Amandla! Ngawethu! iAfrika! Mayibuye Mandela!
La ricca vita di Nelson Mandela abbassa il sipario nella sua Soweto. Il suo percorso inarrestabile per la libertà di tutti gli uomini è l’eredità che lascia al mondo.
Rolihlahla, che la terra ti sia leggera.
Riflessioni dal viaggio in Lesotho e in Sudafrica del 2002
In Sudafrica non poteva esserci pace con l’Apartheid. In uno Stato di Polizia che con le sue leggi sanciva la disuguaglianza fra i popoli e la repressione armata di ogni moto non violento di libertà da parte dei neri, era naturalmente divenuta impossibile la rinuncia alla lotta armata.
“European Only”: la scritta stampata su una panchina, oggi esposta all’ingresso del Museo dell’Apartheid a Johannesburg, è il simbolo di una delle pagine più tragiche della storia dell’Uomo, contrassegnata dall’odio razziale.
Nel museo della memoria, l’ingresso obbligatorio per i bianchi che vogliono ripercorrere la storia dell’Apartheid, non può essere lo stesso riservato ai neri. I due ingressi separati e con percorsi obbligati, seppur in tempi di pace e di riconciliazione fra bianchi e neri, impongono inevitabilmente un viaggio emotivo diverso nella storia delle discriminazioni razziali fra chi, in nome della Costituzione dello Stato del Sudafrica veniva catalogato di “razza bianca” e chi invece di “razza nera o meticcia”.
Implorare il vigilante perché mi consenta di scegliere il percorso dei neri, nel tentativo forse inconscio di sottrarmi a una storia umiliante, che io personalmente mai avrei voluto e di cui sento di non dovermi assumere alcuna responsabilità, a ben poco è servito.
Non basta essere in tempi di riconciliazione per cancellare o alleviare il dolore della storia del Sudafrica. Una storia che non può essere sbiadita da una tregua, da accordi di pace, dall’evolversi del mondo, dalle sensibilità individuali e neppure dalle lotte vinte dagli stessi neri.
E’ così che al museo dell’Apartheid, non mi restava che seguire il percorso “white only”. Un viaggio attraverso agghiaccianti testimonianze che raccontano tutto ciò di cui furono capaci i bianchi del Sudafrica per la sopraffazione dei popoli neri e dei meticci. Meticci che una commissione antropologica razzista predisposta a “catalogare le razze umane”, analizzava ogni cittadino con caratteri somatici sospetti, per poi accomunarlo al destino dei neri, come nel caso frequente degli indiani.
Alla fine dei due percorsi che non si incontreranno mai, si uscirà in solitudine, da una parte gonfi di lacrime, di umiliazione e di vergogna e dall’altra uomini dalle ferite sempre aperte che mai rimargineranno: è il prezzo della loro libertà e del diritto all’uguaglianza, innanzitutto a quella politica.
A Soweto (South Western Township), distante e a sud – ovest di Johannesburg, dove con la fine dell’Apartheid si aprono le birrerie, le palestre di pugilato, gli ospedali, dove si può rendere omaggio, in una piazzuola anonima, agli studenti trucidati dalle forze di polizia nel 1976 perché manifestavano contro la decisione del governo di introdurre l’insegnamento in lingua afrikaans: la lingua dei loro oppressori.
Soweto con i suoi milioni di abitanti conserva fra le ferite dell’Apartheid, i numeri di matricola volutamente limati delle sue casette comunali per rendere meno identificabili chi vi abitava. Case squadrate, modeste e tutte uguali che hanno ospitato la ribellione nera. Fra le pieghe di un quartiere tumultuoso cercavo tracce di quell’uomo che anni prima, dopo la sua liberazione dal carcere, attesi con centinaia di migliaia di persone a Place de la Concorde, a Parigi, in una giornata grigia e piovosa.
Poco distante dalla vecchia dimora di Mandela, la 8115 a Orlando Ovest (parte integrante di Soweto) a Diepkloof, colpisce l’imponenza di grosse mura che nascondono una casa: “è la casa di Winnie, gliel’ha regalata Gheddafi per proteggerla dalle continue irruzioni…”.
A torto o a ragione, così raccontavano giovani venditori di sigarette, finalmente liberi, liberi di vendere sigarette per le strade e di bere birra alla luce del sole. Ma Mandela non abitava lì.
Oggi venerdì 6 dicembre 2013 il Grande Vecchio chiude gli occhi dopo aver visto la libertà per il suo Popolo.
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