Intervento in Consiglio Regionale 23/04/09
Seduta Consiglio Regionale e Consiglio Autonomie LocaliEx Art. 10 L.R. n° 1/2005 su Stato Sistema Autonomie Locali23 Aprile 2009 h. 16.00Teatro Garau Via Parapiglia 14 – Oristano Sullo stato del “Sistema delle Autonomie in Sardegna”Saludi a su Guvernu de sa Sardigna, a totus is rapresentantis de su Populu Sardu e a sa terra pretziosa de Eleonora Intervengo a nome del gruppo consiliare “Comunista-La Sinistra Sarda-Rossomori” Il fatto che il Consiglio Regionale, che dovrebbe essere il Parlamento del popolo sardo, oggi si riunisca a Oristano, lo interpreto come un forte segnale teso a portare avanti una stagione di Autonomia Partecipata che in 60 anni ben poche volte si è vista. Infatti, nei 60 anni di Autonomia purtroppo la Regione Sardegna, è stata spesso accentratrice e matrigna rispetto alle Autonomie Locali riproducendo forme di “statalismo italiano”.Oggi, trasferendoci da CA a OR non facciamo niente di nuovo. Questa sede non può che rievocare Eleonora d’Arborea, la quale spostava la sua residenza, intesa come “capitale”, da Oristano alle località limitrofe del territorio: un metodo itinerante efficace che garantiva il massimo contatto con le realtà del popolo che amministrava. Se prendiamo esempio dal Giudicato di Eleonora, sicuramente non sbaglieremo, visto che quel regno è stato l’ultimo baluardo di indipendenza dei sardi sconfitti 600 anni fa dagli Aragonesi: l’allora “nascente potenza globale” nel Mediterraneo.Parlare dello stato dell’arte quindi dello “stato del sistema delle Autonomie in Sardegna”, non può esimerci dalla sua attualizzazione nel contesto del nuovo millennio e più specificatamente in una Italia in cui, al di fuori dei proclami più o meno demagogici ed elettoralistici, la tendenza è ad un nuovo “centralismo autoritario” qualsiasi possa essere o diventare la sua forma statuale. Personalmente ritengo che il “sistema napoleonico” della suddivisione del territorio in provincie sia sorpassato o comunque inadeguato alla risoluzione dei problemi globali del territorio vasto e delle sue articolazioni in questo scorcio del nuovo millennio. Il “sistema provincia” andrebbe rivisitato in rapporto alle reali esigenze e alle aspettative di autogoverno delle autonomie. Probabilmente il loro numero è eccessivo e non consono alle reali esigenze dei territori.Bisognerebbe ripensare a “nuove forme di aggregazione istituzionale”, a forme di “autogoverno partecipato democraticamente” che esaltino il ruolo dei Comuni e delle aggregazioni intercomunali a partire dalle esigenze e dalle aspettative delle popolazioni, dei territori e delle loro vocazioni economiche. Vista la grande importanza dell’argomento che trattiamo in questa seduta, non possiamo ignorare il grave attacco portato avanti in questi giorni dal governo italiano Centro Destra contro le Autonomie e in particolar modo contro quelle delle Regioni a Statuto Speciale.L’on Brunetta, ministro autorevole del governo di CD presieduto dall’on Berlusconi, ha espresso alla stampa la sua volontà di “abolizione delle Regioni a Statuto Speciale”, con affrettate e superficiali motivazioni economiche, riducendo con ciò il concetto di “Autonomia Speciale” ad una semplice “partita di giro” di un conto economico.Con queste pericolose “esternazioni” si vuole di fatto privare dell’istituto dell’Autonomia la Sardegna, il Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Sicilia. Con ciò negando a queste Regioni e ai loro popoli il diritto (acquisito purtroppo drammaticamente) ad una propria specificità e diversità storico-culturale. Diversità sancite dalla Costituzione Italiana nata dai valori di Libertà, Resistenza e Antifascismo: “fatto storico” che dobbiamo ben ricordare, visto che fra due giorni sarà il 25 Aprile. Le dichiarazioni del ministro Brunetta ci preoccupano perché sono frutto di un atteggiamento politico proprio di una cultura “Statalista Autoritaria”, che si ammanta a parole di “liberismo” limitando di fatto la libera concorrenza e costruendo in settori dell’economia situazioni di privilegio e di controllo monopolistico.E’ questa la cultura propria del “pensiero berlusconiano” che, guarda caso, rispecchia a “piene mani” quei modelli politico culturali che stanno alla base di sistemi degli stati autoritari, reazionari e fascisti che tendono di fatto ad escludere dalla partecipazione democratica la stragrande maggioranza della popolazione. …Intanto lui pensa a tutto…Ci chiediamo con preoccupazione “che senso abbia che ognuno di noi, in questo contesto, esprima il proprio voto in maniera libera e autonoma – Basta che votino i capigruppo!!!”.Certo è che con questi presupposti istituzionali la “stagione delle Autonomie Locali” rischia di essere stravolta, fortemente ridimensionata e tenuta in vita solo formalmente. L’Autonomia Sarda pur con tutti i suoi limiti rischia di essere il principale bersaglio di quest’attacco. Di questo progetto, di fatto “negazionista delle autonomie” e basato solo su privilegi economici-fiscali ne fa parte un certo “Federalismo di maniera”, quello interpretato dalla Lega, formazione politica che nasce da reali esigenze del territorio ma che si sta sempre più spostando su posizioni conservatrici, xenofobe e nazionaliste.Questo federalismo è in gran parte estraneo alla tradizione solidale del “Pensiero Federale del Cattaneo”, a cui queste formazioni dicono di ispirarsi. Ma purtroppo il “Pensatore” è stato sacrificato sull’altare del costituente “Stato Centrale Italiano” come naturale evoluzione dello Stato Sabaudo e spesso “colpevolmente” dimenticato dal pensiero sociale progressista, anch’esso influenzato dal “mito nazionalista dell’unità d’Italia”. Il pensiero federale del Cattaneo si basa sul rispetto delle diversità, delle autonomie e della solidarietà che fra esse si generano per la soluzione dei problemi sociali ed economici del proprio popolo, e per la creazione di sistemi giuridici di rappresentanze rispettosi delle diversità culturali, sociali ed economiche. Il “Pensiero Federale Solidale” fortemente laico, repubblicano ed egualitario, non può essere ridotto ad un fatto puramente fiscale di cui fra l’altro non conosciamo neanche il costo reale per il contribuente e i sistemi di riequilibrio del divario dello sviluppo economico dei territori.Nella storia, nella cultura e nella prassi delle collettività sarde gli esempi di autogoverno e di solidarietà non mancano. E’ da questa storia che noi dobbiamo partire. Purtroppo per noi Sardi le ragioni storico-politiche che stanno alla base del nostro Statuto Speciale di Autonomia, continuano a persistere.RIBADISCO che la nostra Autonomia è stata spesso disattesa e colpevolmente inattuata dalla classe politica, facendo si che la stessa Regione Sardegna diventasse matrigna e limitativa delle autonomie locali in un quadro di sviluppo democratico condiviso, partecipato e programmato nella pluralità delle esigenze dei territori.La programmazione e la condivisione devono andare di pari passo come garanzia di controllo e di equilibrio di egoismi economici particolari e individuali. Non possiamo in questa assise, biasimare le dichiarazioni del ministro Brunetta, che sono lesive al Diritto di Autonomia della Regione Sardegna, delle sue Istituzioni in tutte le sue articolazioni, nonché al Diritto del Popolo Sardo alla costruzione di un processo di autonomia, autodeterminazione, sovranità e indipendenza. Lo stesso richiamo fatto da Napolitano in questi giorni sulla trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie, cosa auspicata dai costituenti del ‘48, è un serio momento di riflessione su una strada da perseguire.Claudia ZunchedduConsigliera Regionale Rossomori
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