Il Silenzio della Latitanza Istituzionale sul Rapimento di Rossella
Per i familiari di Rossella Urru e per tutti i sardi, il 2012 non è esordito come speravamo con la liberazione. Tutto tace. Sull’avvenimento, è comparso un articolo dello scrittore Marcello Fois, da cui emergeva il fatto che “il silenzio deve finire… quell’assunzione di responsabilità che troppo spesso per povertà non solo economica, abbiamo delegato ad altri, aspettandoci che sia qualcun altro, magari il nostro vicino a parlare per noi”. Questa è l’immagine fedele della situazione di stallo che prevale nelle alte sfere della politica sarda sulla vicenda: un imbarazzante silenzio motivato dalla giusta discrezione dovuta alle trattative internazionali per la liberazione degli ostaggi, che però può diventare un rischioso alibi.
L’assunzione di responsabilità è un atto dovuto ai sardi, da parte di chi ha ricevuto il mandato a rappresentare e risolvere, gli interessi, i bisogni, le criticità che affliggono il nostro popolo. La latitanza non è ammessa e ancor meno le più alte istituzioni sarde possono “…delegare il nostro vicino a parlare per noi”. Da parte della RAS e del presidente Cappellacci, su quest’”affaire” del rapimento traspare un inquietate immobilismo con la totale dipendenza dalla Farnesina, di cui nessuna istituzione sarda, con il riserbo dovuto, sa dell’operato e delle iniziative. La vita di un sardo non ha minor valore di quella di un italiano, anche se un’altra donna italiana è stata rapita in Algeria da presunti aderenti di Al Qaeda per il Maghreb Islamico.
A oggi, sul caso di Rossella la RAS non ha intrapreso nessun tipo di iniziativa autonoma e ancor meno il presidente si è distinto per atti che lo mettessero al centro della stampa per il suo interessamento alla liberazione degli ostaggi. Gli scenari di guerra afgani, che vedono impegnata in combattimento la Brigata Sassari, hanno un risalto mediatico che va ben oltre “il saluto a connazionali all’estero” impegnati in “certificate missioni di pace”. Questa campagna mediatica è funzionale a far dimenticare ai sardi le promesse non mantenute del nostro presidente sulla soluzione del disagio economico e sociale a cui si è costretti, dalla rapina Equitalia, al dramma dei pastori, al precariato, alla disoccupazione che opprime tutti, alla deindustrializzazione, alla desertificazione dei territori e alla ripresa dell’emigrazione, per concludere con il gravissimo degrado morale che attanaglia trasversalmente la politica e le istituzioni.
Un presidente, che ha a cuore gli interessi dei propri cittadini, “non avrebbe delegato il proprio vicino…”, senza neppure sapere se la delega è onorata. La Sardegna è al centro del Mediterraneo, ma è priva di collegamento marittimo con i porti del Maghreb, sacrificando i nostri interessi economici e culturali. Cappellacci con un aereo, a nostre spese, avrebbe dovuto prodigarsi fra Algeri, Rabat, Bamako per perorare la causa dei rapiti e onorare il proprio ruolo di presidente dei sardi. Per le nostre istituzioni la delega incondizionata all’Italia per la risoluzione dei nostri problemi purtroppo è diventata la norma, tale da essere una condanna, con costi elevatissimi e a cui non intendono sottrarsi.
Gli unici rapporti internazionali di cui ci si vanta, oltre quelli degli scenari di guerra, che vedono impegnati i nostri giovani ad alto rischio, sono quelli degli affari contrabbandati come nuove opportunità di progresso e di occupazione per i sardi, di cui il gasdotto Galsi, che dovrebbe portare il gas algerino in Europa e di cui la RAS è partner, ne è il più fulgido esempio. Per la servitù di passaggio i costi per noi saranno altissimi e senza benefici.
Mentre la solidarietà con i rapiti è internazionale, la massima istituzione sarda, non si è espressa sul dramma di Rossella. Non è più tempo di silenzi, di deleghe in bianco e di latitanza.
Claudia Zuncheddu
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