Vinta una battaglia di civiltà
Dopo tante battaglie condotte sul fronte dei diritti civili, a fianco dei detenuti, delle loro famiglie e delle associazioni di volontariato, è passata una “Legge di civiltà” a favore dei sardi più deboli e indifesi: i nostri detenuti.
Ma ora vigiliamo sui tempi di operatività.Proposta di Legge 19 marzo 2010 n. 137 della consigliera regionale Zuncheddu
Proposta di Legge 25 novembre 2010 n. 233 della Commissione Politiche Comunitarie Diritti Civile ed Emigrazione
Testo Unificato n. 137-233
La proposta di Legge che istituisce la figura del “Garante regionale per i diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”, nasce dalla drammatica situazione carceraria sarda. Un’emergenza, denunciata non solo dalle associazioni di volontariato, dalle famiglie dei detenuti e dalla stampa, ma da diversi consiglieri regionali che nel corso delle visite agli istituti carcerari della Sardegna hanno potuto rilevare in prima persona.
L’inadeguatezza delle strutture carcerarie, il sovraffollamento, quindi con esubero di detenuti e carenze di personale, le precarie condizioni igieniche, lo stato di abbandono generale, porta inevitabilmente alla violazione dei Diritti dell’Uomo contemplati dal Diritto Internazionale. Ma di certo la soluzione non è da ricercarsi in “nuovi” istituti carcerari, dobbiamo pensare a una Riforma Carceraria seria e adeguata ai tempi, quindi alle profonde trasformazioni sociali e alle nuove esigenze relative alla necessità di depenalizzare i reati comuni come quelli legati alle tossicodipendenze. Dei dodici istituti in Sardegna, tre sono colonie penali, il cui isolamento geografico e la distanza dai centri urbani dotati di strutture sanitarie pone nuovi problemi legati al fatto che attualmente i detenuti, in alta percentuale tossicodipendenti affetti da patologie infettive gravi, nonché psichiatriche, necessitano di assistenza medica costante e di centri per le emergenze, facilmente raggiungibili. La necessità e l’importanza di istituire la figura del “Garante per i diritti delle persone private della libertà personale” nasce dall’esigenza di creare un collegamento tra i detenuti, le famiglie, le associazioni, le cooperative sociali e le istituzioni.
La Sardegna è in forte ritardo rispetto all’Europa. Tale figura, già esistente e funzionante in diverse regioni italiane, è stata, in molte occasioni, il motore di importanti iniziative sul territorio. La Costituzione Italiana(Art. 27, terzo comma) affermando che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, ha vincolato e vincola il legislatore a strutturare l’esecuzione delle pene ai fini di risocializzazione. Infatti, il detenuto, conserva integro il diritto alla salute, alla dignità personale, e deve poter accedere, se vuole a trattamenti di recupero e reintegro, anche con lo studio, la formazione, il lavoro in carcere, l’uso del tempo anche in attività di gioco e di socialità con altri detenuti o con operatori volontari laici o religiosi. A tal fine è necessaria l’istituzione di un’”Autorità garante” non solo dell’attuazione delle intese stipulate o da stipulare tra le varie amministrazioni, ma anche per vigilare sugli interventi di diretta competenza della Regione in materia di “miglioramento delle condizioni di vita delle carceri”, di “istruzione e formazione professionale”, di “lavoro intracarcerario” e di “reinserimento lavorativo post-detentivo”, di “sanità penitenza”, di “interventi sanitari e sociali” per la prevenzione delle devianze. Si ricorda che il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura, delle pene e trattamenti inumani e degradanti (CMP) ha costantemente sollecitato le varie istituzioni a dotarsi di organi di controllo delle condizioni di detenzione ed ha utilmente attinto informazioni attendibili dalle relazioni dei difensori civici penitenziari (o mediateur, o ombusdsman o supervisory). È su questa impostazione culturale, prima ancora che giuridica, che si è arrivati alla riforma della legge 26 luglio 1975, n. 354, con l’approvazione della cosiddetta legge Gozzini (legge 10 ottobre 1986, n. 663), voluta dall’allora Guardasigilli Martinazzoli.
Le considerazioni sopra esposte hanno imposto l’urgenza di presentare una proposta di legge che preveda l’istituzione di una “Autorità Regionale garante delle persone private delle libertà personale” per il rispetto dei loro diritti fondamentali.La presente proposta di legge istituisce, dunque, la figura del Garante che deve essere scelto fra personalità di alto profilo morale con esperienza nel settore del diritto penitenziario. Così come è necessario, che possa svolgere la sua attività in piena autonomia e libero da qualsiasi rapporto gerarchico o funzionale. Al fine di consentirgli un buon operato al Garante devono essere attribuite diverse funzioni, tra le quali la “collaborazione con le istituzioni giudiziarie e penitenziarie”, con le “associazioni e con gli operatori del trattamento intramurale ed extramurale”, con le “direzioni degli istituti” e con gli “agenti e ufficiali della Polizia penitenziaria”, la promozione e il sostegno di iniziative culturali promosse a favore e dai detenuti. Il Garante dovrà favorire l’attuazione dei punti di programma indicati nei vari protocolli di intesa tra il Ministero della giustizia e la Regione autonoma della Sardegna, fra i quali ricordiamo: la territorialità della pena: problema ricorrente nei nostri dibattiti e a tutt’oggi irrisolto per i sardi, visto che esiste una Legge italiana che non viene applicata in Sardegna; la promozione ed educazione alla salute dei ristretti negli istituti penitenziari della Sardegna; il trattamento di tossico e alcool dipendenti; l’istruzione; il reinserimento lavorativo e sociale.
61 votanti: 59 SI, 2 astenuti (consigliere Pitea e come di norma la Presidente del Consiglio)
Consiglio Regionale del 02/02/2011
Claudia Zuncheddu
Consigliera RegionaleRossomori
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