Attenti al lupo…
di Barbara Foisda Liberacittadinanza28 ottobre 2010
Il Movimento dei Pastori Sardi combatte da mesi una battaglia disperata per la sopravvivenza: il latte viene pagato sottocosto dal cartello delle industrie casearie. I pastori sono indebitati, stremati, alla fame. Ma dalla Regione Sarda arrivano solo risposte negative. I pastori che manifestano vengono caricati dalla polizia, che spara lacrimogeni ad altezza d’uomo. Un pastore perde un occhio. La lotta continua
Sono mesi che il Movimento dei Pastori Sardi chiede attenzione e soprattutto che la Regione Sardegna mantenga le sue promesse. Ma il governatore Cappellacci fa finta di niente. Un ologramma avrebbe più spessore e personalità. Ma del resto lui è lì perché ce l’ha messo Berlusconi, che per il fatto di avere delle proprietà nell’Isola e una villa in stile cafonal-chic, con tanto di vulcano finto e di teatro romano, crede di esserne il proprietario.
Molti che hanno proprietà, night, ville più o meno grandi e cafone lo credono, ma si sbagliano. E quando lo scopriranno non sarà piacevole per loro.
I Sardi sono un popolo molto controllato, paziente, orgoglioso, dignitoso. Non urlano, non fanno scenate, non si lamentano. Sono calmi, chiusi, preferiscono ragionare a scontrarsi. Sono individualisti e come tutti i popoli del Mediterraneo anche un po’ fatalisti. Ma guai se perdono la pazienza.
E bisogna dire che il governo della Regione e quello nazionale stanno facendo di tutto per fargliela perdere.
La protesta dei lavoratori in cassa integrazione autosegregati da febbraio all’Asinara ed ora il Movimento dei Pastori Sardi sono un sintomo di un malessere sociale ed economico profondo, ma anche di una presa di coscienza forte e combattiva.
Il MPS non è legato a nessun partito, non ha né padrini né padroni e dunque nessuno li supporta e li aiuta: e chi se ne frega se sono alla fame, se le aziende chiudono piene di debiti. Possono contare solo su sé stessi, non certo sui politici.
A settembre Cappellacci, il governatore della Sardegna, dopo tante sollecitazioni, ha preso degli impegni con loro, ha fatto delle promesse. Tutte cadute nel nulla. Così qualche giorno fa i pastori sono andati davanti al palazzo della Regione, chiedendo di essere ricevuti in delegazione. Al prevedibile diniego la loro risposta è stata “Visto che non ci fanno entrare, noi non li facciamo uscire” e hanno circondato il palazzo. E allora un drappello è riuscito ad entrare e a occupare simbolicamente una stanza. Si sono affacciati alle finestre sventolando la bandiera dei 4 mori e quella blu e gialla dei pastori. Sotto la piazza applaudiva e gridava slogan. Poi improvvisamente si è scatenata una carica bestiale della polizia, che sparava fumogeni ad altezza d’uomo e prendeva a sprangate persone pacifiche e indifese: le immagini viste nei tg non lasciano dubbi. Come le testimonianze dei presenti. Clara Aru Bentesoi, una cantante folk molto conosciuta nell’Isola, che era lì per sostenere i pastori, ha scritto una pagina sconvolgente su Facebook, raccontando come in un istante, senza soluzione di continuità, le stesse forze di polizia che chiacchieravano e ridevano coi pastori hanno cominciato a manganellarli, senza un apparente motivo. Un massacro inspiegabile e assurdo. L’onorevole Claudia Zuncheddu – consigliera regionale dei “ RossoMori”, partito indipendentista di sinistra – che è anche un medico, si è precipitata fuori dal palazzo per soccorrere i feriti, uno dei quali ha perso un occhio. Mi dice ancora sconvolta “…manifestavano tranquilli, disarmati e hanno subito una repressione violenta e incomprensibile, da parte dalle forze dell’ordine che presidiavano il Consiglio Regionale. Abbiamo assistito al lancio di candelotti lacrimogeni ad altezza d’uomo, sfiorando la tragedia più e più volte, non solo fra i manifestanti, ma anche fra i passanti.” E mi racconta di una carrozzina con un bimbo mancata per un soffio da un lacrimogeno. E ribadisce “ L’unico “delitto” che il MpS ha compiuto in questi mesi, con le sue manifestazioni, è quello di far conoscere all’opinione pubblica mondiale le “truffe” che si stanno consumando ai danni di tutta l’economia tradizionale sarda, a partire dall’incontrollata importazione di carni prodotte all’estero, di “origine non controllata” e imposta nei nostri mercati a “prezzi di liquidazione”, mettendo così in ginocchio i nostri allevatori e i loro prodotti di qualità”.
Ma i problemi sono tanti e pesantissimi. Dice Felice Floris, il leader del Movimento “Il problema di base è che ormai tutto quello che si produce dalla terra non vale più niente… E non solo in Sardegna. I costi di produzione sono sempre più alti. Anche il prezzo finale che paga il consumatore è sempre più alto. Eppure i prezzi che vengono pagati al produttore sono sempre più bassi. Noi non possiamo più accettarlo. Con 5 litri di latte si fa un chilo di formaggio. Il prezzo medio per il latte che qui viene pagato al produttore, è di 60 centesimi al litro. Quindi un chilo di formaggio vale 3 euro. Ma il consumatore se lo trova a 12-20. ”
Non basta: “Ormai tutti i trasformatori caseari industriali, sono ostaggio della grande distribuzione. È questa che decide le condizioni di pagamento e impone i prezzi al ribasso. Poi il trasformatore si rifà sull’anello più debole della catena, cioè il pastore. Il risultato è che noi oggi produciamo sottocosto. Produrre il latte di pecora ha costi più alti che produrre quello di mucca: una pecora fa 1 litro di latte, una vacca 50 litri. Quindi, a parità di alimentazione, una pecora costa di più. In sintesi produrre un litro di latte di pecora ci costa almeno 80 centesimi/ 1 euro. Invece ci viene pagato 60 centesimi. Inaccettabile in un Paese democratico”.
Ma insomma cosa chiedono i pastori? Ha chiesto a Floris il giornalista Giorgio Pisano, in una lunga intervista di cui riproponiamo qui qualche battuta “Chiediamo l’apertura di almeno cinque centri di refrigerazione gestiti direttamente dai pastori. Ci permetterebbero di conservare il prodotto, reperire possibili acquirenti fuori dall’isola e rompere il monopolio degli industriali. Però abbiamo necessità che la politica si svegli, che la Giunta regionale, il Governo e l’Europa si accorgano di noi». In che modo?«Tanto per cominciare acquisendo le immense giacenze di formaggio invenduto. Lo hanno fatto per il grana padano e il parmigiano reggiano: perché il nostro pecorino no? La pastorizia è fondamentale per la Sardegna sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. Siamo la prima industria, per dirla chiara. Le aziende agropastorali regolarmente censite sono circa diciottomila. Gestiscono due milioni e seicentomila pecore, producono (dati del 2009) trecento milioni di litri di latte. A cui se ne aggiungono altri duecento milioni prodotti dalle vacche. Secondo la Regione, il 95 per cento del latte ovino diventa pecorino romano. L’MPS abbassa questa percentuale al 60 per cento.” Tutto l’invenduto, secondo voi, lo deve assorbire lo Stato. «Fatemi capire. La Fiat va in crisi e inventano gli incentivi per la rottamazione, l’edilizia si ferma e viene escogitato il piano casa, l’industria degli elettrodomestici precipita e si creano i super-sconti per computer e lavatrici. I pastori sardi non sono figli della stessa mamma e dello stesso babbo? In qualche caso hanno fatto pure di peggio». Cioè? «Il predecessore del ministro Galan ha trovato un miliardo e 600 mila euro per pagare le multe sulle quote-latte inflitte agli allevatori padani: grande cortesia clientelar-elettorale. Meglio, dunque, che oggi stia zitto». Cosa rivendicate?«All’estero hanno avuto lo stesso problema delle eccedenze e l’hanno risolto. Vorremmo succedesse anche da noi, vorremmo che il nostro pecorino andasse sulle mense del Terzo Mondo. Finché resterà nei magazzini la contrattazione sul prezzo del latte sarà inevitabilmente condizionata».Poi? «Chiediamo i de minimis, aiuti di Stato che, sempre all’estero e con un’emergenza identica alla nostra, hanno risolto. Quant’è? Quindicimila euro ad azienda per tre anni».
Oggi c’era l’incontro con presidente Cappellacci che si era preso qualche giorno per pensarci, ma stasera ha detto no. Picche. Non se ne parla: i soldi per il de minimis non ci sono. Se i pastori vogliono può dare loro 2500 euro subito e altri 5000 a Pasqua. “Non siamo venuti qui con il cappello in mano a chiedere la carità. Noi avevamo idee e progetti per far ripartire il settore!” ha detto indignato Floris. Così la lotta continua.
I soldi non ci sono… strano. Perché ci risulta invece che ci siano: dice Adriano Salis dell’IdV ”Ricordiamo al presidente Cappellacci che la Sardegna ha a disposizione in bilancio circa 6 miliardi e mezzo di euro ma, per colpa del Patto di stabilità, non può impegnare più di 3 miliardi e 200 milioni. Tolti i fondi per la Sanità regionale e altre spese obbligatorie, rimarrebbe disponibile e spendibile circa un miliardo di euro. Cifra sufficiente a dare risposte immediate e concrete alle richieste del mondo agro-pastorale sardo, sia del Movimento Pastori Sardi che delle altre Associazioni del comparto”. E Claudia Zuncheddu dei RossoMori rincara nel suo blog “L’economia agro-pastorale sarda non può essere sacrificata sull’altare del “mancano i soldi”, quando lo Stato Italiano deve alla Sardegna solo con la vertenza sulle Entrate un miliardo e seicento milioni di euro, con i quali si potrebbe affrontare non solo la crisi del settore agropastorale ma anche quella degli artigiani, commercianti etc.”
Se infatti il governatore Cappellacci e i suoi alleati “…avessero davvero la volontà di “salvare i pastori dal fallimento”, troverebbero i fondi con nuove scelte strategiche e tagliando parti del bilancio regionale: come “sussidi a fondazioni”, ristrutturazione del “seminario plurimiliardario” dell’arcivescovo Mani (che ospita solo tre studenti e per il quale chiede altri fondi per l’ampliamento); il “finanziamento alle scuole confessionali”, agli “oratori cattolici”, per “costruzione e ristrutturazione di chiese cattoliche” …e l’elenco non si ferma qui, nonché gli sprechi palesi negli assessorati regionali, nelle Agenzie e nelle consulenze esterne. Per quanto riguarda il taglio ai “costi della politica”, la riduzione del 50% degli stipendi ed emolumenti dei consiglieri regionali, assessori e presidente, sarebbe un bell’esempio e immediatamente praticabile.”
Insomma: i soldi si potrebbero facilmente trovare, è che non interessa a nessuno trovarli. Perché i pastori non hanno sponsor e non contano niente nemmeno a livello di audience televisiva. A parte pochi servizi brevissimi sui TG non se ne è parlato proprio. L’altro giorno Gad Lerner ha invitato all’Infedele una rappresentanza del MPS: in 2 ore e 11 minuti di trasmissione è riuscito a dedicare loro 1 minuto e 46 secondi. Nessuno che non fosse sardo può aver capito di cosa si parlasse e quale fosse il problema. Ma chi se ne frega, l’importante è avere il pastore in studio: fa così politically correct! E allora non resta che combattere. Intanto nei prossimi giorni i pastori torneranno a Cagliari, sotto il palazzo della Regione.
Sarebbe consigliabile che Cappellacci e i suoi si ricordassero le parole di una famosa canzone sarda di rivolta contro i feudatari, del 1794, e che si intitola Procurade e moderare barones sa tirannia (Procurate di moderare, baroni, la tirannia) e che viene considerata “la Marsigliese sarda”, soprattutto dove dice :
Decrarada est giaj sa gherra
Contra de sa prepotentzia
Incomintzat sa passentzia
In su pobulu a mancare
(Dichiarata è già la guerra/ contro la prepotenza/ incomincia la pazienza / nel popolo a mancare)
Anche quei feudatari credevano di essere eterni e inamovibili…
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