Il diritto di morire con dignità
I malati di Sla, attraverso le loro lotte ripropongono a tutta la società una riflessione sulla malattia come fonte di discriminazione e di negazione di diritti inalienabili dell’uomo.
La lettera di Walter Piludu, malato di Sla, indirizzata alla Politica, alla Chiesa e implicitamente a tutti, pone il problema «al tempo stesso personale e generale del fine vita», del diritto di decidere liberamente il momento in cui morire con dignità e serenità senza sofferenze. Il tema etico del diritto all’autodeterminazione, contemplato nella Carta Universale dei diritti dell’uomo, si contrappone alla legislazione italiana che omologa il diritto del malato terminale di decidere il momento in cui morire, al reato di omicidio.
Una legge che garantisca la libertà e la dignità al cittadino, dall’inizio alla fine della sua esistenza, non può che essere una legge di civiltà e di rispetto reale per la vita, ancor più quando l’uomo chiede volontariamente di poter morire con minor sofferenza e senza perdere la dignità umana.
Ma in un mondo dominato dal profitto e dai paradossi, ineguale, bigotto e bacchettone, uccide l’arretratezza della legislazione, uccide ancor più l’ipocrisia di un sistema che gioca a difendere la vita a ritmi intermittenti. Uccide in nome dei tagli alla sanità e della spending review. Uccide in nome dell’efficienza perduta e dell’inutilità degli anziani e dei malati. Al di là di ogni ipocrisia, con la crisi dei valori morali ed etici, crolla il valore della vita dei cittadini, condannati a morire privati dell’assistenza necessaria, della dignità e spesso della stessa carità cristiana, di cui il nostro sistema ipocritamente ama ammantarsi.
Buone leggi per il fine vita e per il testamento biologico, oggi sono possibili e doverose, così come ieri hanno vinto le lotte del Movimento femminista per il diritto delle donne all’autodeterminazione, quindi alla scelta autonoma e indipendente della propria sessualità e del diritto all’interruzione volontaria della gravidanza.
Le lotte per i diritti civili e per una legge che non toglie, ma che offre solo opportunità per chi vorrà, hanno bisogno della forza e dell’intelligenza dei nostri malati di Sla che paradossalmente lottano per il diritto di decidere il momento in cui porre fine alla propria vita, senza poter morire perché essi sono le energie vitali, le forze trainanti di una grande battaglia di civiltà che una società “distratta” ignora.
Il diritto all’autodeterminazione è uno dei temi della grande sfida di civiltà per i singoli e per le collettività degne di questo nome.
L’Unione Sarda – 28/01/2015
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