Consiglio Regionale del 23/09/10
Prosegue dibattito su
Nazione-Sovranità-Indipendenza
Tracce d’intervento
Ringrazio la Presidente del Consiglio e l’ass. Corona, per aver assolto alle proprie funzioni, garantendo per tutto il tempo, al contrario del resto della Giunta, la propria presenza allo svolgimento dei lavori in quest’Assemblea.
Può sembrare un’anomalia questo ringraziamento, ma purtroppo ci hanno abituato a questa “strana normalità”, visto che il Governo dei Sardi è “amputato”, e non da oggi, della sua Giunta e dello stesso Presidente Cappellacci. Un Presidente “assente”, o quando c’è, è “evanescente”, per cui come ha sottolineato il collega Capelli, anch’io pongo il problema della credibilità di quest’Assemblea Straordinaria, che per la levatura dei temi in corso di discussione, dovrebbe firmare una pagina importante della storia sarda.
Nel corso del dibattito svolto in questi due giorni e dall’esposizione delle mozioni presentate dalle diverse rappresentanze politiche in questo Parlamento, emerge un dato importante che accomuna, tutte le nostre diversità ideologiche e politiche, e cioè la consapevolezza che esiste il Popolo Sardo con la sua identità, la sua lingua, la sua storia, la sua cultura e la Piattaforma Continentale che delimita i confini territoriali della Sardegna.
Preso atto, concretamente, che non si può prescindere dal diritto all’Autodeterminazione del nostro popolo nella scelta della propria strada politica, giuridica e istituzionale, possiamo ribadire in modo unitario, che la “Sardegna è una Nazione” e che il suo Popolo rivendica la propria Sovranità, l’Autogoverno e l’Autodeterminazione: diritto sancito anche dalle Nazioni Unite e dalla Comunità Europea, attraverso processi democratici e di partecipazione condivisa.
In un momento drammatico di “genocidio economico e culturale” per il popolo sardo, con la negazione del diritto ad esistere; di fronte alla crisi che investe tutti i settori economici, sociali e culturali, la svendita del patrimonio ambientale, l’imposizione delle “servitù militari”, la minaccia di nuove “servitù nucleari” su cui nessuno di noi può distrarsi; la negazione del diritto allo studio, l’”infelice” modello di sviluppo industriale che ha seminato povertà, desertificazione e malattie, la “classe politica sarda”, di fronte alle responsabilità che le sono proprie, per il fallimento e la cattiva gestione della “stagione dell’Autonomia” (che noi Rossomori riteniamo superata), oggi è chiamata all’apertura di una nuova “pagina istituzionale” che deve vedere la partecipazione attiva del Popolo Sardo, alla sua scrittura e alla sua determinazione con modi da definire e tempi reali, che siano veloci e certi.
Questa riscrittura, per essere veramente condivisa e partecipata, deve andare oltre la routine del Consiglio Regionale, spesso distratto, strabico e in certi casi inadeguato.
Il metodo di una “Assemblea Popolare Costituente” nel caso della riscrizione dello Statuto, potrebbe essere uno strumento condiviso se ampiamente rappresentativo dei territori, dei saperi e delle “differenze storico-culturali” del nostro popolo, e non un ennesimo momento di lottizzazione partitica e politica.
Questo dibattito politico-istituzionale, di “ridefinizione dello Statuto” e dei “rapporti fra noi e lo Stato Italiano” non può e non deve prescindere dal riconoscimento di un nuovo soggetto giuridico: la “Nazione Sarda”. Se così non fosse, dobbiamo chiederci: di quale “stagione di Sovranità” stiamo parlando.
Questo “status” non può essere solamente definito fra la RAS e lo Stato italiano, in quanto rischieremo di impantanarci nelle “sabbie mobili” della cosiddetta Riforma Federale, Riforma che in realtà di “federale” non ha niente, ma prospetta sin dalle prime avvisaglie, vedi “Federalismo Fiscale”, una nuova forma di “Statalismo di stampo Nordista”, che ambisce a concentrare sempre di più ricchezze nel Settentrione d’Italia, impoverendo, penalizzando e discriminando il Meridione e la Sardegna.
Bisogna superare la politica unilaterale delle “concessioni” e per far ciò dobbiamo coraggiosamente metterci in relazione anche con la Comunità Europea e trovare soluzioni e nuove forme alle nostre esigenze di Sovranità anche istituzionalmente e giuridicamente con essa.
Questo certamente è un percorso nuovo e difficile, ma che non possiamo non praticare.
Se c’è la nostra volontà unitaria, come Governo dei Sardi, se sappiamo suscitare “partecipazione popolare” e “condivisione democratica” su queste scelte all’interno della Nazione Sarda, è possibile l’apertura di una nuova stagione di Sovranità e (per quanto riguarda, la mia formazione politica: Rossomori), la rottura della dipendenza con la costruzione di un nuovo percorso di prosperità, di libertà e di Indipendenza per la Sardegna.
Su questi temi, con la chiarezza dovuta, i Rossomori sono a disposizione di quest’Assemblea per trovare le migliori condizioni giuridiche nel rapporto con l’Italia e con l’Europa, per la realizzazione del diritto inalienabile dei sardi all’Autodeterminazione e all’Indipendenza.
Con preoccupazione, nel corso del dibattito sono emerse addirittura “censure” su terminologie come Sovranità e Indipendenza, definite in antagonismo con la Costituzione Italiana : dichiarazioni del consigliere Locci. Tutto ciò in una fase storica in cui il mondo punta gli occhi sui sempre più grandi e diffusi fermenti indipendentisti in tutta Europa.
Così come ho colto, che ancora oggi, si crea confusione e spero non volutamente, fra “separatismo” e “indipendentismo”. Può essere la confusione creata da chi ha “privilegi da difendere” o “responsabilità da nascondere”.
Ripeto che alla base dell’”Indipendentismo moderno” c’è il pensiero di Simon Mossa, grande internazionalista-indipendentista che sostiene:
“…Noi vogliamo conquistare l’Indipendenza per integrarci, non per separarci, nel mondo moderno”.
A parte l’effetto della “demonizzazione storica del termine”, ho la certezza che l’Indipendentismo sia un sentimento diffuso dentro e fuori di quest’Aula, più di quanto non si pensi.
Il Popolo Sardo e la Nazione Sarda intendono prendere in mano il proprio futuro e assumersi le proprie responsabilità di fronte al contesto internazionale.
Claudia Zuncheddu
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