n. 1/Naz del CS e porposta n. 7/Naz del CD)
Modifica dell’art. 16 della legge costituzione 26 febbraio 1948, n: 3 (Statuto speciale per la Sardegna) concernente la composizione del Consiglio regionale
Tracce del mio intervento
Visto che discutiamo di “Costi della Politica”, chiedo alla I° Commissione (al presidente Pittalis e ai consiglieri di CD e di CS che ne fanno parte) quali criteri democratici abbiano adottato per non prendere in considerazione ed escludere la mia proposta di Legge sull’abbattimento concreto dei costi di tutta la “macchina regionale” (partendo dagli emolumenti di noi consiglieri). Con ciò avete privilegiato esclusivamente due proposte di Legge (del CD e del CS), animate dallo stesso spirito, …quelle che avete sintetizzato nel Testo Unico oggi al centro del dibattito.
Un testo unico che palesemente e in modo demagogico tende a ingannare i sardi contrabbandando come “tagli ai costi della politica”, un tentativo violento di “tagliare la democrazia” eliminando le diversità con un taglio numerico.
Su questa faccenda, chiedo che mi sia data una risposta esaustiva, oggi, in Aula.
Lo spirito che sta alla base del “Testo Unico” che la Commissione unitariamente ha partorito è simile a quello della Legge appena discussa in Aula: quella sui campi da golf. Una Legge che viola il PPR, tentando in modo subdolo di sostituirlo, per meglio permettere la cementificazione delle coste.
Di fatto con la proposta di legge (bi-partisan), sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali, si cementifica e si seppellisce la democrazia e la stessa storia politica sarda, così diversa ed originale rispetto a quella italiana. Il tutto in nome dell’efficienza del Consiglio Regionale e della partecipazione attiva dei consiglieri stessi, come se il numero ridotto dei consiglieri fosse garanzia della produttività e della partecipazione popolare delle minoranze nelle nostre istituzioni.
Da quando in qua la produttività e l’efficienza è una questione numerica?
Da quando in qua il numero ridotto dei consiglieri garantisce la pluralità delle rappresentanze e con essa tutti i territori della Nazione sarda?
Oppure qualcuno pensa davvero che con qualche emendamento concordato bi-partisan si possa cambiare lo spirito di una Legge, partorita dalla commissione che ha come scopo dichiarato l’allineamento con le direttive italiane e l’eliminazione della democrazia e della specificità sarda, e se così fosse perché in Commissione non si è provveduto a stilare un altro testo che categoricamente non recepisse i diktat italiani contenuti nell’ultima finanziaria di Berlusconi e Calderoli?
Certamente, oggi, soprattutto in questo Consiglio, è molto difficile essere uomini liberi e difendere strenuamente la libertà di partecipazione e gli interessi economici, politici e culturali della propria Nazione. E’ molto più semplice essere esecutori di ordini italiani di qualsiasi colore per poi poter usufruire di qualche beneficio che lo Stato italiano e il colonialismo della globalizzazione mondiale, bontà sua, concede di volta in volta… ai “bravi”.
Questa Legge non è un semplice errore politico da parte dei consiglieri distratti della Commissione, ma è un freddo e deliberato attacco, alla specificità sarda e ai diritti di rappresentanza delle minoranze politiche e dei territori, un attacco voluto da Berlusconi e dal suo CD per ingannare gli italiani e i sardi, per far pagare la crisi alla maggioranza del popolo salvaguardando gli interessi economici dell’elite finanziaria e della “casta politica”. Insomma, “far finta di cambiare tutto per non cambiare niente” e mantenere i privilegi della classe politica, imponendo demagogicamente, tagli e riduzioni senza nessun progetto logico, organico e rispettoso delle diversità culturali e territoriali (vedi tagli, riduzione dei comuni e accorpamenti).
Questo spirito è perfettamente in linea con la volontà di semplificare le diversità sociali, economiche e culturali dell’Italia e della Sardegna con il bipolarismo e il bipartitismo perfetto.
Mi rincresce che la Commissione abbia sposato in modo ossequioso la filosofia scellerata di Berlusconi e soci. Sicuramente questo non le fa onore, anzi ne fa uno strumento di oppressione del popolo sardo di cui noi tutti facciamo parte. E non si parli in questo caso di “mancanza di esercizio di Sovranità” da parte del Consiglio, ma il vero nome è “accettazione dell’esercizio di sudditanza” verso il governo coloniale italiano, naturalmente in cambio di prebende, nella migliore tradizione della borghesia compra dora, complice della rapina delle risorse e della libertà della Nazione Sarda.
La coscienza sporca della “classe politica sarda” che in 60 anni non solo non ha saputo dare risposte alle esigenze di libertà e benessere economico del popolo sardo, ma ha venduto i beni comuni delle nostre collettività di certo non si lava scaricando le responsabilità sullo Statuto Speciale per la Sardegna, incolpato di aver previsto per i sardi, un adeguato numero di rappresentanze democratiche che nascono dalle diversità politiche che i sardi hanno sempre espresso nella nostra storia, nettamente differente da quella italiana.
La questione Politica delle rappresentanze dei cittadini e delle diversità culturali e politiche della Sardegna, omologata alle regioni italiane, viene affrontata solo come una “Questione Demografica”, per cui come già fece l’on.le Pili in altri tempi, si paragona la Sardegna alla Lombardia, come se avessero le stesse caratteristiche economiche, politiche e culturale.
Questi bravi partiti che si nutrono di “italianismo contagioso” anche in quest’Aula, hanno scoperto che gran colpe del disastro economico, sociale e politico in Sardegna, fino ad oggi, sarebbe figlio dell’eccesso di democrazia strappata dai sardi nel 48 (leggi Statuto Speciale-RAS).
Già! Ancora una volta, se oggi in Sardegna si muore di fame più di prima, la colpa è del numero dei consiglieri regionali e non della loro produttività, e non dei privilegi economici di noi consiglieri e di tutta la macchina amministrativa regionale, colma di sprechi e di sperequazioni di risorse economiche e umane.
Naturalmente non si parla mai di “drastica riduzione degli emolumenti” e questo la dice lunga; anche Calderoli dice le stesse cose e all’interno della c.d. Riforma Federale Italiana, per ora solo fiscale e da tutti criticata, propone l’abolizione delle Specificità Regionali, quindi della Sardegna con il suo ordinamento di Regione Autonoma, negando con ciò la nostra storia e la nostra diversità culturale, politica ed economica.
Ribadisco che gli estensori di questo testo unificato, sposando totalmente la politica di eliminazione delle regioni a Statuto speciale, portata avanti da Calderoli, eliminano la specialità sarda e il suo Statuto, cercando in modo maldestro di livellare ed equiparare la realtà politica sarda (che come tutti ben sappiamo) è nettamente diversa per storia, per cultura e identità dall’Italia.
Per dirla tutta, come molti di voi in termini diversi hanno espresso nei dibattiti sulla Sovranità il concetto: “la Sardegna ha una sua identità culturale e nazionale”, che ha permesso a molti di voi di parlare di Autonomia Avanzata, di Sovranità e di Indipendenza, peraltro, cosa che io condivido e che sintetizzo con lo slogan “Sardigna no est Italia”.Vi chiedo come mai oggi, dopo il lungo e appassionato dibattito sulle grandi Riforme Istituzionali e sui temi della Sovranità e dell’Indipendenza, ora, in nome di un allineamento ai diktat italiani, rinnegate tutto e in modo subdolo con questa legge volete eliminare le differenze politiche e quindi il diritto di rappresentanza delle diversità della Sardegna all’intero della sua massima istituzione.
Le diversità sarde, le volete talmente eliminare e ridurre attraverso la legge elettorale italiana in corso, tanto da aver discusso e deciso prima la “Legge elettorale Sarda”, che ribadisco, è nostro dovere istituzionale prioritario, varare per garantire i diritti e la specificità sarda.
Ci vuole il coraggio di questa classe politica sardo-italiana, per firmare un’operazione indegna che con la riduzione numerica da 80 a 60 o a 50, “taglia la democrazia”. Il tutto bontà vostra con la “…mira ad accrescere l’autorevolezza dell’organo legislativo regionale e paradossalmente per garantire la piena rappresentanza di tutti i territori”… così ho letto nelle vostre proposte.
Insomma, come viene detto nella proposta del CD la riduzione delle rappresentanze popolari, paradossalmente, “garantirebbero un rapporto più stretto fra cittadini e istituzioni”, concetti accolti ed espressi in termini diversi, anche dalla proposta di CS e sintetizzati dalla Commissione che per evitare incidenti istituzionali legislativi, modifica semplicemente l’Art. 16 della Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n° 3 (Statuto Speciale per la Sardegna) sostituendo al numero 80 la parola 50.
Ancora una volta, costruiamo le case partendo dal tetto, pre-organizzando catastrofi e crolli. E’ chiaro che con il pretesto della “riduzione dei costi della politica” che vanno ridotti realmente con i “tagli dei privilegi”, si vuol distogliere l’attenzione dalla pesantissima crisi economica che attanaglia la Sardegna e l’Italia, creando demagogicamente confusione nell’individuazione dei responsabili, disorientamento nei cittadini in modo da far ricadere su essi stessi i costi del dissesto economico.
Ribadisco che questa proposta di legge è fatta in totale mancanza di una “Legge Elettorale Sarda”, alla faccia della nostra Autonomia (e questo la dice lunga sulla qualità della nostra politica) e non entra assolutamente in merito ai privilegi che la classe politica di cui anch’io faccio parte, ha rispetto ai cittadini. Non neppure in merito ai “tagli dei costi reali della politica” sposando con ciò la stessa filosofia di riduzioni demagogiche che il governo Berlusconi propone a cui il CS di Bersani si accoda timidamente non avendo nessuna nuova e reale proposta di cambiamento radicale della società.
Vi chiedo in base a che cosa si rappresentano i territori senza una “Legge elettorale Sarda” che gestisca territori, cittadini e diversità?
Questa unità d’intenti fra il CD e il CS e anche di altre formazioni centriste nel voler scientificamente consegnare la Sardegna all’omologazione italiana negando ferocemente i più elementari momenti di partecipazione democratica alle formazioni minori e identitarie ci dice quanto sui temi della Democrazia e Partecipazione popolare queste formazioni che puntano al “bipolarismo perfetto” non abbiano nessun reale rispetto delle diversità politiche che la Sardegna anche oggi manifesta.
Chi pensa che con questa proposta possa avvantaggiare la propria formazione politica non fa i conti con l’ingordigia di un bipolarismo che punta a tappe forzate al “bipartitismo perfetto”, creando una dittatura delle c.d. maggioranze di CD e CS sicuramente quest’azione politica sarà tema di riflessione per tutto il mondo realmente e genuinamente indipendentista, progressista e identitario.
Il Consiglio regionale per ruolo statutario deve urgentemente varare una Legge Elettorale Sarda (a tutt’oggi inesistente) che riconoscendo le peculiarità sarde tuteli e garantisca l’espressione di tutte le diversità a costi equi e sopportabili dai sardi e che non si dica più che lo Stato italiano non ce lo permette.
Claudia Zuncheddu
Consigliera regionale Indipendentistas
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