La memoria storica imprigionata nel legno
L’INTERVENTO
“ Col legno hanno imprigionato la memoria della nostra città”
La Nuova Sardegna – Giovedì 20 Aprile 2000
di Claudia Zuncheddu
Il gioco di discese e salite della nostra città costruita sui colli mi ricorda tanto Lisbona, ma il rivisitare Cagliari tutti i giorni sotto le luci dell’alba offre sempre un’emozione nuova, come se questa città, in simbiosi con gli umori del tempo, si ammantasse di luci e colori diversi.
Cagliari è Cagliari, irripetibile per la sua quiete e per il suo rinascere due volte al giorno; sotto le luci che si accendono sul Molentargius, e sotto i colori dei tramonti che calano su Santa Gilla. Cagliari è la città più bella del Mediterraneo.
La nostra città è una palestra a cielo aperto: la spiaggia del Poetto, la bella Sant’Elia (anche se per certi offesa da una sorte poco ingenerosa…
Medau su Cramu…Ogni giorno percorro, sotto la mia palestra naturale, il gioco di discese e di salite che ad anello partono da Buoncammino e attraverso il viale Fra Ignazio, l’Orto Botanico, la Villa di Tigellio, l’Anfiteatro Romano di straordinaria bellezza, uno dei pochi del Mediterraneo ad essere scavato completamente nella roccia, dove i gradini, i camminamenti, la platea fanno parte integrante dell’anfiteatro naturale di roccia bianca sensibile ai mutamenti dei colori del cielo.
Seppur depredato, questo monumento, è la memoria storica della nostra gente, del nostro passato, del dominio romano, dell’evolversi della nostra storia e tutto ciò nella nudità della roccia.
Il nudo del nostro anfiteatro per essere bello non ha bisogno di essere vestito, o se vestito ci deve essere, che sia almeno trasparente.
In queste mie riflessioni è come se rifiutassi di vederlo offeso e trasformato: rivestito, ingessato, asfissiato, da una struttura di legno che nasconde e che sicuramente danneggia l’entità architettonica dello stesso manufatto in pietra, svilito della sua storia, rubato nell’immaginario collettivo dei sardi e nascosto allo sguardo curioso del viaggiatore o del semplice turista intelligente.
Perché questa trasformazione? Forse per nuove funzioni? Forse per la grandezza? Forse per dare vita ai sassi? Ma i monumenti per poter vivere e per non essere solo un reperto museale seppur di gran prestigio, devono assurgere a nuova vita usandoli per esempio, allo stesso modo di cui furono costruiti 2000 anni fa:luogo circense di ritrovo, ludico e di socializzazione. L’orribile e sgraziato vestito di legno per il nostro anfiteatro, è il simbolo emblematico più significativo dell’insensibilità e dell’ignoranza di chi l’ha voluto.
Cagliari è una città saggia, equilibrata, la cui vocazione per “il bel vivere” negli spazi esterni si vede nel carattere estroverso dei cagliaritani, quelli che sin troppo non serbano rancori per la terribile e disordinata crescita della città, così come per i suoi ascensori elevati a sfregio del suo centro medievale. Perché fare dell’Anfiteatro un “monumento” all’effimero, consono a una società fatta di cartapesta che si scioglie alle prime piogge.
Siamo anche pessimi imitatori di una società che di “fiction”se ne intende, ma per avere il nostro Anfiteatro, magari nel centro di New York, pagherebbe.
Oggi, dopo sette anni, l’anfiteatro Romano di Cagliari, monumento di grande bellezza, è ancora imprigionato nel legno. Significative le parole del Professor Lilliu, in un’intervista per il quotidiano La Nuova Sardegna, sui monumenti della città cagliaritana…”…Non so se la sensibilità per le cose della storia sia davvero cresciuta, a guardare l’anfiteatro sembrerebbe di no… quel legno sulla pietra è stata una bestemmia…”
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