L’ennesima discarica in Sardegna: dove sono le nostre Istituzioni?
Consiglio Regionale della Sardegna
XIV Legislatura
Interrogazione Zuncheddu con richiesta di risposta scritta in merito alle criticità sulla realizzazione di una discarica per rifiuti cosiddetti non pericolosi in località ”Pranu Mannu” nell’isola amministrativa del Comune di Decimomannu in provincia di Cagliari
Premesso che
– Si fanno sempre più forti le preoccupazioni e i dubbi della cittadinanza e dei comitati dell’area intorno ai comuni di Decimomannu, Uta e Siliqua a proposito dei rischi che comporterebbe la realizzazione di una discarica per rifiuti in località “Pranu Mannu”;
– Tale discarica, secondo progetto, sarebbe destinata a “rifiuti non pericolosi”, un’affermazione che contrasta con l’elevatissima pericolosità, per la salute ambientale e delle popolazioni, dei rifiuti provenienti dall’industria pesante, come ad esempio i fanghi rossi che finirebbero nel suddetto sito;– Da quanto risulta dalle testimonianze di cittadini e anche in base a ciò che viene riportato dalla stampa sarda in data 19.06.2012, la cittadinanza non è stata adeguatamente informata dalle autorità competenti dell’esistenza di tale progetto e dell’impatto che esso avrebbe sul territorio e l’ambiente circostante (i documenti in questione sono stati pubblicati nel sito ufficiale della Regione Sardegna nel mese di Aprile 2012, mentre dalla stampa si apprende che già dal marzo del 2011 tale progetto era stato portato a conoscenza di alcuni amministratori locali);
Preso atto che
– Dal Progetto Definitivo – Allegato 1 si legge che “L’impianto accoglierà i rifiuti non pericolosi ed avrà una capacità di circa 484.350 m³. Ipotizzando un conferimento medio annuo di circa 75.000 tonnellate e un coefficiente di compattazione pari a circa 0.75 t/m³, la vita della discarica risulta essere di circa 5 anni”;
– L’area di intervento è stata individuata “in linea d’aria circa 5 km dall’abitato di Siliqua posto ad Ovest, circa 7 km dal centro abitato di Uta posto a Nord Est ed oltre 10 km dal centro abitato di Decimomannu che si trova anch’esso a Nord-Est”: si tratta quindi di un’area ben circoscritta, che comprende diversi comuni in notevole espansione urbanistica e aree a forte vocazione agro-pastorale, sebbene nel documento si ignori l’esistenza di un’economia tradizionale assai fiorente e si sottolinei il fatto che “…non sono presenti centri abitati circostanti l’area in oggetto, ma solo alcuni fabbricati isolati”;
– L’imponente e devastante progetto si realizzerebbe in un’area particolarmente sensibile sia sul piano naturalistico che ambientale, benché nel testo in oggetto si dichiari che “[…] non risultano vincoli ostativi, si è ritenuto dal punto di vista tecnico-progettuale ambientale un sito ottimale per la costruzione e gestione di tale impianto”, a pagina 7 dello stesso allegato 1 si può leggere che i confini della discarica corrispondono a quelli del “Distretto 25 – Monti del Sulcis”. In prossimità della Piana del Cixerri, si trovano:
1) “la caratteristica Rocca dell’Acquafredda, posta a circa 3 Km ad Ovest della Zona di Intervento”;
2) “un monumento naturale istituito ai sensi della Legge 31/89 (Fontanafredda), ad Ovest dell’area di intervento, ad una distanza di circa 3 km” e di “un vincolo archeologico ad Est dell’area, ad una distanza di circa 4 km”;
3) L’oasi di protezione Faunistica “Gutturu Mannu”;
4) a soli 2,5 km da un Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale “Foresta di Monte Arcosu”;
5) Il villaggio nuragico di “Monte Truxionis”, nonostante non sia stato inserito nel progetto definitivo quale vincolo da rispettare;
– In relazione all’impatto ambientale si prospetta inevitabilmente un forte inquinamento dei terreni interessati, atmosferico (per l’emissione di polveri, biogas etc.) e delle falde idriche per l’interazione tra le acque superficiali e sotterranee del percolato prodotto;
– Il consumo del territorio e la mortificazione delle attività tradizionali agro-pastorali che ancora oggi costituiscono un pilastro portante dell’economia delle aree interessate;
– Un aspetto che preoccupa in modo particolare i cittadini dei comuni interessati dal progetto e che non rispetta quanto previsto dal D Lgs 152/99 e succ. modifiche e integrazioni è proprio la presenza del bacino idrografico diffuso che comprende i rii Acqua Sassa, Bega Deretta e Riu Salamida che confluiscono nel lago del Cixerri;
– In deroga al suddetto D Lgs, che infatti non solo stabilisce il divieto di realizzare discariche nei pressi di corsi d’acqua, anche qualora questi fossero torrentizi, ma anche l’eventuale copertura di questi, come accadrebbe in questo caso specifico che infatti porterebbe alla copertura del rio Acquasassa);
– Inoltre, i rii a poche centinaia di metri dal sito in oggetto rappresentano un potenziale veicolo per le sostanze che si produrranno nella discarica, sia nella fase di realizzazione che in quella di gestione, e si diffonderanno così nell’ambiente circostante (il rischio si avrebbe inoltre anche a causa dei forti venti a cui è esposta quest’area, che causerebbero notevole dispersione delle sostanze come polveri, scorie di vario genere, biogas e particolato nell’atmosfera anche a notevoli distanze dal sito in oggetto e quindi andando a finire anche sui terreni adibiti a coltivazione, a pascolo ecc.);
– a tal proposito sono notevoli le contraddizioni del progetto in quanto se da una parte viene escluso che si possa “alterare la rete idrica sotterranea e superficiale” e quindi non sia prevista “alcuna misura di mitigazione”, al contempo si prevedono “frequenti monitoraggi ambientali delle acque sotterranee” finalizzate a “verificare l’evoluzione del fenomeno di eventuali contaminazioni in atto”;
– Inoltre viene confermato il rischio e pericolo di percolato che potrebbe penetrare “ nel suolo e nel sottosuolo (acque sotterranee) e nei corpi idrici superficiali” e che “potrebbe raggiungere le falde che sottendono l’area di interesse e i corpi recettori naturali nei quali confluiscono le acque meteoriche di regimazione”;
– Il Piano Generale delle Acque prevede per l’invaso del Cixerri la classificazione di “area sensibile”, ovvero posto sotto particolare tutela in base a quanto sancito dalla Direttiva 2000/60/CE, Reg. 2007/1100/CE e dalla Direttiva 98/83/CE;
– L’area in oggetto inoltre in base a quanto stabilito dalla Direttiva CEE 99/31 dista meno di 1 km dall’invaso del Cixerri e per giunta è area adibita al pascolo per cui del tutto fuori dai requisiti indicati dalla suddetta Direttiva;
– Tali considerazioni lasciano intendere quale possa essere il pregiudizio all’ambiente provocato dalla realizzazione della discarica, come invece vieta la Direttiva 91/156/CEE;
– Non vanno infatti dimenticati gli effetti negativi che si avranno nelle acque che sono usate per le attività agricole, i gestori dell’invaso idrico e la compromissione di un’area di così alto valore naturalistico che rientra anche in un progetto di gestione naturalistica;
– Non sono del tutto chiare le considerazioni presenti nello studio di impatto ambientale della società competente in quanto il livello della falda accertata da questo non risulterebbe a 30 metri dal piano di campagna, motivo per cui sarebbe alquanto doveroso istruire un ulteriore iter di controllo e accertamenti geognostici, anche per scongiurare il rischio che il percolato possa penetrare nella falda;
– Come stabilito dalla L.R. n. 9 del 12 Giugno 200 “la gestione dei rifiuti è affidata alle Province che fra le altre cose devono interpellare i comuni sulla gestione unitaria dei rifiuti”: dalla stampa si apprende invece che l’amministrazione comunale di Decimomannu, è venuta a conoscenza del progetto con notevole ritardo, ovvero all’incirca un mese dalla data in cui la Daneco ha depositato il progetto;
– Sebbene nel Piano Regionale dei Rifiuti sia previsto che “Nel territorio regionale dovranno trovare ubicazione solamente discariche per rifiuti inerti o non pericolosi, adeguate alla normativa vigente” si potrebbero elencare diversi casi in cui in deroga a tale normativa in Sardegna siano addirittura arrivati d’oltremare rifiuti speciali pericolosi, quali scorie radioattive;
– Lo stesso Piano prevede che “le discariche presenti nel territorio regionale sono esclusivamente a servizio dei rifiuti prodotti nel territorio regionale”, mentre si sono registrati casi in cui rifiuti e scorie provenienti da oltremare siano penetrati nei nostri territori destinati nelle nostre discariche;
– Per quanto concerne la tipologia dei rifiuti nel progetto definitivo è contenuto un lungo elenco tra cui “fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, fanghi rifiuti contenenti barite, cloruri, carbonato di calcio, cromo, elastomeri, plastomeri, zolfo, bitumi, ossidi metallici, solfuri, scorie fosforose, rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio nella produzione di diossido di titanio, nerofumo, ceneri pesanti, scorie non trattate, particolato, miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame, metalli e leghe: alluminio, piombo, zinco, ferro e acciaio, stagno, metalli misti, rifiuti prodotti da specifici trattamenti chimico-fisici di rifiuti industriali comprese decromatazione, decianizzazione, neutralizzazione; digestato; plastica e gomma, metalli, sabbia rocce, fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, delle acque di falda e altri;
– A pagina 94 del progetto si legge che il materiale proveniente dagli scavi verrà “stoccato nelle aree limitrofe l’area di discarica e presso ALTRA AREA posta a circa 1500 m dal confine dell’area di intervento”. Tutto ciò senza che venga precisata la collocazione geografica, nonostante i delicati equilibri dell’ecosistema;
– per quel che invece riguarda il “Ripristino finale” è scritto che l’“Obiettivo del ripristino ambientale è la restituzione del sito interessato dalla discarica all’ambiente”: le operazioni previste non sono altro che la “rivegetazione della copertura finale” tramite la messa a dimora di nuovi gruppi arbustivi. Ciò significa che tutti i materiali e le sostanze depositate negli anni all’interno della discarica verranno abbandonati nel sito, cioè non è prevista alcuna opera di bonifica;
– La fase di post gestione della discarica ai sensi del D. Lgs 36/2003 avrà “una durata trentennale ed inizierà dopo che la discarica avrà raggiunto la saturazione dei volumi previsti dal progetto ed autorizzati”, ciò significa che comunque il sito verrà compromesso per almeno cinque anni per la fase di gestione e per ben trent’anni non sarà del tutto ripristinato dal punto di vista ambientale per di più con “attività di manutenzione da effettuare al fine di condurre la discarica in sicurezza”;
Preso atto che
– In relazione al PUC alcune delle particelle catastali dell’area di intervento rientrano per destinazione d’uso in ZONA “E”, ovvero aree “ destinate all’agricoltura, alla pastorizia, alla zootecnica, all’itticoltura, alle attività di conservazione e di trasferimento dei prodotti aziendali, all’agriturismo, alla silvicoltura e alla coltivazione industriale del legno”, pertanto non compatibili con le attività svolte all’interno di una discarica per rifiuti. Più nello specifico tali aree ricadono in:
1) ZONA E 2 – aree di primaria importanza per la funzione agricolo-produttiva in relazione all’estensione, composizione e localizzazione dei terreni”
2) ZONA E 5 – aree marginali per l’attività agricola nelle quali è necessario mantenere la stabilità ambientale;
Preso atto che
– La società proponente di tale progetto è la DANECO S.r.l., di origine campana e leader nel settore dei rifiuti, società della holding Unendo, i cui amministratori e dirigenti sono a tutt’oggi sotto inchiesta per ipotesi di reato a vario titolo (dalla corruzione a truffa ai danni dello Stato, dalla frode nelle pubbliche forniture al disastro ambientale, falso in documenti tecnici sulla conformazione del territorio, alla mafia);
– In particolare, da quanto si apprende dalla stampa recente, la Procura di Milano ha aperto una inchiesta in merito alla corruzione, che coinvolge anche alti funzionari di Ministeri del Governo Italiano, in merito alla bonifica della Sisas di Pioltello, in merito alla quale è ipotizzata la violazione delle norme ambientali e di traffici “di rifiuti tossici nel Mediterraneo e container pericolosi che spariscono nel nulla o cambiano codice”;
– Un altro caso che ha destato l’interesse da parte della stampa internazionale, è quello relativo a “280.000 tonnellate di rifiuti di nerofumo contaminate da mercurio” e sulle quali sono state fornite dalla Daneco solo alcune informazioni circa una minima quantità equivalente a 25.000 tonnellate di questi rifiuti pericolosi, “parte delle quali pesantemente contaminate da mercurio, che sono state spedite in discarica a Nerva, in Andalusia. Mentre le altre tonnellate rimangono, per ora, un mistero”;
Tutto ciò premesso
Si interroga il Presidente della Regione, l’Assessore alla Difesa dell’Ambiente, l’Assessore alla Sanità e tutti gli Assessorati ognuno per propria competenza per sapere
1) Se sia stato predisposto o abbiano intenzione di predisporre un iter di controllo ulteriore rispetto ai documenti forniti e agli studi condotti dalla società DANECO, in modo tale da evitare che il controllore e il controllato non siano lo stesso soggetto e si garantisca la massima obiettività nei risultati delle indagini;
2) Se abbiano considerato il notevole impatto negativo che l’attività della discarica apporterebbe al bacino idrografico del Cixerri;
3) Se abbiano considerato gli effetti negativi sulle attività agropastorali della zona;
4) Se abbiano provveduto a verificare che il progetto sia conforme a quanto stabilito da
1.Piano Generale delle Acque che prevede per l’invaso del Cixerri la classificazione di “area sensibile”;
2.Direttiva 2000/60/CE, Reg. 2007/1100/CE;
3.Direttiva 98/83/CE;
4.Direttiva CEE 99/31
5.Direttiva 91/156/CEE;
6.PUC per quanto concerne i vincoli di ZONA E 2 e ZONA E5;
7.D Lgs 152/99 e successive modificazioni;
8.LR 31/89
5) abbiano intrapreso urgenti misure per impedire che il villaggio nuragico di Monte Truxionis, inestimabile patrimonio storico – identitario per i sardi, venga irreparabilmente compromesso con la realizzazione della discarica e fare chiarezza su quali sia state le ragioni per cui lo stesso complesso sia stato incomprensibilmente escluso fra le presenze che costituiscono vincolo dell’area interessata dal progetto;
6) Se abbiano previsto uno studio geologico – archeologico e indagini geognostiche mirate da affidare ad esperti terzi diversi da quelli della società committente;
7) Se, alla luce delle numerose inchieste giudiziarie ancora in corso sulle attività della società richiedente e alla holding cui essa fa riferimento, abbiano predisposto tutti i doverosi controlli per scongiurare eventuali infiltrazioni del cosiddetto business delle “ecomafie” nel territorio sardo e possibili irregolarità concernenti la presentazione di documenti e studi effettuati, come già avvenuto in altre regioni italiane.
Claudia Zuncheddu
Cagliari, 20/06/2012
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