Giorno di lutto nazionale in Palestina e pace nel mondo a rischio
Alticolo di Claudia Zuncheddu pubblicato su Il Manifesto Sardo del giorno 1-4-2018
L’arresto di 562 bambini palestinesi negli ultimi tre mesi non è solo un atto di perversione, ma simboleggia l’annientamento di un popolo sotto gli occhi di potenze internazionali interessate a creare caos ed ulteriore destabilizzazione della situazione medio-orientale. Ci si interroga su quale sia, oggi, il ruolo di Israele nella metamorfosi dello scacchiere internazionale e quali possano essere le ricadute dei fatti palestinesi in corso, sugli instabili equilibri di pace mondo.
Il Ministero della Sanità di Gaza dichiara 16 morti e circa 1400 feriti tra i manifestanti palestinesi, nel corso degli “scontri” di ieri con l’esercito israeliano.
Il presidente palestinese Abu Mazen dopo il massacro ha annunciato per oggi, il “giorno di lutto nazionale”.
Hamas in occasione del Land Day, ha organizzato la “Grande marcia del ritorno”, ossia la manifestazione che rievoca i fatti del 30 marzo 1976, quando il governo israeliano iniziò l’esproprio delle terre arabe.
Il popolo palestinese stremato, ha dato l’ennesimo tributo di sangue per la sua libertà e per il diritto ad uno stato palestinese libero ed indipendente.
Adalah, il gruppo arabo-israeliano per i diritti Umani, denuncia la violazione delle norme internazionali, da parte degli israeliani, secondo cui è illegale sparare contro i manifestanti di Gaza. Ma le semplici denunce e le preoccupazioni dello stesso Consiglio di Sicurezza dell’Onu, non bastano a porre fine alla tragedia palestinese.
Secondo l’Ong B’Tselem, “pietre e molotv non possono essere considerate alla stregua dei carri-armati e dell’artiglieria pesante che l’esercito israeliano ha usato per sparare ad altezza uomo sulla folla”.
Questa note stampa è la tragica foto del massacro di ieri sulla Striscia di Gaza, su un popolo privato delle proprie terre e che dal 1976 denuncia l’esproprio violento perpetuato ai suoi danni da parte dello stato israeliano. Ma l’origine è ben più antica.
In una nota del 1956 su fatti di sangue avvenuti tra Palestinesi ed israeliani, il leader oltranzista israeliano Moshe Dayan, sosteneva: “Come possiamo lamentarci del loro intenso odio nei nostri confronti? Da otto anni stanno seduti nei campi profughi di Gaza mentre davanti ai loro occhi stiamo espropriando le loro terre e villaggi, dove prima di loro abitavano i loro antenati”.
I 16 morti di ieri sono tragicamente da sommare ai 3000 palestinesi uccisi dal 2010 ad oggi. Ciò dovrebbe far riflettere quel mondo disinteressato a trovare le soluzioni più volte decretate dall’ONU. E’ ora che la Comunità internazionale, governo italiano compreso, facciano attuare i deliberati dell’Onu, assumendosi le proprie responsabilità. La soluzione politica e non militare è l’unica strada possibile per porre fine ai massacri e per costruire la pace tra i popoli.
Claudia Zuncheddu – Sardigna Libera
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