La “Finanziaria dei Tagli” per i Sardi
Consiglio Regionale
Questa Legge Finanziaria 2010, perfettamente integrata con i tagli del governo italiano, fa pagare i costi della crisi mondiale agli strati più deboli e meno tutelati della società sarda, privandoli di servizi sanitari, dell’assistenza alle nuove e vecchie povertà. In nome di un “non aumento delle tasse”, taglia i “servizi sociali primari” al cittadino e alle collettività aumentando la divaricazione fra ricchi e poveri, portando in tal modo sempre più vasti strati sociali (piccola borghesia impiegatizia e il vasto modo del precariato, dagli operai alla scuola, al modo della cultura e della sanità, al piccolo e medio commercio, per non parlare del dramma dell’occupazione giovanile “44% in Sardegna che ancora una volta determina un primato negativo in Italia”) sulla soglia della povertà.
Si distruggono così economie e professionalità, si spopolano i territori del centro Sardegna, creando nelle aree di Cagliari e di Olbia abnormi concentrazioni di abitanti che pensando di sfuggire alla povertà, vanno a costituire nuove sacche di disperazione urbana.
Siamo di fronte ai presupposti di un genocidio culturale ed economico del nostro popolo, che denunciamo con forte preoccupazione.
Per non parlare della mancanza di fondi reali per i bisogni di sussistenza delle imprese agro-pastorali: settori portanti della nostra economia tradizionale e a cui come tutti quelli che osano denunciare la propria situazione di disagio, povertà e crisi, viene riservata la repressione poliziesca dello Stato, prassi tristemente nota a noi sardi.
La situazione sociale ed economica generale italiana e sarda è sempre più simile a quella degli inizi del ‘900 dove la ricchezza è in mano ad un ristretto numero di famiglie, alimentando così disuguaglianze che le istituzioni pubbliche non possono e non devono ignorare, pena l’abdicazione al proprio ruolo di “riequilibro sociale ed economico delle collettività”, il ruolo fondamentale per un Ente pubblico democratico e vicino ai bisogni e alle esigenze dei propri cittadini.
Se così non fosse gli enti pubblici e gli amministratori saranno responsabili del disagio sociale a cui si costringe il proprio popolo in nome dei diktat italiani, dei Patti di Stabilità etc. etc. ma di fatto in nome di una disuguaglianza sociale ed economica che noi progressisti, nazionalitari, indipendentisti e tutti i sardi liberi non possono più tollerare.
Questa è la responsabilità politica del Consiglio Regionale su questi temi, e sulle sorti del popolo e della Nazione sarda.
Claudia Zuncheddu
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