riflessioni sulle elezioni per il Parlamento Italiano – chi pratica l’”antipolitica” e che ne è stato della Politica?
Sino a venerdì 22 febbraio quasi tutte le parti politiche hanno definito il Movimento 5 Stelle “L’antipolitica”. Ma come numerosi militanti del mondo indipendentista e progressista, ritieniamo che “l’antipolitica” sia alla base dell’infame occupazione del potere pubblico, del sottogoverno istituzionale e dei centri decisionali dell’apparato amministrativo.
A tutti i livelli, in sessanta anni di democrazia rappresentativa, si sono portati avanti soprattutto gli interessi esclusivi di questa o quella formazione politica: e come spesso è accaduto in Italia e in Sardegna, gli interessi di piccole e segrete lobby spesso legate a interessi transnazionali ancora più oscuri.
La vera ”antipolitica” è quella che stata perseguita o per fini personali, o per quella di gruppi di potere o per formazioni politiche ed ha escluso dalla partecipazione e dall’amministrazione della “cosa pubblica” i cittadini.
Questa ”antipolitica” ha inquinato e stravolto anche i rapporti dialettici fra maggioranza e opposizione. Rapporti che sono la base di qualsiasi democrazia, sia essa rappresentativa o direttamente partecipata.
Per questo ci sentiamo di affermare che gran parte delle proposte politiche portate avanti in questi anni dal Movimento di Grillo, non sono “antipolitica”, ma la base per un corretto principio di partecipazione popolare alle decisioni. Partecipazione al processo decisionale che noi sintetizziamo nel moto di “democrazia partecipata”. Un modello di democrazia dove gli eletti non sono “onorevoli”, ma “onorati” di portare avanti quelle istanze che la società e i cittadini gli hanno affidato.
Purtroppo in questi decenni in Italia e in Sardegna, nelle istituzioni e nelle strutture ad esse collegate è stata “l’antipolitica” quella che ha prevalso. Un’antipolitica portata smaccatamente avanti attraverso un “gioco delle parti” dividendo i centri del potere fra forze politiche spesso pubblicamente opposte. In questi ultimi sessanta anni si è giocato a “cambiare per non cambiare niente”. L’unica cosa a cui sono serviti i governi democratici che ci hanno preceduto è stato di rafforza una “casta di privilegiati” dando loro la possibilità di occupare tutti i posti di potere democratico disponibili a discapito dei cittadini e della tenuta delle stesse istituzioni.
Certo, visti questi ultimi risultati elettorali, chi ha partecipato al banchetto di questa “antipolitica”, oggi è spaventato e turbato dal rischio di perdere i loro privilegi istituzionali. Ma le macerie che hanno prodotto il loro sistema di organizzazione del consenso non poteva andare a terminare in nessun’altra maniera. Hanno seminato vento, non potevano raccogliere che tempesta.
Il successo elettorale del Movimento 5 Stelle e della denuncia politica di questa corruzione, cavallo di battaglia di quest’ultimi anni di Beppe Grillo, non è che la constatazione che la volontà popolare vuole finalmente farla finita con privilegi per pochi e discriminazioni e sofferenze economiche per la grande maggioranza dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. Non è possibile andare oltre.
Il successo elettorale del Movimento 5 Stelle di certo non spaventa noi: e non può spaventare chi da sempre, proprio come noi, è stato fautore della democrazia partecipata, della trasparenza degli atti amministrativi, della legalità e della difesa dei diritti delle collettività.
Per noi, il successo del movimento cinque stelle è una grande vittoria di popolo. Di un popolo che vuole cambiare oggi e dare basi per un futuro migliore. E’ un segnale chiaro che il popolo vuole finalmente rompere con i “consociativismi e i privilegi di pochi”. I cittadini vogliono riprendere in mano il loro futuro e partecipare direttamente alla gestione e all’amministrazione della “cosa pubblica”.
Noi, non possiamo essere che d’accordo con le persone che hanno votato il movimento cinque stelle. Siamo d’accordo con la loro voglia di farla finita con un sistema come quello degli attuali partiti che in questi ultimi decenni non ha fatto altro che gestire il proprio privilegio saccheggiando l’economia e il bene pubblico, creando odio, disgregazione, disuguaglianza sociale e povertà. Arrivando persino a privare le nuove generazioni, le fasce più deboli della società e i nostri pensionati, di qualsiasi prospettiva di partecipazione al miglioramento sociale.
Come tutte le forze di progresso, anche il movimento cinque stelle, ritiene fondamentale che la difesa dei diritti dei cittadini e delle collettività, il diritto inalienabile per tutti al lavoro “pulito che non uccide”, la lotta contro le discriminazioni sociali, di genere e politiche, la difesa delle libertà individuali e collettive, l’ambiente naturale come elemento di sviluppo sostenibile e non oggetto di rapina, il diritto di ogni collettività a costruirsi democraticamente e in modo partecipato il proprio progetto di sviluppo e ricchezza in un quadro di convivenza sociale rispettosa delle diversità, il diritto alla “partecipazione Politica” fuori e dentro le istituzioni sia una esigenza e un diritto condiviso da tutti i cittadini e non a beneficio di un’èlite autoreferenziale. La partecipazione, da ora in poi, deve essere considerato un bene inalienabile al servizio di tutti.
Questo è la lettura che noi facciamo di ciò che è successo in Italia e in Sardegna con quello che ormai tutti chiamano lo “tsunami” di Beppe Grillo.
Noi, proprio perché indipendentisti, riteniamo assolutamente “naturale e dovuto” che ogni Popolo possa democraticamente e pacificamente costruirsi il proprio progetto di convivenza sociale e di autodeterminazione politica economica e statuaria. Lo riteniamo un suo diritto irrinunciabile.
E’ per questo che il nostro movimento ritiene proprio l’autodeterminazione, un diritto non solo del nostro popolo ma di tutti i popoli della terra.
Il popolo sardo ha diritto a intraprendere questo percorso di rottura della “dipendenza coloniale” dall’Italia e dalle Multinazionali della globalizzazione mondiale e costruire con le sue mani, il suo lavoro, le sue intelligenze, il proprio spazio di prosperità in armonia con la sua cultura, i suoi desideri e nel sacro rispetto del suo ambiente.
I movimenti sardisti e indipendentisti che invece hanno voluto partecipare a quest’ultima campagna elettorale per il Parlamento italiano, a parte i loro modesti risultati, in molti casi veramente irrilevanti, meritano un’analisi più attenta.
Intanto, bisogna ricordare che non hanno saputo intercettare e interpretare quei temi e quei disagi che in questo momento angosciano il nostro popolo e che hanno molto a che vedere con il tracollo dell’intero comparto industriale della nostra isola. Molti dei nostri movimenti indipendentisti non hanno saputo cogliere questo grido di dolore che viene dal nostro popolo: in molti casi si sono dimostrati miopi e in altri completamente estranei.
Inoltre, molti di loro hanno dimostrato, proprio in virtù della loro pratica politica quotidiana di essere estranei ai dibattiti più stringenti e a quei valori reali che oggi interessano e angosciano il nostro popolo, costretto da solo a contrastare la sua peggior crisi economica degli ultimi sessanta anni.
Una crisi economica che più che mai deve essere affrontata con un modello di partecipazione democratica alle decisioni, in grado di dare un nuovo indirizzo alla gestione delle istituzioni, aumentando la trasparenza degli atti amministrativi e il rispetto dei diritti delle collettività.
Gli indipendentisti, più di altri, dovrebbero distanziarsi da questa nostra classe politica che in Sardegna, ripetendo gli errori del modello italiano e spesso ampliandolo, ha continuato a privilegiare prima di tutto se stessa e i suoi interessi e per tale ragione cavalcare il trasformismo, l’alleanza sottobanco e “l’inciuccio”, pur di mantenersi al potere, negando e opprimendo diritti e aspettative di un intero Popolo.
Est’ora de sindi scirai.
Claudia Zuncheddu
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