L’alibidella’Chimica Verde’ sul sito inquinato del Petrolchimico di Porto Torres
Consiglio Regionale della Sardegna
XIV Legislatura
Mozione Zuncheddu – Uras – Sechi C. – Cugusi G. Cocco D. sul protocollo d’intesa firmato il 26 Maggio 2011 a Palazzo Chigi dal Presidente della Regione Sardegna con il Governo Italiano, ENI e NOVAMONT sulla Chimica Verde a Porto Torres, con cui la parti firmatarie si impegnano a favorire la riconversione industriale del sito petrolchimico in un “un polo di produzione di monomeri-bio, bio-plastiche, bio-lubrificanti, additivi per gomme ed elastomeri, nonché di cogenerazione energetica da biomasse”che diventino “volano per la ripresa dell’economia locale del comparto chimico e di quelli collegati dell’agricoltura, della ricerca e dell’innovazione” e per “promuovere lo sviluppo e l’utilizzo su larga scala di fonti energetiche compatibili”.
Premesso che:
– Alla luce delle incoerenze, ambiguità, carenze e omissioni relative alla c.d. riconversione industriale del Sito Petrolchimico di Porto Torres, notoriamente responsabile del grave inquinamento ambientale e dei conseguenti danni alla salute dei cittadini;
-Alla luce delle prese di posizione di ISDE (Medici per l’Ambiente), dell’Ordine dei Medici – Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Sassari; delle preoccupazioni delle collettività; dell’Esposto Denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari da parte del Movimento Politico Sardigna Libera al fine di portare al centro del dibattito in Consiglio regionale il tema sulla c.d. Chimica Verde di importanza tale da incidere sul futuro delle nostre economie, della salute ambientale e delle popolazioni;
– Si fa proprio l’atto di “Osservazioni” nel Procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale relativo alla “Centrale a biomassa di Porto Torres” sottoscritto dal dott. Vincenzo Migaleddu e dal dott. Alessandro Arru, in nome e per conto dell’ISDE (Medici per l’Ambiente) e dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Sassari e fatto pervenire
Al Direttore del Servizio S.A.V.I. dell’Assessorato della difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna;
Alla Commissione Europea;
Al Direttore generale delle Valutazioni Ambientali del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare;
Al Presidente della Regione Autonoma della Sardegna;
Al Direttore Servizio tutela paesaggistica per la Provincia di Sassari – Assessorato degli enti locali, finanze e urbanistica;
Al Direttore dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente -Dipartimento di Sassari;
Al Dipartimento di Prevenzione – A.S.L. N.1 Sassari
– Con avviso pubblicato sul quotidiano La Nuova Sardegna, edizione del 26 Luglio 2012, è stato avviato il procedimento di valutazione di impatto ambientale – V.I.A. – concernente la “Centrale a biomassa di Porto Torres” da parte della Enipower s.p.a., in Comune di Porto Torres (SS).
– Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 24, commi 4°-6°, del decreto legislativo n. 152/2 006 e s.m.i., sono state inoltrate le seguenti “Osservazioni”:
– In via preliminare, si deve ricordare che, in data 26 maggio 2011 a Palazzo Chigi, alla presenza di Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Stefania Prestigiacomo Ministro dell’Ambiente, Paolo Romani Ministro dello Sviluppo Economico, Maurizio Sacconi Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Paolo Scaroni Amministratore Delegato ENI, Catia Bastioli Amministratore Delegato Novamont, il Presidente della Regione Sardegna ha sottoscritto col Governo nazionale, ENI e Novamont Spa, il protocollo d’intesa sulla Chimica Verde a Porto Torres in cui le parti firmatarie si impegnano a favorire la riconversione industriale del sito petrolchimico di Porto Torres che conta circa 2.000 lavoratori, compresi quelli dell’indotto in “un polo di produzione di monomeri-bio, bio-plastiche, bio-lubrificanti, additivi per gomme ed elastomeri, nonché di cogenerazione energetica da biomasse”che diventino“volano per la ripresa dell’economia locale del comparto chimico e di quelli collegati dell’agricoltura, della ricerca e dell’innovazione” e per“promuovere lo sviluppo e l’utilizzo su larga scala di fonti energetiche compatibili”.
– Una joint venture paritetica tra Polimeri Europa SpA (ora denominata Varsalis SpA) e Novamont SpA, che rappresenterà formalmente il promotore e gestore dell’iniziativa industriale denominata Matrìca SpA, dovrebbe essere il fulcro per la realizzazione e gestione del nuovo “polo verde” con impianti produttivi di monomeri bio, lubrificanti bio, biofillers, intermedi/additivi bio per elastomeri e bioplastiche “alimentati” da una centrale elettrica “a biomasse” di minimo 40 MWe. Questo ultimo progetto che dovrebbe svilupparsi nel corso dei prossimi 3 anni presuppone il contestuale avvio delle attività agricole destinate a fornire “materia prima”. Tuttavia rimangono oscuri, molti particolari sui processi industriali relativi alla reperimento, stoccaggio, utilizzo dei combustibili (non sempre di origine vegetale) alla base di tale produzione energetica. Inoltre, mancano ancora precise garanzie per i lavoratori da occupare nella fase di servizio ed in particolare per quelli di un presunto indotto, particolarmente nel settore agricolo.
– Nella conferenza stampa di presentazione sulla “chimica verde” a Porto Torres del 2011, l’amministratore delegato di ENI, Paolo Scaroni, ha dichiarato che l’investimento previsto sarebbe stato di complessivi 1200 milioni di euro circa, così suddivisi nei diversi progetti:
– 450 milioni di euro per i prossimi sei anni nella “chimica verde” (che entrerà a produzione piena nel 2013);
– 230 milioni di euro come Enipower per produrre energia elettrica da biomasse per 40 MWe e per adeguamento della centrale a olio combustibile e FOK già esistente da 160 MWe;
– 530 milioni di euro per tutte le bonifiche degli almeno 600 ettari fortemente inquinati;
– 50 milioni di euro per le infrastrutture industriali e la realizzazione del centro di ricerca a carattere universitario.
– Lo scorso 26 luglio 2012 è stata depositata da parte di Enipower SpA, presso il comune di Porto Torres, presso il Servizio tutela paesaggistica per la Provincia di Sassari dell’Assessorato regionale degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica la documentazione per la procedura di VIA ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.; l’Ufficio SAVI dell’Assessorato all’Ambiente della Regione ha reso pubblica tale documentazione presso la sezione valutazioni ambientali del sito della RAS il 14/8/2012; tale documentazione interessa oltre la premessa, il quadro normativo, progettuale e ambientale-sanitario e la sintesi non tecnica inerente solo il progetto di centrale a “biomassa”; è interessante osservare come alcune articolazioni di tale progetto non siano del tutto coerenti, quando non in evidente contraddizione, con gli enunciati del protocollo di Intesa sulla Chimica Verde già citato; inoltre alcuni sezioni contengono evidenti errori formali da prima stesura non revisionata, nonché l’assenza di alcuni allegati annunciati nell’indice o nel testo.
– La prospettiva di riconversione verso una “chimica verde” presuppone la cessazione di attività energivore caratterizzate da un elevato consumo energetico e da una bassa resa. Pertanto, la presenza nel progetto di ENI Power appare fuori luogo e la creazione di una centrale a biomasse da 43,5 MWe (superiore a quella prevista nel protocollo di intesa di 40 MWe) è oltremodo sovradimensionata. In realtà la centrale a biomassa nel SIA (Studio di impatto ambientale) viene sostituita, rispetto al protocollo di intesa, da una centrale “biomassa” con una potenza termica di 205 MWt alimenta da due caldaie: una da 135 MWt per la presunta combustione di biomassa collegata ad turbina a vapore da 43,5 MWe; l’altra da 70 MWt – oltre un terzo della potenza – per la produzione di “vapore tecnologico” alimentata, come combustibile, da un residuo industriale speciale pericoloso e tossico/nocivo del craking dell’etilene, denominato FOK (Fuel of craking).
– Relativamente al revamping della termo-centrale da 160 MWe a olio combustibile e a FOK (l’uso di tale combustibile di provenienza esterna all’area industriale è ancora in attesa di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), citato nel protocollo di intesa, la documentazione fornita dal SIA mostra una evidente dose di ambiguità programmatica.
– Infatti, la chiusura appare certa (“La realizzazione della nuova centrale permetterà di sostituire nel servizio, ai fini della produzione di vapore per lo stabilimento, l’attuale centrale termo elettrica; premessa”) o probabile (“Centrale termoelettrica Versalis, che si suppone sarà fermata all’entrata in esercizio della caldaia a Biomassa; quadro ambientale”) in diverse parti dell’elaborato.
– Il maggior livello di ambiguità lo si ritrova nella descrizione della modalità del funzionamento delle 2 caldaie (con presunti 7500 e 1260 ore/anno a regime per ciascuna caldaia), in diversi scenari condizionati, dalla disponibilità di combustibile di origine vegetale (“esempio nei primi anni di sviluppo della filiera o nel caso di problematiche legate all’approvvigionamento della biomassa con scarsa disponibilità della stessa, la centrale sarà comunque in grado di fornire vapore tecnologico allo stabilimento grazie alla presenza della caldaia ausiliaria a FOK che può sostituire o integrare il funzionamento della caldaia a biomassa; premessa”) (“Tuttavia Il funzionamento della caldaia ausiliaria potrebbe rendersi necessario per un numero maggiore di ore, ad esempio nei primi anni di sviluppo della filiera agro energetica o nel caso di problemi di approvvigionamento della biomassa con scarsa disponibilità della stessa, ad integrazione della produzione di vapore della caldaia a biomassa; quadro progettuale”);
tra gli scenari prefigurati ben tre prevedono un regime di approvvigionamento nullo o ridotto di biomasse provenienti dalla filiera agro-industriale locale; è evidente che la richiesta di una AIA per un centrale a “biomasse”, quando a regime oltre un terzo della potenza termica (70 su 205 MWt) è fornita da una caldaia a FOK, solleciti risposte ambigue e contraddittorie da parte delle istituzioni competenti e ancor più se la potenza dovesse essere in misura maggiore o del tutto ad appannaggio della caldaia “ausiliaria” a FOK.
– L’approvvigionamento di biomassa da coltura di cardo (Cynara cardunculus var Altilis), attraverso una filiera agricola-industriale locale, anche per Enipower è poco credibile; appare più un operazione di marketing “verde” che una programmazione realistica. Infatti si indicano in 250000 ton/a i quantitativi necessari per alimentare la caldaia a “biomassa”.
– Nei diversi scenari ipotizzati, con un potere calorifico inferiore stimato per eccesso pari a 14,7-10,2-12MJ/Kg, se si trattasse rispettivamente di paglia di cardo (circa 10% umidità), di cippato M40 (circa 40% di umidità) e di un mix di cardo-cippato (circa 20,5% umidità), per alimentare una centrale da 135MWt e 43,5 MWe sarebbero necessarie invece 500000-600000 t/anno.
– Nello studio di impatto ambientale si rimanda all’allegato 4.1 (non disponibile) nel quale doveva essere riportato il piano di approvvigionamento della biomassa e che avrebbe dovuto contenere i dettagli sulla produttività attesa localmente dal cardo o altre colture da biomassa. Questa grave lacuna impedisce di valutare la fattibilità di quanto dichiarato nel SIA relativamente alla filiera agro-industrale. Ciò è ancor più grave per il fatto che al momento non risultano disponibili dati attendibili e pubblicati sulla capacità produttiva in Sardegna del cardo per la produzione di biomassa ligno-cellulosica. I dati nella letteratura tecnico-scientifica indicano in ambiente mediterraneo produzioni molto variabili a seconda delle specifiche condizioni pedologiche e climatiche e in funzione della piovosità stagionale. Tuttavia, non sono ancora reperibili in letteratura dati pluriennali di produzione di cardo in Sardegna. Volendo formulare sulla base di questi dati una prima ipotesi realistica di superfici non irrigue della Sardegna da coltivare per soddisfare i fabbisogni di biomassa necessari per la produzione dell’energia termica o elettrica dichiarata nel SIA e ipotizzando una produzione, approssimata ottimisticamente per eccesso, di circa 10 t/ha per anno di biomassa di cardo in piena produzione, per avviare la filiera agro-industriale locale sarebbero necessari almeno 50.000 ha di terreno, che potrebbero diventare oltre 70.000 considerando una resa media annuale più realistica di 7 t/ha o 100 000 per rese di intorno a 5 t/ha.
– La necessità di una raccolta meccanizzata per il confezionamento con balle tipo Hesston 2170 (1.2X0.9X2.4 m) pone inoltre problemi di verifica dell’efficienza della modalità di raccolta della coltura del cardo, per la quale non si dispone ancora sul mercato di attrezzature idonee a separare in modo efficiente la produzione di seme per l’olio da destinare alla bioraffineria Matrìca dalla biomassa per la produzione di energia. Inoltre l’impiego di terreni adatti alla raccolta meccanizzata richiede l’uso di territori agricoli destinabili a seminativi, e come tali non considerabili marginali rispetto alle condizioni ambientali della Sardegna.
– La filiera in esame non comporta il cambio di uso del suolo dei territori interessati. Per la produzione di biomassa di cardo si assume infatti di mettere a coltura solo le aree già classificate come “seminativo” nella carta di uso del suolo della Regione Sardegna (le aree incolte e i pascoli, considerati nella Land Suitabilty Evaluation, saranno prese in considerazione solo in caso di estrema necessità). L’avviamento della filiera agro-industriale locale del cardo appare dunque oltremodo spinosa e potenzialmente in conflitto con le filiere agro-alimentari locali e con le politiche di sviluppo rurale (PSR) tese alla valorizzazione delle produzioni agro-alimentari locali.
– Per quanto riguarda la disponibilità di biomassa locale per il cippato il Piano Forestale Ambientale Regionale (PFAR) prevede per l’intera isola una disponibilità di biomassa naturale, su 800.000 ettari di territorio boscato e con macchia, di circa 300.000 tonnellate annue che, con un potere calorifico inferiore medio di 14-12MJ/Kg (3000-3500 Kcal/Kg), basterebbe al raggiungimento di una produzione di potenza di 20 MWe. E’ evidente che la previsione riportata di 250 000 ton/a per 43,5 MWe e 135 MWt è oltremodo sotto stimata e mancano nel bilancio almeno altre 250 000 ton/a non facilmente raggiungibili se ci si limita alle biomasse. E’ evidente che al bilancio negativo della CO2 dobbiamo aggiungere quello dei trasporti se si prevedono su gomma (“Nell’ipotesi in cui tutta la biomassa erbacea venga trasportata alla centrale per mezzo di trasporto su gomma si stima un flusso medio di automezzi pari a circa 50 mezzi/giorno – considerando movimenti nelle sole ore diurne dei giorni feriali/ sintesi non tecnica”); in realtà bisognerebbe moltiplicare per due se consideriamo le 500 000 ton/a necessarie per i MWt necessari per la caldaia a “biomasse”; ancor più negativo è il bilancio di CO2 se si prevedono trasporti su nave; anche in questo caso l’ avviamento di una filiera agro-industriale o di una raccolta di biomassa locale rimarrebbe un enunciato propagandistico ingannevole.
– Esiste nel protocollo di intesa e nel SIA un contino richiamo alla legislazione italiana (art.17 D.Lgs 387/03, D.Lgs. 152/06, D.Lgs 28/2011 e D.M 6 luglio 20122 6 luglio 2012), non conforme alla normativa europea e quindi sotto infrazione, che assimila la parte non biodegradabile dei rifiuti solidi urbani alle biomasse per la co-combustione in impianti di produzione di energia elettrica, così da accedere all’acquisto a tariffe incentivate (circa il doppio del prezzo corrente) attraverso i meccanismi del CIP6 ed i certificati Verdi. Tale elemento, assieme al sovradimensionamento dell’impianto e la scelta della tecnologia a griglia presuppone che la megastruttura possa essere adibita ad incenerimento di rifiuti solidi urbani, anche extra-regionali. Agevolato dalla ubicazione dello stabilimento in prossimità del porto industriale di Porto Torres.
– D’altro canto la associazione di una caldaia alimentata da FOK (Fuel of craking, residuo speciale pericoloso-tossico nocivo residuato dal craking dell’etilene) qualifica la centrale termica da 205 MWt a “biomassa” come centrale a co-combustione; gli scenari di approvvigionamento-combustibile A1, A2 e A3 presuppongono un ruolo centrale e non ausiliario alla caldaia alimentata a FOK. Il potere calorifico inferiore di tale rifiuto industriale (come dichiarato nella documentazione SIA) è di 9400-9500 kcal/Kg ( 39.35 MJ/Kg) per un consumo fino a circa 250 000 t/a per lo sviluppo della massima potenza.
– Come riportato nella descrizione delle attività dismesse o residue dello stabilimento Petrolchimico di Porto Torres l’impianto del craking dell’etilene ha cessato qualsiasi attività con indisponibilità di FOK locale; Il residuo FOK non viene compreso nell’allegato X alla parte quinta del D.lgs 152/2006 e s.m.i che regolamenta l’utilizzo dei combustibili consentiti. Ciò nonostante viene dichiarato il suo utilizzo anche al momento attuale in assenza di FOK autoprodotto e in attesa di AIA ancora in itinere (“Si sottolinea che nella Centrale Termoelettrica esistente di Versalis, la cui potenza installata è pari a 4×210 MWt, già depotenziata fino a 4×140 MWt, il FOK è utilizzato in sostituzione di corrispondenti quantità di olio combustibile BTZ al fine di ridurre le emissioni di ossidi di zolfo/ quadro progettuale”);
– Il supposto beneficio nella riduzione delle emissione di ossidi di zolfo non controbilancia il sicuro incremento di emissioni di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA); questi ultimi sono sostanze cancerogene ( Ia secondo la tabella della IARC) e poste in relazione all’incremento di tumori del sistema respiratorio; lo studio SENTIERI sui siti di interesse nazionale per bonifica portato avanti dell’Istituto superiore di Sanità per Porto Torres mette in relazione l’incremento dei tumori polmonari e delle malattie respiratorie nei due sessi con le emissioni dello stabilimento Petrolchimico.
– Nello studio di impatto ambientale, dopo una prolissa analisi demografica si esaminano le condizioni sanitarie della popolazione che gravita nell’area Porto Torres-Sassari e circondario; si fa prevalentemente riferimento allo studio del 2006 E.S.A.- O.E. di Biggeri e all. che analizza le condizioni di salute nelle 18 aree identificate dell’isola come territori a rischio per l’esposizione a sorgenti inquinanti potenzialmente nocive alla salute umana nel periodo 1997-2001. Per quanto riguarda un dato generale su scala regionale in queste aree rispetto a quello nazionale il tasso standardizzato di mortalità x1000 persone-anno maschi è superiore alla media nazionale (84.4 vs 80.8), mentre al contrario tra le femmine il livello di mortalità è inferiore rispetto allo scenario nazionale di riferimento (50.9 vs 52.0). Il riferimento di standardizzazione riportato nell’elaborato ENIPower è errato (il tasso standardizzato di mortalità per 10.000 abitanti riferito a tutte le cause -standard popolazione europea-/quadro-ambientale).
– Per la situazione specifica relativa all’area industriale di PortoTorres, lo studio E.S.A.- O.E. rileva eccessi di mortalità in ambo i sessi per l’insieme delle cause di morte, le malattie dell’apparato respiratorio, le patologie dell’apparato digerente e i tumori con tassi di mortalità standardizzati (SMR) rispettivamente:
Maschi Femmine
Tutte le cause 1,04 1,09
Apparato circolatorio 1,02 0,96
Apparato respiratorio 1,08 1,28
Apparato digerente 1,13 1,21
Apparato urinario 1,16 1,2
Tumori (tutte le forme) 1,05 1,08
Tumore polmonare 1,04 0,98
Tumore sistema linfoemopoietico 1,18 1,7
Linfoma di Hodgkin 1,28 1,17
valori di SMR nell’area di Porto Torres per le cause di morte che mostrano eccessi rispetto alla media regionale (1997-2001) – Studio E.S.A.- O.E. (Biggeri et al., 2006)
Maschi Femmine
Tumori (tutte le forme) +2% +7%
Colon +18% +12%
Fegato +15% +10%
Polmone +8% +14%
Prostata +34% —–
Mammella —— +6%
Ovaio —— +21%
Eccesso (%) dei decessi per malattie tumorali presso la popolazione residente nell’area d studio di Porto Torres a confronto con la popolazione residente in provincia di Sassari (Registro tumori prov. Sassari – anni 1992-2001;
– Anche il registro tumori provinciale di Sassari nell’esaminare l’incidenza dei decessi per tumore nell’area di Porto Torres nel periodo 1992-2001 non può non evidenziare gli eccessi rispetto alla media provinciale. Se si includono i soli Comuni di Porto Torres, Stintino, Castelsardo, Sennori e Sorso si rileva un evidente incremento di sarcomi dei tessuti molli (+ 77% per gli uomini e + 89% per le donne) dove per tessuti molli si intendono tessuti extrascheletrici quali tessuto fibroso, adiposo, vascolare, nervoso, sinoviale e muscolare. Questo dato, per le implicazioni che comporta (sono per lo più tumori legati ad esposizione a sostanze organo-clorurate quali diossine, furani e diossino-simili), meriterebbe un’analisi approfondita.
– L’indagine E.S.A. – O.E. rileva a Porto Torres rispetto alla media regionale, livelli di mortalità più elevati per tutte le cause. Per la popolazione femminile da un eccesso pari al + 4% riferibile al triennio 1981-83, si passa al + 9% nel triennio 1999-2001, mentre per gli uomini la mortalità per tutte le cause è costantemente superiore alla media regionale, anche se la differenza tende a ridursi nel tempo: dal 9% dei primi anni ’80 al 6% del triennio 1999-2001. L’interessamento del sesso femminile pone questi dati in relazione ad un inquinamento ambientale generalizzato e non solo confinato ad ambienti di lavoro.
– Agli ingenti investimenti nel settore industriale non corrispondono ricadute occupazionali o di scolarizzazione già nel 2001. Il tasso di disoccupazione nell’area di Porto Torres (24,9%) si conferma su livelli più elevati rispetto alla media regionale (22%); anche la percentuale di popolazione sprovvista di licenza elementare nel distretto di Porto Torres (14,6%) è più consistente rispetto alla media regionale (12,9%).
– Non viene mai riportata nella documentazione di SIA l’inclusione del distretto PortoTorres-Sassari all’interno di un SIN (Sito di interesse nazionale per bonifica);
– Il concetto di sito inquinato viene introdotto per la prima volta con la definizione di “aree ad elevato rischio ambientale” (Legge 349/86). Successivamente, con il DM 471/99, un sito viene considerato inquinato quando in una delle matrici (suolo o sottosuolo, acque superficiali o sotterranee) viene riscontrato anche un solo superamento nella concentrazione degli inquinanti, indice di rischio rispetto alla concentrazione limite prevista dalla normativa. Sulla base di criteri di ordine sanitario, ambientale e sociale, con il DLgs 152/06 vengono individuate le aree da inserire tra i “siti di bonifica di interesse nazionale” (SIN).
– Nello studio SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) portato avanti dall’Istituto Superiore di Sanità in 44 siti, compreso quello di Porto Torres (SS), la mortalità è stata studiata nel periodo 1995-2002, utilizzando i seguenti indicatori: tasso grezzo, tasso standardizzato, rapporto standardizzato di mortalità (SMR) e
rapporto standardizzato di mortalità corretto per un indice di deprivazione socioeconomica ad hoc. Gli indicatori di mortalità sono stati calcolati per 63 cause singole o gruppi di cause. Per ciascun sito sono presentati i risultati per le cause definite come di maggiore interesse a priori, sulla base delle evidenze relative all’associazione con le sorgenti locali di contaminazione ambientale.
– Nel SIN “Aree industriali di Porto Torres (SS)” costituito da due comuni (Sassari e Porto Torres) con una popolazione complessiva di 141 793 abitanti al Censimento 2001, per le cause di morte per le quali vi è a priori un’evidenza Sufficiente o Limitata di associazione con le fonti di esposizioni ambientali del SIN (…) si osserva, in entrambi i generi, un’aumentata mortalità per il tumore del polmone, per le malattie dell’apparato respiratorio anche acute e per le malformazioni congenite. Quindi “ per gli incrementi di mortalità per tumore polmonare e malattie respiratorie non tumorali, a Gela e Porto Torres è stato suggerito un ruolo delle emissioni di raffinerie e poli petrolchimici, a Taranto e nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese un ruolo delle emissioni degli stabilimenti metallurgici”; inoltre “Negli eccessi di mortalità per malformazioni congenite e condizioni morbose perinatali è stato valutato possibile un ruolo eziologico dell’inquinamento ambientale a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres”.
– Dal 6 novembre 2008 il sistema di monitoraggio della qualità dell’aria della Provincia di Sassari è sotto il controllo dall’ARPAS; a tutt’oggi i valori di riferimento presi in considerazione non rispondono alla seconda fase attuativa temporale del D.M n. 60/2002, e tanto meno a quelle del nuovo DLg 13 agosto 2010; il valore del PM 2,5, elemento centrale della normativa più recente, non viene preso in considerazione nelle 5 centraline (La stazione di monitoraggio più vicina alla centrale è la CENSS3, posta a circa 1.6 km in direzione Sud, mentre le stazioni CENSS4 e CENSS5 sono poste rispettivamente a circa 3.2 km e 3.7 km in direzione Est. La stazione CENSS8 è invece ubicata a circa 6.9 km dalla centrale in direzione Ovest. La stazione CENPT1 infine, attiva da febbraio 2011, è posta all’interno dell’abitato di Porto Torres, a circa 4.7 km a Est dell’impianto. Per quanto riguarda gli inquinanti monitorati e di interesse per questo studio, le stazioni CENSS5 e CENSS8 misurano solo biossido di zolfo (SO2). La stazione CENSS4 misura inoltre ossidi di azoto (NOX), biossido di azoto (NO2) e PM10. La stazione CENSS3 misura tutti gli inquinanti misurati dalla CENSS4 con l’aggiunta del monossido di carbonio (CO). La stazione CENPT1 misura NO2, NOX e SO2/quadro ambientale). Non sono prese in considerazione tanto meno le misurazione del particolato PM <1, del particolato UF e delle nano particelle, nonché di inquinanti chimici come benzene, diossine/furani e diossine simili e metalli pesanti.
– Alle carenze nel sistema di rilevamento pubblico delle emissioni, si associa una intrinseca carenza nel progetto dell’inceneritore a “biomasse” di prevedere in maniera certa la tipologia di emissioni; ciò in relazione alla impossibilità di determinare le quantità e le qualità dei combustibili a disposizione nelle varie fasi e nei vari scenari proposti, con un numero di variabili di approvvigionamento e combustione difficilmente prevedibili e controllabili.
– In particolare, l’ipotesi di impiegare un residuo fossile come il FOK attraverso un caldaia “ausiliare” con la prospettiva di diventare prevalente nello sviluppare le potenze termiche prefissate, impone un ricorso al controllo delle emissioni non solo da combustione di “biomassa” solida, ma anche da un residuo fossile pericoloso alla stato semiliquido.
– Nonostante la combustione di “biomasse” vegetali evochi emissioni “pulite”, il principale problema ambientale creato dalle centrali alimentate a biomasse è l’emissione di particolato sottile e ultrasottile, con dimensioni inferiori a 1 micro (PM < 1). Addirittura alcuni recenti studi dimostrano che si verifica una minore emissione di polveri fini da impianti a olio combustibile, rispetto a quelle prodotte da caldaie a biomassa. I fattori d’emissione al momento disponibili, concordano, pertanto, con il fatto che, a parità d’energia prodotta, sia con impianti domestici che industriali, combustibili fossili quali l’olio combustibile, ma ancor più il metano e il gas naturale, hanno un impatto sull’ambiente nettamente inferiore a quello prodotto dalla combustione di biomasse, anche quando si adottano le migliori tecnologie oggi disponibili per la combustione e il trattamento fumi e non si misurano le frazioni più nocive.
– Nei controlli proposti per entrambe le caldaie, vengono considerati solo le polveri totali; per quanto riguarda le emissioni di diossine e di furani solo nella caldaia a biomassa, nelle previsioni vengono dichiarate ai limiti di legge, anche se l’incertezza sulle quantità e qualità delle biomasse di combustione e quindi sulle conseguenti emissioni, rende questi dati poco attendibili. Nei controlli ai camini non vengono menzionati quelli del particolato PM <1, del particolato UF e delle nano particelle, nonché di sostanze tossiche e cancerogene quali benzene, formaldeide, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), presenti nelle emissioni da combustioni da biomassa.
Per quanto riguarda il FOK di cui si dichiara nel SIA la necessità di importazione da altri siti ENI, essendo il craking dell’etilene dello stabilimento di Porto Torres chiuso, la scheda merceologica descritta è oltremodo carente rispetto a quella presentata a Marghera. In particolare, non vengono menzionati gli IPA che rispetto all’olio combustibile BTZ sono di 2063 mg/Kg v/s 1704 mg/Kg.
– Sommando questi inquinanti a quelli prodotti dalle biomasse, dal punto di vista emissivo emerge che aggraverebbero ulteriormente la criticità del sito, caratterizzato nello studio Sentieri da una nesso di casualità Sufficiente o Limitata di associazione con le fonti di esposizioni ambientali del SIN (…) che rileva, in entrambi i generi, un’aumentata mortalità per il tumore del polmone, per le malattie dell’apparato respiratorio anche acute e per le malformazioni congenite. Come è noto dalla letteratura scientifica, l’esposizione agli IPA (sostanze cancerogene Ia secondo la tabella della IARC) aumentando il rischio di cancro polmonare di 7,8 volte.
– Nonostante la bonifica sia da considerarsi un atto dovuto e risarcitorio, preliminare a qualsiasi altra attività, non si conoscono, a tutt’oggi, le modalità tecniche, i tempi, l’estensione dei terreni da bonificare ed il numero dei lavoratori che dovranno essere impiegati. Particolarmente, alla compromissione dell’acqua di falda si fa riferimento al piano di caratterizzazione eseguito da Saipem (ex Snamprogetti) per Syndial, nel periodo gennaio 2005 ÷ settembre 2007, attraverso una rete di monitoraggio costituita da 413 piezometri.
– E’ evidente che tali riferimenti siano datati e non rispecchino la gravità attuale della condizione d’inquinamento da benzene ed altri inquinanti non solo nell’area A, ma particolarmente nell’area della darsena. Tale area è interdetta al pubblico per il noto sversamento di benzene nelle acque, ma anche per una concentrazione nell’aria di circa 2500 microgrammi/m3 dello stesso benzene.
– La posizione prescelta per la costruzione della centrale a “biomasse”, se pur fuori dall’ area A del SIN con elevatissimo inquinamento dell’acqua di falda, grava sull’area della darsena con evidente incremento dell’emissione di benzene, presente anche nelle emissioni da combustione da biomassa e altri residui fossili.
– La qualificazione giuridica del detto S.I.N. impone categoricamente a tutti gli organi competenti l’osservanza dell’obbligo, posto dalla Direttiva 96/62 CE del 27 settembre 1996, di adottare provvedimenti idonei a conseguire il miglioramento della qualità dell’aria (mentre solo al di fuori dei S.I.N. si verifica l’insorgenza dell’obbligo del mero mantenimento della qualità dell’aria, se già buona); e che dall’inosservanza di tali obblighi possono scaturire condizioni di disastro ambientale.
Tutto ciò premesso,
si impegna il Presidente della Regione, l’Assessore alla Difesa dell’Ambiente e tutti gli assessori competenti affinché
– le osservazioni sopra esposte siano motivatamente considerate nell’ambito del procedimento di V.I.A. enunciate in premessa, con conseguenti provvedimenti, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt.9 e ss. della legge n.241/1990 e s.m.i., 24, comma 4°, del decreto legislativo n.152/2006 e s.m.i, 15 e ss. della legge regionale n.40/1990.
Cagliari, 22/10/2012
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