Sulla ricostituzione del Gruppo Consiliare ‘Sel – Sardigna Libera’
In data odierna si è ricostituito ufficialmente il Gruppo consiliare “Sel – Sardigna Libera”. Tempo fa decidemmo di scioglierlo per questioni tecniche ma senza interrompere il confronto e il supporto politico a numerose azioni istituzionali il cui obiettivo era il bene del Popolo e della Nazione sarda. Ogni qualvolta le posizioni politiche ci hanno diviso, nel pieno rispetto delle nostre diversità abbiamo intrapreso ognuno la propria strada. Nel Consiglio della Regione Autonoma della Sardegna fanno parte dell’opposizione diverse forze politiche progressiste e indipendentiste (come nel mio caso) che rappresentano delle diversità nel contesto dell’opposizione, per cui non parliamo di “opposizione” ma di “gruppi di opposizione”, proprio per evidenziare le nostre diversità.
Come indipendentista, quattro anni fa, sono stata eletta in una coalizione di Centro-Sinistra con Soru candidato alla Presidenza. Sin dall’inizio della Legislatura, scelsi di far parte di un gruppo consiliare rappresentato da forze politiche eterogenee ma tutte progressiste. La mia esperienza politica all’interno di un gruppo istituzionale, così eterogeneo, la considero una sperimentazione interessante fra diversità politiche, comunque non in contraddizione e interne al Popolo sardo. Con i consiglieri di Sel (nella maggior parte dei casi provenienti da esperienze identitarie forti come il caso di Carlo Sechi) è stato possibile portare avanti numerose battaglie in difesa dell’occupazione, dell’ambiente, del territorio e delle sue economie tradizionali, contro la militarizzazione della nostra Terra, per i diritti civili e in difesa della cultura, delle tradizioni, della scuola pubblica sarda e dell’Università.
Tuttavia, l’aspetto assai interessante dei consiglieri di Sel (un partito della sinistra italiana) è stato il loro grande impegno sui temi identitari, sulla lingua, sulla Sovranità del Popolo sardo, sulla Vertenza Sardegna e sul riconoscimento dello scontro tra Stato italiano e Regione Autonoma della Sardegna, cui si aggiunge il forte senso di appartenenza a un Popolo, a un Territorio, a una Nazione, che in diverse occasioni ha portato i consiglieri di Sel a scelte assolutamente indipendenti dalla Segreteria italiana del loro partito. Vedi ad esempio il caso delle mobilitazioni nei territori e nelle istituzioni contro l’ ”operazione coloniale” del gasdotto Galsi o della Chimica Verde. Per tali ragioni i consiglieri della RAS di Sel si sono “aggiudicati l’accusa”, da loro ben vissuta, di essere troppo interessati ai processi d’Indipendentismo. Naturalmente, in questi anni, le relazioni politiche tra le nostre diversità hanno portato inevitabilmente alla crescita di una coscienza identitaria anche fra i più “sardo-italiani”, condizione da cui nessun sardo può prescindere.
L’appartenenza ai partiti italiani della maggioranza dei sardi, più che una facile e superficiale condanna, da parte dell’Indipendentismo isolano, meriterebbe una profonda riflessione a partire dalla storia del Psd’Az, la sua evoluzione politica e l’abdicazione a un ruolo originario di guida di un processo di liberazione nazionale del Popolo e della costruzione della Nazione sarda. Così come l’Indipendentismo storico-organizzato dovrebbe riflettere sulla propria incapacità e inadeguatezza da decenni, a garantire ai sardi una prospettiva politica credibile, un progetto originale che li coinvolgesse nell’appartenenza e nella militanza nelle proprie fila, evitando con ciò che finissero all’interno dei partiti italiani di centro destra e di centro sinistra, tutti in egual misura fortemente statalisti e con missioni politiche estranee e in alcuni casi fortemente contrarie agli interessi dei sardi. La gestione dei due Piani di Rinascita e il conseguente processo di industrializzazione forzata a cui siamo stati succubi ne è un chiaro esempio.
E’ dovere dell’Indipendentismo moderno uscire dall’isolamento che l’ha condannato ad abdicare e a farsi governare dai partiti politici italiani, aprendo il confronto con tutti i sardi a partire da quelli che militano proprio in quei partiti e che hanno intrapreso un percorso identitario – nazionalitario, al Psd’Az, con tutte le sue anomalie, i suoi limiti, i suoi errori, le sue rinunce. Solo in questo modo sarà possibile aprire un dibattito concreto e creare un progetto credibile che a partire dall’indipendentismo diffuso e fuori dalle organizzazioni esistenti, coinvolga tutti i sardi partendo dalla “condizione coloniale” della nostra economia, della sudditanza della RAS e da condizioni di vita e di lavoro che rischiano di estinguere il nostro ambiente e il nostro Popolo.
E’ dovere dei sardi liberi guardare oltre i tancati per scoprire immense praterie.
Claudia Zuncheddu
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