I pastori sardi pestati e beffati
Consiglio Regionale del10/11/2010DL 186 Disposizioni in materia di agricoltura Tracce di InterventoOggi parliamo di “latte” e di una lunga storia di truffe che non accennano a bloccarsi, neppure oggi, vista la nuova proposta di Legge.La crisi del settore agro-pastorale sardo è una vecchia storia irrisolta ormai da decenni e di cui la RAS ha delle gravi responsabilità sia di ordine economico (vedi le imprese pastorali e dell’agro-alimentare sempre più sull’orlo del fallimento e in mano alle banche), che di ordine sociale: le famiglie che non possono più campare, l’abbandono delle campagne e la desertificazione delle economie. Una condizione critica che rischia di degenerare nel “malessere sociale”, stagione già drammaticamente vissuta dal popolo sardo e per convenienza declassata dallo Stato italiano a “fenomeno di ordine pubblico” e definita velocemente “banditismo”. Alla luce degli ultimi eventi e delle lotte portate avanti dai pastorisia dell’MpS che da vari sindacati, la crisi del settore acquista aspetti non più derogabili, per cui è d’obbligo un’analisi approfondita per la costruzione di una “politica di tutela” dei produttori e dei loro prodotti, in un’ottica di salvaguardia e di sviluppo delle economie tradizionali ormai al tracollo.La proposta di Legge 186, non solo era espressione della confusione politica generale che regna in questa Giunta e su questi temi, ma lo stesso dibattito ora in corso in Aula sulle modifiche della 186 (di fatto stravolta totalmente), si sta svolgendo a mio avviso in “acque volutamente torbide” per difendere prevalentemente gli interessi dell’Industria casearia “appoggiata” da una certa classe politica.Questa difesa ad oltranza dei Profitti degli industriali del settore porta conseguentemente all’impoverimento dei produttori latteari e delle loro cooperative e organizzazioni di settore: “film già visto” sulla determinazione del prezzo del latte sino ad oggi.La forte contestazione dei pastori sardi in questi mesi, sicuramente ha risvegliato le coscienze dei sardie imposto, una volte per tutte, alla classe politica (e speriamo anche alla Giunta in carica), una forte riflessione su questo “meccanismo perverso” che ha ridotto i pastori ad uno stato di schiavitù e di ricatto economico perpetuato dagli industriali. Il dramma dei pastori e dell’agro-alimentare sardo impone urgentemente la necessità di trovare reali, eque e praticabili soluzioni per uscire dalla crisi del settore che rappresenta anche gran parte dell’identità del popolo sardo.L’industria di trasformazione del latte, gli industriali del settore hanno sempre avuto un accesso privilegiato ai finanziamenti pubblici regionali ed europei, creando un’ipoteca sulla divisione dei finanziamenti del settore, accaparrandosene gran parte e privando gli altri attori economici della disponibilità dei finanziamenti, concorrendo con queste politiche, a tutti i livelli, a depauperare le risorse finanziarie.Questa politica economica di “disparità e di discriminazione” dei settori più debolidell’allevamento e dell’agro-alimentare ha contribuito a mettere in ginocchio i produttori agro-pastorali e specialmente quelli a conduzione prettamente familiare, quindi la stragrande maggioranza di essi. Fino ad oggi il settore della pastorizia si è basato su una grande ingiustizia:“Vendere il proprio latte agli industriali a prezzo inferiore rispetto al costo di produzione, significa garantire i Profitti all’industria e accumulare debiti per i produttori”.La causa principale dell’indebitamento dei pastori, è quindi la “vendita sottocosto” del latte. Chi determina il prezzo, non sono le leggi del mercato, come per tutti i prodotti, ma gli “industriali del latte” con le “leggi drogate” che li assistono e con le “strette connivenze” con il sistema politico, che gli permette di sfuggire ad ogni controllo sui prodotti (origine, provenienza, tipo di lavorazione, quantità e qualità) e di continuare a detenere “indisturbati” le “regole drogate” del mercato.E’ così che in nome del Profitto, il prezzo del latte viene calcolato sul costo del formaggio più economico: il pecorino romano, ignorando del tutto i prodotti caseari pregiati che ovviamente concorrerebbero a innalzare il prezzo del latte al produttore e a dargli un equo ristoro diminuendo con ciò il Profitto agli industriali che sicuramente non hanno i loro stabilimenti all’asta.Tenendo conto che il prezzo del latte, come per tutti i prodotti, è in stretta relazione con le oscillazioni di un mercato “non drogato”, questo dev’essere calcolato in modo trasparente e di volta in volta sul prezzo medio di tutti i prodotti caseari immessi nel mercato e non solo sul “pecorino romano”. Questo è un metodo che dev’essere rigorosamente vincolato alla normativa europea.A tutt’oggi manca un’analisi approfondita sulla ricaduta delle ingenti sommedi fondi pubblici più che “investite”… scusate …“spese” a sostegno del settore agro-pastorale negli ultimi decenni. Basti pensare che i soli fondi FEOGA (Fondo Europeo Agricolo/sezioni Orientamento e Garanzia) presenti nel “POR Sardegna 2000- 2006” ammontano a ben 956.858.305,01 euro (impegnati al 30 giugno 2009), dei quali sono stati spesi 882.575.881,74 (al 30 giugno 2009). I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma tuttora non si vuol capire che il settore in Sardegna manca di serie e radicali riforme necessarie per poter rimanere sui mercati internazionali, a partire dal mercato italiano all’interno del quale potremmo avere un “ruolo leader”. Per far ciò è necessario che si sostengano le Organizzazione dei Produttori che devono farsi carico di tutta la filiera, (produzione, raccolta, distribuzione, commercializzazione, quindi ricerca di nuovi mercati ecc.).Solo così si possono salvaguardare i pastori e specialmente le piccole imprese a conduzione familiare e creare possibilità di sviluppo reale del settore, di una giusta redditività e del mantenimento dei posti di lavoro oggi esistenti e purtroppo sempre più precari.Tali operazioni devono essere di pertinenza di “organizzazioni costituite dai produttori”, quindi dalle c.d. OP, volute dalle normative europee e fondate sul principio di autogestione. E’ ad esse che devono essere diretti i finanziamenti pubblici per il comparto ovino. Di pari passo, è fondamentale che si sostenga con adeguati investimenti la conversione del latte in prodotti di qualità debitamente certificati. Sono ormai condizioni minime per poter esistere in Europa e devono essere sostenute con provvedimenti finanziari dalla RAS.La diversificazione delle produzioni del settore è un’esigenza inderogabile per la vita delle nostre imprese agro-alimentari e dell’allevamento, ma è anche una esigenza posta dai consumatori che in un “mercato maturo” chiedono sempre più prodotti derivanti da una filiera locale e totalmente certificata da controlli severi, soprattutto sulle merci e gli animali in entrata, ma anche in uscita sui prodotti finiti. Tutto ciò per salvaguardare realmente l’economia locale e contrastare adeguatamente la globalizzazione mondiale che non lascia ricchezza nella nostra terra, anzi drena denari e risorse che vengono rinvestite fuori. Questo è l’’unico modo per essere accreditati come “produttori di qualità” nel mercato internazionale e locale.Assessore Prato, lei concorderà che l’industria sino ad oggi ha parassitatoi produttori distruggendoli. La soluzione alla crisi che ne è conseguita, sarebbe assai semplice se non ci fossero interessi trasversali fra una “certa politica” e l’”industria”, interessi inconciliabili con quelli della grande maggioranza dei produttori sardi.Riteniamo che la RAS e la sua Giunta, debba stabilire una volta per tutte con chi stare e di conseguenza intervenire con nuove strategie sia per l’”emergenza” che per il rilancio delle nostre economie tradizionali.La classe politica sarda e il suo governo deve occuparsi, una volta per tutte e in termini seri delle “politiche del latte”. La Sardegna deve presentarsi a nuovi mercati mondiali garantendo principalmente la ricaduta sui produttori.Non è pensabile che gli industriali del settore, gestiscano in modo monopolistico il mercatodel formaggio. Ci devono far riflettere le considerazioni di esperti del settore che hanno a cuore le esigenze dei Pastori, con cui i formaggi sardi, in modo “misterioso …e non troppo”, seguirebbero le c.d. “vie delle frodi”, ossia i “traffici lungo le vie del formaggio” che portano ai “paradisi fiscali”, come quelli che fanno tappa obbligata prima a Madeira, dove si stabilisce paradossalmente il prezzo del latte al pastore, per poi proseguire indisturbati, generando “mercati drogati” in un “regime di far west” dove i nostri produttori corrispondono ai “nativi americani”, i “Pellerossa”.La classe politica oggi, deve affrontare e far propri i problemi strutturali e organizzativi del settore agro-pastorale. Non può più derogare la propria responsabilità.Non possiamo più come classe politica sarda, assistere senza reagire e senza programmare i contrappesi ad un fenomeno in cui chi decide il prezzo non è il mercato, bensì pochi industriali, capaci di manipolarlo senza controllo. Tutto ciò sulla pelle dei produttori sardi, ormai piegati dallo sfruttamento industriale e impossibilitati ad autoregolamentare il mercato agro-pastorale in quanto non sostenuti adeguatamente da interventi regionali tali da riequilibrare il mercato stesso.Assessore Prato se si vuole davvero aiutare l’economia dei pastori, specialmente dei più piccoli, quelli a conduzionefamiliare, non possiamo legare il contributo promesso al numero dei capi ovinicaprini posseduti e registrati nella Banca Dati Nazionale… Questo rischia di diventare una “grande truffa” (come già avvenne con i “bollettini truccati”) che discrimina i produttori più deboli del settore condannandoli al fallimento certo.Per superare il momento di crisi e creare una nuova prospettivanoi riteniamo necessario rimettere in moto la commercializzazione dei mercati tradizionali in mano alle OP. Ma Lei, assessore Prato non ha manifestato alcuna volontà di ripristino e potenziamento delle OP, così appare! Ribadiamo che il prezzo del latte dev’essere stabilito dalla media dei prodotti caseari nel mercato e non solo dal pecorino romano, evitando l’accesso ai contributi; Che venga erogato quanto dovuto; Che per ogni operazione dev’essere garantita la ricaduta sul pastore, quindi sul prezzo del latte; Se ci sono i fondi che vengano indirizzati a garantire il Piano di Benessere Animale… che è assolutamente da rivedere;Chiediamo che la RAS ripristini l’Osservatorio presso LAORE, attualmente sabotato, visto che non fornisce alcun dato sulla produzione, sugli allevamenti, sulle “giacenze di pecorino romano di cui molto si parla”, per le quali vorremo sapere dove sono e a quanto ammontano. Assessore Prato, il Consiglio Regionale visto che è un organo che legifera, non può farlo al buio.Oggi parliamo del dramma dei pastori, ma ci chiedono un’assunzione di responsabilità anche altri comparti in crisi, come quello orto-serricolo: gli agricoltori dell’ASSOFF, centinaia di agricoltori di cui nessuno parla e che a due anni dall’evento alluvionale, hanno le proprie aziende in ginocchio e chiedono il riconoscimento dello stato di crisi socio-economica e il riconoscimento dell’indennizzo dei danni colturali oltre quelli strutturali dovuti all’alluvione dell’ottobre del 2008.Questo è solo un esempio fra tanti… assessore Prato, a cui bisogna dare risposte.Non è più tempo di “Leggi inganno” e di bugie. Claudia Zuncheddu Consigliera Regionale Rossomori
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