Considerazioni sulla corsa del Psd’Az alle elezioni per il Parlamento Italiano
E ita ant’essi is tempusu chi arribanta po sa Sardigna e is sardusu “privausu de bessiri” po andai in su Parlamentu italianu, (in “sa domu de is merisi”) a biri e a nai po nosu. Custa esti sa Lei coloniali chi si onada su permissu de andai a votai
ma po n’ci vai bessiri feti a is istrangiusu.
S’indanti pigau sa terra, su mari, s’aria, sa saludi e sa vida; cun su viziu de “pigai” immoi s’indanati furai fintzasa is votus chi serbinti contra de nosu etotu.
Po is sardusu no n’ci depid’essi “rappresentanza” in Italia. Naranta ca no serbidi poita “a nosu n’ci pensanta is atrusu” e custu esti siguru, ognia dì bieusu cumenti is istrangiusu pensanta a nosu!
S’anti negau su dirittu de sonnai su bisu de sa liberazioni. E ita debus fai?
E su Partidu Sardu a innui olidi andai?
La breve ma intensa campagna elettorale che ho svolto per il rinnovo del parlamento italiano in qualità di capolista per il Psd’Az alla Camera dei Deputati mi ha permesso di contattare migliaia di elettori e militanti sardisti e di partecipare a tante assemblee tenutesi in varie parti della Sardegna, dalla Planaria ad Oristano, dal Campidano al Sulcis, alla Trexenta etc.
Ho raccolto, e con me gli altri candidati, le tante denunce di una terra e del suo popolo che vede crescere la propria condizione di sofferenza e di dipendenza economica, causate da irrisolte questioni come trasporti, energia, credito; alle cinquantennali servitù militari si sono aggiunte nuove servitù, quelle industrialidi un apparato produttivo di base nella chimica e delle prime lavorazioni di alluminio, piombo, zinco che in Sardegna lasciano pochi posti di lavoro e tanto inquinamento, prima di partire verso altri lidi per essere trasformati fuori dalla Sardegna in prodotti finiti che danno lavoro e ricchezza.
Le nuove generazioni private di una prospettiva, in bilico tra l’emigrazione e la precarietà nel lavoro; le zone interne sempre più spopolate, l’agricoltura e la pastorizia sempre più indebitate; l’artigianato in sofferenza, senza una politica di sostegno del settore; la politica industriale incapace di arginare le macerie dell’attuale modello di sviluppo fallimentare. La nostra identità dei popolo sempre più soffocata, la lingua, la cultura, la storia, proibite a scuola, negli uffici, nei mass media.
A queste storiche dipendenze e rapine si aggiunge pure quella politica dei “nuovi” partiti italiani, giunti in Sardegna a rapinare i voti dei sardi. Mentre ai partiti etnici valdostani e sud tirolesi è riconosciuto lo “status” di minoranza linguistica che gli garantisce il diritto di rappresentanza nei due rami del parlamento italiano e in quello europeo, a noi sardi vengono imposte le regole elettorali vigenti per le regioni “ordinarie” che ci escludono dal parlamento sia a Roma che a Bruxelles.
Di tutto ciò avevamo piena coscienza quando accettammo la candidatura, convinti di dover denunciare questo trattamento “ineguale”, determinati a proseguire la battaglia intrapresa con la nascita del Psd’Az nel 1921, i cui valori fondanti sono più che mai attuali.
Avevamo anche piena coscienza della scarsezza di mezzi a disposizione in campagna elettorale, dei limiti attuali del nostro Partito e degli errori di conduzione politica del gruppo dirigente nazionale. Abbiamo l’orgoglio di aver fatto il nostro dovere di sardisti e sentiamo il dovere di ringraziare i militanti che ci hanno sostenuto e gli elettori sardi che ci hanno votato.
I risultati elettorali sono noti, ancora una volta la voce dei sardisti sarà assente dal parlamento italiano. Non ci consola l’esclusione di altre forze come i socialisti e comunisti che in passato contribuirono, insieme agli altri partiti italiani vecchi e nuovi, all’oscuramento delle proposte politiche sardiste.
Semmai ci sconcerta il tentativo della segreteria nazionale di autoassolversi di fronte all’evidente insuccesso elettorale: il peggior risultato in assoluto in 87 anni di storia del Psd’Az.
Urge una svolta, se vogliamo salvare le ragioni nobili e ideali del progetto politico sardista, ce lo chiedono i nostri militanti mortificati da questa dirigenza inadeguata che va sostituita da una nuova squadra capace di esercitare unità, democrazia, pluralismo interno, necessari per riorganizzare il Partito nella società e nelle istituzioni e per prepararci ai prossimi appuntamenti politici con un progetto sardista che ridia speranza di riscatto al popolo sardo.
Senza attendere i programmi dei partiti italiani (specchietto per le allodole o per allochi); da essi verrà solo ulteriore dipendenza della Sardegna, se noi non avremmo la forza di contrastarli.
Claudia Zuncheddu
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