Consiglio Regionale: intervento 13/05/2009
Crisi occupazionale e deindustrializzazione nel Sulcis Iglesiente e in SardegnaLa mozione su un problema drammatico oggi non solo deve indurci a riflettere ma impone al governo dei sardi soluzioni immediate.In quest’aula si è discusso sicuramente tante volte di processi di industrializzazione o di deindustrializzazione dei vari territori della Sardegna.Senza entrare in merito al fatto che questi processi siano stati giusti o meno, anche se ho la convinzione che il modello industriale nella realtà sarda sia stato tutt’altro che funzionale allo sviluppo del territorio. Noi Rossomori, avremmo molto da dire sul modello di sviluppo imposto, un modello non equo e non in armonia con il nostro ambiente e la nostra tradizione. Il modello industriale a fronte di un’effimera occupazione ha contribuito non solo alla distruzione di un tessuto economico produttivo tradizionale ma anche di un tessuto culturale sul quale si poteva realmente costruire un’alternativa economica.Nonostante ciò ritengo che in questo momento non possa essere perso nessun posto di lavoro in nessun settore economico sia esso industria, agricoltura, terziario, cultura etc.Questo è il fine ultimo o la missione che mi propongo all’interno di quest’aula.
In questa fase i processi economici di deindustrializzazione sono legati ad un fenomeno globale di “delocalizzazione opportunistica” delle attività produttive, dove l’unico obiettivo delle multinazionali è l’aumento del profitto, di certo non curante dei bisogni dei lavoratori e dei territori interessati. Con ciò si ripropone in maniera sempre più violenta il processo di neocolonialismo cui ci hanno abituato a subire come in vaste aree del mondo. La crisi industriale e occupazionale del Sulcis Iglesiente è complessa e drammatica per tutte le popolazioni.– Siamo di fronte ad aziende che pur produttive vengono delocalizzate per aumentare i profitti;– Ad aziende che stentano a stare in piedi perché il costo dell’energia paradossalmente nel Sulcis, come nel resto della Sardegna, è superiore e spropositato rispetto ai costi medi in Italia.Tale condizione determina non solo una non-competitività ma una impossibilità a produrre a prezzi di mercato condannando alla chiusura le industrie e le imprese. Altro aspetto cui bisogna entrare in merito è il grave problema della salute dei lavoratori e dei territori legato all’inquinamento ambientale prodotto dall’industria. Fenomeno non adeguatamente controllato e monitorato che espone l’ambiente e le popolazioni a catastrofi ambientali e a danni genetici per le future generazioni. Ritengo doveroso e necessario:– Un controllo attento da parte della Regione Sardegna teso a verificare che tutti i contributi pubblici, agevolazioni, finanziamenti spesso a fondo perduto, di cui questi soggetti industriali hanno goduto negli anni, siano stati onorati secondo gli accordi; – La Regione Sardegna deve intervenire per assistere, aiutare o opporsi a questo processo di deindustrializzazione garantendo l’occupazione senza creare carrozzoni assistenzialistici. Deve chiedersi quale Piano Industriale intende portare avanti. – Ritengo che eventuali sostegni economici e supporti fiscali per aiutare le imprese non siano destinati solo all’industria ma devono essere aperti e garantiti anche alla piccola impresa e agli artigiani perché il tessuto economico sardo è prevalentemente basato su questi soggetti economici. – Così come è urgente un nuovo “piano energetico” che garantisca a tutti i soggetti produttivi l’energia a basso costo, uguale o inferiore a quello italiano.Ribadisco che in questa fase drammatica per l’economia sarda nessun posto di lavoro e in nessun settore economico, dall’agricoltura a l’industria possa essere soppresso. La Regione Sardegna deve intervenire subito e in modo prioritario per salvare il destino lavorativo e la sopravvivenza di migliaia di sardi.
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