Doddore Meloni, nonostante anziano e malato, resta in carcere.
Il carcere per come è strutturato non dovrebbe essere luogo dove espiare pene, dove intraprendere un cammino di rieducazione e di preparazione al reinserimento nella società per nessuno, ma ancor meno per gli anziani, per i quali il tempo su cui possono ancora contare acquista un valore particolare.
Eppure c’era una volta una Legge che contemplava gli arresti domiciliari come alternativa al carcere per gli ultrasettantenni, al di là delle condizioni di salute.
Era la Legge 251 del 5 dicembre 2005, la “salva Previti”. Una legge sempre in vigore ma formulata su misura per un potente uomo politico, un uomo di Stato. Una Legge ad personam che per sua natura non poteva essere applicata sui poveri coetanei “sporchi, brutti e cattivi” del super politico Previti. Sono le bizzarrie di uno Stato poco credibile.
Doddore Meloni, poco importa quali siano i reati per i quali è stato condannato, di certo non è un pericolo per la società. Ciò che dovrebbe essere la priorità per uno Stato democratico, è la tutela dei diritti del cittadino che ha perso momentaneamente la libertà, ancor più se ammalato e anziano.
In una società civile ciò che deve prevalere è la tutela dei diritti dell’uomo, non solo quando si tratta di colletti bianchi, ma ancor più quando si tratta di colletti blu.
La legge italiana che sino ad oggi ha discriminato i coetanei di Previti, sarebbe giusto applicarla anche in Sardegna, a meno che il Sistema Giudiziario italiano, non abbia preso atto che la Sardegna non è Italia.
Claudia Zuncheddu
Rassegna stampa
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