Elezioni a Cagliari – La deriva a destra del centro sinistra
Il Manifesto Sardo
Il numero 216 1 giugno 2016
A Cagliari, roccaforte storica della destra, i cinque anni di amministrazione di centro sinistra hanno decretato la rinuncia a un progetto di città alternativa fondata sul benessere, sulla giustizia sociale e sull’identità culturale.
E’ stato ignorato che una delle mission del Comune è quella di promuovere azioni che contribuiscano a superare le disuguaglianze sociali all’interno della propria collettività creando nuove condizioni di benessere per i residenti. Spetta al Comune innalzare il benessere delle sacche più disagiate della città in un’ottica di riequilibrio sociale ai livelli più alti. Una mission estranea ai precedenti sindaci del centro destra come è estranea all’attuale sindaco di centro sinistra, che sull’onda del giovanilismo vincente, più per età anagrafica che per rottura con le vecchie logiche politiche, cinque anni fa fu eletto sindaco di Cagliari.
A fine legislatura ci si sarebbe aspettato un bilancio dell’operato del primo cittadino. Un bilancio reale da portare ai tavoli di confronto con i nuovi concorrenti che ambiscono ad amministrare Cagliari.
La cultura dominante della barzelletta berlusconiana, che per decenni ha modellato i giovani in Italia, non ha risparmiato certamente alcuni giovani sardi. Oggi nel mondo politico quella cultura dà i suoi frutti avvelenati per i cittadini, a destra come a sinistra. E’ su questa filosofia, che il sindaco uscente affronta il candidato più temuto, con l’accusa …porti sfiga alla squadra del Cagliari. Una banalità che la dice lunga sullo spessore politico e culturale del primo cittadino. Trump arrossirebbe.
Questa cultura politica ha fatto pagare alti costi sociali ed economici ai cittadini, a partire da quelli del cuore storico di Cagliari. L’amministrazione uscente non ha saputo interpretare il centro storico come grande risorsa della città. Restringere gli spazi di vivibilità per chi vi abita sino ad agevolarne la fuga, negare i servizi pubblici primari, isolare sempre più Castello dagli altri quartieri, penalizzare le grandi potenzialità produttive proprie di questo straordinario e peculiare centro storico, non promuovere e agevolare i flussi turistici per creare ricchezza e infischiarsene della sicurezza e del decoro del quartiere, sono tra i segnali del fallimento dell’amministrazione uscente.
Un sindaco tanto fortunato per le opportunità, quanto debole di vocazione e di autonomia per assolvere al nobile ruolo di garante e promotore del benessere dei cittadini.
All’insegna dello slogan ora tocca a noi, è toccato a lui, in perfetta continuità, ignorare e aggravare i mali dei quartieri periferici per poi riprodurli fedelmente nel cuore storico della città. Non bastano marciapiedi, baretti e rotonde dell’ultima ora, per evitare che Cagliari diventi una grande periferia, dove chiudono i battenti persino gli ospedali al servizio della città e della Sardegna, senza che il sindaco, forse in nome delle competenze, delle convenienze e del signor sì, spendesse una sola parola contro questa deregulation sociale, culturale ed economica.
Diversa è stata la disponibilità del Comune nel soddisfare le esigenze di certi poteri estranei al quartiere, a partire dalla destinazione spropositata dei parcheggi di Piazza Palazzo, per non parlare delle frequenti manifestazioni ludiche e di non si sa che, nel Palazzo Regio, che in troppe occasioni hanno penalizzato ed esasperato chi vi risiede.
Tuttavia, in Castello, il sentimento di appartenenza intramoenia, del vivere dentro le mura, è alla base della resistenza dei residenti a non fuggire. Sono loro che si accollano i rischi dell’apertura di nuove attività contro la pesante burocrazia che asfissia sul nascere ogni iniziativa economica. Sono loro che arrivano a quotarsi per ripulire i muri del quartiere imbrattati dai vandali, per pulire facciate e ingressi dei palazzi dove nell’abbandono notturno i vandali urinano.
Intanto le elezioni sono imminenti. E’ tempo di mani rimpicciolite dalle strette della campagna elettorale. Dominano ovunque le locandine di carta patinata del sindaco uscente. Slogan studiati da chi di dovere per spacciare bugie come verità. Slogan sulla buona scuola mentre chiudono scuole dell’obbligo e asili nei quartieri più popolati della città. Immagini di paradisi verdi da dimenticare, come quello che alle porte del Poetto e di Sant’Elia, teme la rielezione del sindaco uscente per il suo sacrificio sull’altare di un Ecocentro B. L’ecomostro dei veleni a sfregio del decoro, della sicurezza, della salute, dell’economia e della vocazione naturale e culturale di Sant’Elia. L’ecomostro tanto voluto da Zedda e dimenticato dalla locandina di carta patinata è un affare politico simbolo di inciuci della pubblica amministrazione e della violazione delle regole.
Sotto l’effetto dei fumi della Saras e dell’inceneritore del Cacip, il nostro sindaco si aggiudica il primato di antagonista dell’Ecologia. Cagliari muore anche di inquinamento ambientale, di diossina, ma il sindaco omaggia il Cacip e la sua pratica criminale dell’incenerimento. Lasciamo che a bruciare siano quelli che lo sanno fare, dichiarò pubblicamente alla Comunità la Collina di Serdiana.
Mentre la città muore di vecchiaia e di povertà, per il sindaco il lavoro è cresciuto. Lo dice anche il suo sponsor Renzi, il premier italiano che da Roma raccomanda ai cagliaritani chi votare.
Con il nuovo slogan avanti insieme, Zedda con il centro sinistra, chiede di vincere con una forte virata a destra. Centro destra e centro sinistra, sono le due facce di un’unica moneta fuori corso. Un pensiero e una prassi unica da bocciare e liquidare al più presto se si vuole avere una qualsiasi speranza di cambiamento. A tutti i cittadini una riflessione.
Claudia Zuncheddu
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