Sulla replica di Cappellacci su “questione delle Entrate” e i suoi rapporti romani
Consiglio Regionale
09/02/2012
Tracce del mio intervento
Dopo le dichiarazioni del Presidente Cappellacci nel suo intervento di replica in merito agli accordi intercorsi tra lui e il Governo italiano sulla questione delle Entrate, non posso esimermi da una seria riflessione. Il Presidente si è presentato in Aula per sferrare un attacco paradossale e ingiusto dichiarando “di credere nella dialettica e nel confronto, di essere deluso per la mancanza da parte dell’Aula di contributo al dibattito sulle Entrate”, dimenticando le nostre battaglie e persino l’occupazione dell’Aula del 20 dicembre del 2010 (quando si chiedeva al Presidente della RAS di ricorrere alla Corte Costituzionale per imporre al governo italiano il rispetto dell’Art 8 dello Statuto Speciale sulle Entrate Fiscali. Accordo da lui disatteso). Inoltre nella sua replica si lamenta “per le polemiche, per le bugie e per l’amore del contradditorio della controparte”.
Il P. Cappellacci ribalta le sue responsabilità evocando Obama e facendo propria la battuta secondo cui “l’America sarebbe grande perché sa lavorare di squadra…”.
Queste dichiarazioni, sono dettate dalla sua coscienza critica contro se stesso, visto che in modo paradossale, è esattamente tutto ciò che lui ha negato non solo ai gruppi di opposizione ma alla sua stessa maggioranza in questi tre anni.
La Sardegna oggi deve fare i conti non solo con la crisi interna, ma con la crisi finanziaria mondiale che si abbatterà ancor più nell’anno in corso e che troverà i sardi indeboliti e impreparati a fronteggiarla. Farà i conti con un governo italiano c.d. “tecnico” gestito per la prima volta da rappresentanti diretti di interessi di un potere finanziario europeo, che preso atto della incapacità politica ed economica del precedente governo Berlusconi e della sua stessa impresentabilità morale e costituzionale, ne ha sancito la sostituzione con rappresentanti più accreditati e credibili in Europa.
E’ chiaro a tutti che l’economia italiana, specialmente in questi ultimi anni, balla sull’orlo del baratro e del fallimento grazie agli sperperi, alle diseconomie e alla gestione affaristica dello Stato.
L’attuale capo di governo Monti, accreditato dalle Cancellerie europee e il Presidente della Banca Centrale Europea Draghi, sono i banchieri che hanno gestito le dinamiche delle banche di investimento europee e mondiali per cui conoscono bene i principi a cui si ispirano. Principi che sicuramente non tutelano gli interessi del Sud dell’Europa e ancor meno quelli dell’economia sarda in fortissima crisi.
Oggi, noi sardi dobbiamo fare i conti con l’”Europa delle grandi nazioni” che non solo ignora la realtà delle “piccole nazioni”, ma principalmente su di esse fa ricadere i costi della crisi globale.
Noi sardi ci troviamo di fronte a un’Europa matrigna e a un governo italiano definito ingannevolmente “tecnico”. Di fatto è un governo fortemente “politico” voluto e sostenuto dai grandi partiti di CD e dal PD, un governo al servizio dell’Europa, e ribadisco, “l’Europa delle grandi nazioni”.
In questo contesto di forti interessi internazionali, noi sardi dobbiamo fare i conti soprattutto con l’assenza di una rappresentanza sarda forte, credibile e all’altezza della situazione. Purtroppo questa è un’altra condanna.
In questi tre anni, quando abbiamo esortato la presenza in Aula, del nostro Presidente, non era per creare “fastidio ideologico” o “per amore del contradditorio”, così come ha appena dichiarato, ma era necessario che tutte le forze politiche e tutte le componenti istituzionali della Nazione Sarda, facessero quadrato sul dramma economico in corso e su quello che si sarebbe abbattuto sui sardi, quali strategie adottare per arginare l’emergenza, quale strategia globale per il futuro, con quali risorse… magari con le Entrate, di cui avremo dovuto imporre la restituzione e non l’apertura di ennesimi tavoli.
Purtroppo tutto questo ci è stato negato in modo irresponsabile proprio dal P. Cappellacci. Di fatto alle sue assenze fisiche e politiche, sono seguite le assenze della sua Giunta sempre più “sgangerata”, creando una frattura netta all’interno degli organi istituzionali e allontanando ogni possibilità di confronto e di elaborazione di un progetto politico serio e condiviso.
Quindi, per la crisi di democrazia interna e la delegittimazione dei ruoli, di cui lei è responsabile P., si è sentito autorizzato a gestire in solitudine e con sottomissione la “questione sarda” su inutili tavoli romani.
Ma non è più tempo per mendicare.
Deve prendere atto, che oggi più che mai, lo Stato italiano che deve rispondere a interessi europei, innalza sempre di più il livello di scontro con la RAS, sempre più in crisi, per cui non è più tempo di weekend romani, ma di azioni concrete e adeguate tese ad affrontare una volta per tutte i rapporti fra lo Stato italiano e la RAS.
Le manifestazioni di disperazione dei sardi, nelle piazze, sono il frutto dell’aggressione dello Stato italiano, contro il quale nulla è stato fatto in questi tre anni, anzi, con il senso di impotenza e di sudditanza che ha sempre accompagnato il nostro Presidente, le stesse decisioni prese dal Consiglio regionale, sono state delegittimate. Vedi la questione delle Entrate con l’Art. 8, dell’Art. 9 e dello stesso Art. 51 dello Statuto Speciale.
Dobbiamo prendere atto che siamo al centro di forti conflitti istituzionali a tutti i livelli: interni ed esterni alla Sardegna. Non è più questione di “aprire tavoli tra amici… utili giusto per un thè” o darci appuntamento a Roma, per discutere tra sardi di questioni sarde. Anche questa scelta, tipica di un uomo in fuga, sa di presa di distanza e di disconoscimento del valore istituzionale delle sedi nella nostra Terra.
Non è vero che tutto fa brodo, e che un luogo vale l’altro per discutere e per prendere decisioni politiche anche forti nei confronti dello Stato italiano, per cui anche per il valore simbolico delle nostre sedi istituzionali non ritengo opportuno andare in Italia per parlare fra noi e di questioni che riguardano noi.
Il Presidente torni in Aula, accetti la nostra proposta di unità reale, ricomponga la sua Giunta sgangherata, della quale, sia per i frequenti rimpasti, sia per le assenze c’è difficoltà persino a ricordare nomi, cognomi e facce degli assessori. Diversamente, chiederemo alla Presidente Lombardo di posizionare sui banchi della Giunta le foto degli assessori con i loro nomi.
Ci accingiamo a discutere la Finanziaria 2012 in un clima di totale disperazione economica nei nostri territori, per cui c’è da chiederci se questa Finanziaria soddisferà almeno in parte le aspettative dei sardi in sofferenza.
Purtroppo a questa Finanziaria manca una strategia globale di emancipazione economica, sociale, culturale e ambientale per la Sardegna. Nonostante gli sforzi fatti dai colleghi della 3° Commissione sulla proposta presentata dalla Giunta, per cercare di dare un minimo di dignità economica e corrispondenza alle richieste della società sarda alla proposta presentata dalla Giunta e nonostante “tagli e integrazioni”, essa continua ad essere impresentabile, incoerente e non dà alcuna prospettiva di uscita dalla crisi per l’economia sarda.
L’attuale capo di governo Monti, accreditato dalle Cancellerie europee e il Presidente della Banca Centrale Europea Draghi, sono i “banchieri” che hanno gestito le dinamiche delle banche di investimento europee e mondiali per cui conoscono bene i principi a cui si ispirano. Principi che sicuramente non tutelano gli interessi del Sud dell’Europa e ancor meno quelli dell’economia sarda in fortissima crisi.
Il compito della RAS, quindi la missione della Finanziaria, come atto fondamentale per le sorti della nostra economia, sarebbe dovuto essere quello di recepire le emergenze che vengono dal mondo industriale, degli Artigiani, dei Pastori e Contadini, delle libere professioni, del piccolo commercio, degli Autotrasportatori, con la richiesta del mondo della scuola e della cultura di non morire, per garantire alle nuove generazioni: istruzione, professionalità e competenze, per affrontare e sconfiggere con la creazione del lavoro, questa grave crisi economica che sta diventando la recessione.
Claudia Zuncheddu
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