Il Presidente Cappellacci risponde sulla “Territorialità della Pena”
CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
Risposta scrittadel Presidente della Regione all’interrogazione Zuncheddu- Uras – Sechi – Zedda Massimo sul rispetto della legge n. 354 del 1975 e del protocollo d’intesa del 7 febbraio 2006 sottoscritto tra la Regione autonoma della Sardegna ed il Ministero di grazia e giustizia in materia di trasferimento dei detenuti sardi dalla Penisola alla Sardegna.
La funzione rieducativa nei confronti dei condannati a pene detentive è prevista dall’art. 27, comma 3, della Cost. ed è uno dei principi fondamentali dell’ordinamento penitenziario nazionale previsto dalla legge 26 luglio 1975, n. 354. Le competenze sull’organizzazione e l’amministrazione penitenziaria e sul rispetto delle condizioni che garantiscano una reale funzione rieducativa del carcere, anche attraverso l’applicazione delle norme della citata legge n. 354/75 – di cui l’interrogazione in oggetto lamenta il mancato rispetto – fanno capo evidentemente in termini esclusivi allo Stato, in particolare al Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Problemi purtroppo cronici e ricorrenti delle carceri italiane, quali quelli relativi a locali angusti, sovraffollamento, carenza di personale, detenuti in difficili condizioni di salute, spesso tossicodipendenti, rappresentano una situazione comune alla totalità degli istituti penitenziari nazionali, tra i quali quelli sardi non sono tra l’altro tra quelli che presentano le maggiori criticità. Si rileva altresì che anche su questi aspetti organizzativi e gestionali degli istituti non c’è alcuna competenza della Regione, né quindi è possibile un intervento da parte dell’Amministrazione regionale, se non in termini di confronto e di stimolo verso i competenti organi statali.L’Amministrazione regionale non ignora la condizione difficile in cui versano le carceri isolane e le difficoltà dei detenuti che ivi scontano pene detentive. Ugualmente sono ben presenti i problemi legati alla condizione dei sardi che scontano pene detentive fuori dall’isola, lontani dalla loro terra e dalle loro famiglie.Per questo più volte è stato ribadito l’impegno della Regione nei confronti del Governo nazionale e in particolare del Ministro della Giustizia perché si possano trovare adeguate soluzioni a queste criticità.
In quest’ottica di collaborazione interistituzionale è stato siglato il Protocollo di Intesa tra il Ministro della Giustizia e la Regione Autonoma della Sardegna del 7 febbraio 2006. Tale protocollo ha già avuto una sua prima attuazione nell’ambito del trasferimento della sanità penitenziaria all’interno del sistema sanitario regionale. Per quanto riguarda invece la problematica relativa ai detenuti sardi che scontano la pena in istituti penitenziari fuori dalla Sardegna, di cui l’interrogazione in esame lamenta la mancata applicazione, si fa presente che il Protocollo di Intesa citato, alla voce “Territorializzazione della pena” prevede un impegno del Ministero della Giustizia – e non della Regione Sardegna che non ha competenze dirette nella gestione della situazione carceraria – a destinare e favorire il rientro dei detenuti sardi in istituti dell’isola. Si fa presente come non si tratti propriamente di un obbligo imperativo la cui mancata esecuzione possa essere sanzionata, sebbene rappresenti comunque un impegno serio e concreto in questo senso che deve tuttavia fare inevitabilmente i conti con la concretezza e le esigenze contingenti dell’amministrazione e gestione penitenziaria. Proprio per questo, testualmente l’articolato del Protocollo prevede questo impegno in capo allo Stato “per quanto possibile”. Al fine tuttavia di intervenire in termini sostanziali per un miglioramento della situazione penitenziaria dell’isola, anche attraverso il costante impegno della Regione in questo senso con i competenti organi del Ministero della Giustizia, sono in fase di realizzazione avanzata i nuovi e moderni istituti penitenziari di Cagliari, Sassari e Tempio Pausania che permetteranno di avere condizioni di gran lunga migliori della attuali, con una maggiore capacità di accoglienza di detenuti in condizioni adeguate. Si determineranno quindi le condizioni di fatto necessarie per rendere concretamente possibile l’applicazione del protocollo anche per quanto riguarda il rientro in Sardegna dei detenuti che scontano la pena fuori dall’isola.
Ugo Cappellacci
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