Sul caso degli embrioni scambiati
Loro, i gemellini – il maschietto lo chiameremo Roberto, la femminuccia Federica – sono già a casa, culla doppia, tra ninnoli e biberon, nel trionfo di fiocchi rosa e celeste, coccolati h24 da mamma, papà, zii, nonni e parenti vari. Sono nati domenica scorsa, all’Aquila, con una settimana d’anticipo rispetto al previsto, e solo tra molti anni conosceranno i dettagli della loro storia “unica”, diventata un caso nazionale dopo il terribile errore delle provette scambiate all’ospedale Pertini di Roma. I genitori che li hanno registrati all’anagrafe sorridono almeno a metà, quelli biologici piangono. «Eh già – commenta con un velo di amarezza Gianni Monni, primario di ginecologia al Microcitemico di Cagliari, vicepresidente dell’associazione mondiale di Medicina Perinatale, un’autorità in materia – siamo di fronte a una coppia contenta, e un’altra meno contenta, ma giocoforza bisogna rispettare la legge». Già, occorre la legge per stabilire a chi appartengono Roberto e Federica: alla coppia genetica o a quella gestante? «Le norme parlano chiaro – spiega il dottor Monni -: i bambini sono di chi li partorisce, così come appartengono a chi li cresce».
IL TRIBUNALE Il regolamento dei rapporti sociali, insomma, passa per le carte bollate: ieri il tribunale di Roma ha respinto il ricorso dei genitori biologici, e il dibattito comunque s’infiamma. «Serve una legge – tuona Carlo Casini, presidente nazionale del “Movimento per La Vita” – che garantisca la possibilità del nascituro di conoscere i genitori biologici. Una volta per tutte, verrebbe contrastata la mentalità che tiene conto solo dei desideri degli adulti e non di chi non ha potere né voce». Opinioni contrastanti, ma rispettabili anche se Gianni Monni invita a riflettere su un altro elemento. «Il dieci per cento dei nati – aggiunge l’autorevole medico cagliaritano – ha un padre che non è quello genetico: vengono allevati e sono figli a tutti gli effetti di quei genitori. Si pensi anche ai bimbi adottati: chi potrebbe negare che anche loro non siano anche loro figli a tutti gli effetti?».
«È chiaro – chiosa Claudia Zuncheddu, che presentò un’interrogazione sulla fecondazione assistita all’assessore Antonangelo Liori – che il sistema sanitario italiano non vuole fare i conti con il suo sgretolamento per cui affida il caso alla giustizia. Tutto è accaduto perché il personale è insufficiente, disattento e stanco. L’aspetto giudiziario è utile per far cambiare il binario al problema».
LA SOLUZIONE Nonostante la sentenza che accontenta una sola parte, si fa strada l’ipotesi di un’intesa tra chi si contende i gemelli. «Sono stato consultato dal comitato per la bioetica – racconta Monni – e ho espresso l’auspicio che ci sia una attiva collaborazione tra le due coppie. Del resto, a nessuno sfugge che alla fine della vicenda, arriveranno risarcimenti milionari alle famiglie da parte dell’ospedale romano nel quale è avvenuto lo scambio: le assicurazioni dovranno sborsare cifre assai rilevanti».
LA POLITICA Da caso giuridico, a caso politico. È inevitabile infatti che il discorso scivoli sul ministero della Salute e sull’esecutivo. «Il pasticcio del Pertini – sostiene il ginecologo dei radicali italiani Silvio Viale – servirà a chiarire molti aspetti e dovrebbe servire al ministro Beatrice Lorenzin ad avere un approccio più adeguato alla materia della fecondazione eterologa assistita». Viale non giudica praticabile la strada della soluzione condivisa. «Basta con gli appelli di autorevoli psicologi e sociologi per un accordo tra i quattro genitori. Li trovo ipocritamente melensi, astratti e spesso frutto di disinformazione».
Augusto Ditel @augustoditel
Fonte: L’Unione Sarda – 09/08/2014
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